di Flavio Lotti*
I signori del terrorismo non vanno in vacanza. E l??altra sera hanno portato a segno una nuova tremenda strage. Prima a Londra. Poi a Bagdad. Poi in Turchia, E ora in Egitto. Non riesco a staccare il mio pensiero dal dolore dei sopravvissuti, dei feriti e dei familiari, dall??angoscia degli amici e dei conoscenti, dalla paura di tutti i fortunati che sono scampati alla morte per caso. E?? come se ci fossi stato anch??io. E mi sento, lì, seduto al loro fianco, sulle macerie depositate in disordine dall??esplosione, con le mani tra i capelli, con lo sguardo spento, con il cuore straziato a scrutare i frutti del terrore e un futuro inquietante.
Verrebbe voglia di spegnere tutte le parole per lasciare spazio solo alle interminabili grida di dolore. Quelli che da oggi non ci sono più e quelli che dovranno sopravvivere senza di loro hanno diritto di farsi sentire. Noi, forse, per un po??, dovremmo stare in silenzio. Chissà se quanto è accaduto è riconducibile anche a qualche nostra responsabilità.
E invece? vai con le dichiarazioni di questo, di quello, sempre dei soliti, dei potenti, dei politici, dei commentatori, degli esperti. Vai con le dichiarazioni di condanna (c??è davvero qualcuno tra di noi che non sia disposto a condannare questi atti criminali?). Vai con i proclami di guerra. Vai con la licenza di uccidere: ??Hanno dichiarato guerra all??occidente ma noi la vinceremo?. Ma quale guerra all??occidente? Nessuno si è accorto che le vittime di Sharm Al Sheikh erano in gran maggioranze egiziane? E poi perché dare la dignità di combattenti a dei gruppi di criminali?
La propaganda di guerra è già vietata dal nostro ordinamento. Ora bisognerebbe vietare a tutti di strumentalizzare la paura e di costruire su di essa le nuove basi per continuare questa assurda guerra.
Quanto sta accadendo è terribile. Ma era stato previsto e poteva essere evitato. Dall??11 settembre ci hanno detto e ridetto che dovevamo fare la guerra: per difendere l??occidente, per difendere noi stessi, per sconfiggere il terrorismo, per abbattere i dittatori, per scongiurare un attacco nucleare, per esportare la democrazia, per difendere i diritti umani, per difendere i nostri valori e il nostro stile di vita.
Ce l??hanno detto e ripetuto. E ogni volta che abbiamo provato a obiettare ci hanno accusato di essere ingenui o traditori.
Il risultato è che oggi siamo tutti più insicuri e impauriti di quattro anni fa. La guerra è iniziata ma non è mai finita. Anzi dilaga in ogni dove. Forse hanno ammazzato qualche terrorista ma la stragrande maggioranza delle vittime continuano ad essere donne, uomini e bambini innocenti. Le bombe intelligenti che dovevano riconsegnarci la pace e la tranquillità hanno spinto migliaia di persone ad ingrossare le fila del fanatismo, del fondamentalismo e del terrorismo.
Ora si può cedere al dolore, alla rabbia, alla paura o all??impotenza. E così facendo si può finire stritolati da una perversa spirale di violenza. Non è una probabilità. E?? una certezza.
Oppure si può tentare una nuova strada. Per nulla facile. Certamente incerta. Ma diversa da quella già sperimentata con tragici risultati. Si può scegliere di rompere il ciclo della violenza: violenza, terrorismo, guerra, rabbia, fanatismo,... Si può rifiutarsi di provocare nuove vittime innocenti, nuovo dolore, nuovi pianti. Si può rinunciare a fare quello che i terroristi non riescono a fare: restringere gli spazi di libertà e di democrazia, calpestare i valori di eguaglianza e giustizia che abbiamo scelto per noi e per i nostri figli, indebolire le istituzioni, l??Onu, il diritto.
Non è la strada della resa. E?? la strada dell??impegno maggiore. Quello che mira a sradicare la pianta del male investendo dove meno si è investito: il dialogo, i diritti umani, il disarmo, le pari opportunità, la convivenza delle diversità, la democrazia, un??economia di giustizia. Quello che ci chiama in causa tutti. Che non sopporta la delega (agli eserciti, ai servizi segreti, ai professionisti, agli esperti, ai politici, ai governanti,?tutti necessari, tutti insufficienti). Che esige il nostro impegno di cittadini e cittadine responsabili. Che domanda cooperazione, collaborazione, unità.
Chi vuole tentare questa nuova strada ha già una serie di appuntamenti importanti. A Terni, dall??8 al 10 settembre s??incontreranno centinaia di giovani. Negli stessi giorni, Perugia accoglierà centinaia di esponenti della società civile mondiale, giornalisti e politici. (vedi i programmi su www.tavoladellapace.it) Le loro riflessioni ed esperienze animeranno una grande, libera, università della pace. Le loro proposte contribuiranno a definire nuovi progetti e programmi di lavoro comune. E poi, domenica 11 settembre sarà la volta della Marcia Perugia-Assisi.
Quel giorno, contro tutti i signori del terrorismo e della guerra, contro quelli della guerra vittoriosa e quelli del grilletto facile, contro i fautori dello scontro di civiltà, contro i predicatori dell??odio, della vendetta, della rassegnazione, contro i killer della speranza, noi indicheremo una nuova strada da percorrere per un futuro più sicuro, giusto e pacifico.
Non so ancora se saremo in tanti o in pochi. So che ritrovarci insieme quel giorno farà del bene a noi, al nostro paese e al mondo. Percorrere insieme quel breve tratto di strada servirà ad alimentare un cammino ben più lungo e faticoso rafforzando le nostre ragioni e la nostra determinazione.
Per quanto l??impresa possa sembrare ardua, scegliere di percorrere una strada nuova apre nuovi orizzonti di speranza. Spetta a ciascuno di noi la scelta.
* Flavio Lotti, Coordinatore nazionale della Tavola della pace