Articolo 21 - INTERNI
Carcere: sovraffollamento, carenza di personale, suicidi... Ma gli psicologi restano fuori
di Nello Trocchia
Si potrebbe iniziare dalla Costituzione italiana che sancisce i diritti del detenuto all’articolo 27, “La responsabilità penale è personale. L'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.
Chi vive in carcere
In questi anni i detenuti sono aumentati, nonostante le promesse, nuovamente ribadite del ministro Alfano di costruire nuovi istituti penitenziari. I tempi non si conoscono e resta un esercizio inutile il progetto del ministro se governo e legislatore continuano a presentare e approvare leggi che prevedono il carcere come fosse il deterrente ad ogni male sociale. L’associazione Antigone inchioda la politica alle sue responsabilità, in carcere ci sono solo poveracci e non è un luogo comune. Il doppio binario della giustizia esiste nei fatti. La metà dei reclusi è in attesa di giudizio, in carcere in custodia cautelare, condizione che implica la privazione della libertà a danno di persone per cui ancora vige la presunzione di innocenza. Le misure alternative che dovrebbero scattare quando la pena residua è sotto i tre anni non vengono applicate, l’indulto e la sua applicazione si sono rivelate inefficaci. “Nonostante tutto - scrive il rapporto Antigone - questo, e in un quadro di sovraffollamento delle carceri senza precedenti, più di due terzi dei detenuti definitivi, e dunque più di 19.000 detenuti, scontano un residuo di pena inferiore ai tre anni, e sono quindi potenzialmente nelle condizioni per accedere ad una misura alternativa, ovvero ad una modalità di esecuzione della pena che tutti sostengono garantire migliori risultati in termini di prevenzione della recidiva”.
Aumentano le persone nelle carceri di poco meno di 1.000 unità al mese. “Se la tendenza dovesse continuare, a fine anno avremo 70 mila detenuti. Nel giugno del 2012 raggiungeremo le 100 mila unità, con tassi di detenzione paragonabili ai paesi dell’est europeo”.
Ma chi vive oggi le nostre carceri? Per rispondere a questa domanda bisogna partire dall’assunto che il legislatore in questi anni ha depenalizzato reati per favorire la solita cricca di potere, e attivato politiche repressive contro il disagio sociale. Basta leggere i dati sull’applicazione della scellerata legge sulle droghe, rivista dalla Fini-Giovanardi. “Nel misurare le conseguenze, in particolar modo sul sistema penale e penitenziario, della legge Fini-Giovanardi a tre anni dalla sua entrata in vigore, si possono inoltre trarre altre allarmate conclusioni. Rileviamo come 14 ormai da tempo il numero di tossicodipendenti che annualmente transitano dalle carceri italiane (24.646 nel 2006, 24.371 nel 2007, per fare un esempio) è decisamente superiore a quello di coloro che transitano dalle comunità terapeutiche (17.042 nel 2006, 16.433 nel 2007). Un simile dato la dice lunga sulla scelta tra approccio repressivo e approccio terapeutico fatta dal nostro legislatore”. I tossicodipendenti in carcere sono il 26,8% del totale dei detenuti. Un approccio terapeutico al problema droghe e meno repressivo e propagandistico potrebbe svuotare le carceri, ma le politiche vanno in tutt’alta direzione: carcere per graffitari, carcere per irregolari, carcere come panacea mentre gli istituti penitenziari scoppiano. Antigone è fin troppo chiara a proposito: “La crescita del numero di detenuti sta tutta nella maggiore repressione penale del consumo e del traffico di sostanze stupefacenti, nella criminalizzazione degli immigrati senza permesso di soggiorno e nella punizione di quelli che non ottemperano all’obbligo di espulsione (varie migliaia sono gli ingressi in carcere dovuti a questa norma), nella maggiore severità nel trattamento dei recidivi”.
I suicidi aumentano, il personale non c’è
“Lo stesso giorno della Blefari si è ucciso un altro detenuto di 29 anni e nessuno ne ha parlato. I suicidi succedono con una frequenza allarmante. Ormai siamo a 61”. La denuncia arriva da Francesco Morelli che per Ristretti Orizzonti cura il rapporto sulla condizione in carcere. Rispetto allo stesso periodo dello scorso anno ci sono 22 suicidi in più, la situazione peggiora senza nessun intervento. In carcere i detenuti si uccidono con una frequenza 20 volte superiore rispetto alla popolazione esterna. La presenza di 25 mila persone in più rispetto al numero consentito non rende possibile né la sorveglianza, né l’assistenza. “Mi faccia dire che anche per gli agenti penitenziari diventa infernale la loro giornata, nell’ultimo mese si sono uccisi 3 poliziotti”. Stando ai suicidi vale la pena fare un confronto con il resto d’Europa, quella buona solo per varare riforme sulle spalle dei lavoratori. Cosa succede all’estero? Alcuni paesi che riteniamo indietro in materia di civiltà giuridica sono più avanti di noi. “ In Romania ci sono 35 mila detenuti e mediatamente avvengono 5 suicidi l’anno, da noi con il doppio di detenuti avvengono in media 60 suicidi l’anno. In Polonia che ha 85 mila detenuti in questo momento, dove sono 30 i suicidi l’anno”. E da quelle parti i ministri si dimettono. “ Lo scorso febbraio il ministro della giustizia dopo il suicidio di un detenuto, in carcere per motivi legati alla sua militanza politica, si è dimesso perché non era riuscito a garantirne la sicurezza”. Altre terre. Uno dei problemi è quello del personale, quello inzialmente previsto per 45 mila detenuti, il numero stabilito, ormai ampiamente superato. “ Manca il personale, 5 mila poliziotti penitenziari, 1000 tra operatori e assistenti sociali e manca una figura centrale come quella dello psicologo”. In realtà gli psicologi ci sono hanno vinto un concorso, ma nell’italietta dello scaricabarile non hanno ancora avuto l’onore dell’assunzione.
Operatori senza contratto
Sono 39 gli psicologi vincitori di concorso al Ministero della Giustizia che sono tornati a manifestare per la seconda volta, non avendo ancora ricevuto - dopo oltre tre anni dalla fine del concorso - nessuna notizia in merito alla loro assunzione e nonostante l'impegno di farsi carico della situazione, espresso a nome del Ministero, dal vice capo di Gabinetto durante la manifestazione dello scorso marzo. “ Non ci assumono – denuncia la coordinatrice Mariacristina Tomaselli - nonostante la disastrosa situazione delle carceri italiane, nelle quali purtroppo continua a salire vertiginosamente il numero dei suicidi e dei gesti autolesionistici(circa 4600), segno evidente di grave disagio psicologico dei detenuti”. Attualmente ci sono solo 16 psicologi di ruolo per 65 mila detenuti. Il problema dell’assunzione, tra gli altri, risiede, nel passaggio delle prestazioni svolte dagli psicologi al Servizio Sanitario Nazionale in base alla recente riforma sulla sanità penitenziaria. E qui sorge un altro paradosso tutto italiano. Non solo hanno vinto un contratto e non vengono assunti, ma il ministero della giustizia “ Da una parte dice che le competenze della psicologia sono state trasferite e successivamente continua a stipulare consulenze a 400 psicologi esterni. In teoria noi potremmo essere assunti sia dal ministero della giustizia per l’area trattamentale, ma anche dal ministero della salute per l’area sanitaria, ma nessuno procede all’assunzione. E assistiamo ad un rimpallo di responsabilità”. Su questo la deputata del pd Amalia Schirru ha presentato una interrogazione parlamentare nel marzo scorso. Al momento nessuna risposta. “ Basterebbe solo un provvedimento del ministero della giustizia – denuncia Schirru – visto che le risorse ci sono. Continuano infatti a usare consulenti esterni che costano un milione di euro all’anno”. Ma c’è un altro aspetto da tener presente, “ Questi psicologi consulenti lavorano 36 ore al mese, un’ora al giorno neanche il tempo di visionare una pratica. Così i soldi vanno solo in fumo, mentre c’è chi ha vinto un concorso e resta tagliato fuori”.
In questi giorni una nuova protesta e nuove rassicurazioni. Suicidi, sovraffollamento, leggi inadeguate, e la costituzione diventa carta straccia. Modello Italia.
Ascolta l’intervista a Francesco Morelli, ristretti Orizzonti
Ascolta l’intervista a Mariacristina Tomaselli
Chi vive in carcere
In questi anni i detenuti sono aumentati, nonostante le promesse, nuovamente ribadite del ministro Alfano di costruire nuovi istituti penitenziari. I tempi non si conoscono e resta un esercizio inutile il progetto del ministro se governo e legislatore continuano a presentare e approvare leggi che prevedono il carcere come fosse il deterrente ad ogni male sociale. L’associazione Antigone inchioda la politica alle sue responsabilità, in carcere ci sono solo poveracci e non è un luogo comune. Il doppio binario della giustizia esiste nei fatti. La metà dei reclusi è in attesa di giudizio, in carcere in custodia cautelare, condizione che implica la privazione della libertà a danno di persone per cui ancora vige la presunzione di innocenza. Le misure alternative che dovrebbero scattare quando la pena residua è sotto i tre anni non vengono applicate, l’indulto e la sua applicazione si sono rivelate inefficaci. “Nonostante tutto - scrive il rapporto Antigone - questo, e in un quadro di sovraffollamento delle carceri senza precedenti, più di due terzi dei detenuti definitivi, e dunque più di 19.000 detenuti, scontano un residuo di pena inferiore ai tre anni, e sono quindi potenzialmente nelle condizioni per accedere ad una misura alternativa, ovvero ad una modalità di esecuzione della pena che tutti sostengono garantire migliori risultati in termini di prevenzione della recidiva”.
Aumentano le persone nelle carceri di poco meno di 1.000 unità al mese. “Se la tendenza dovesse continuare, a fine anno avremo 70 mila detenuti. Nel giugno del 2012 raggiungeremo le 100 mila unità, con tassi di detenzione paragonabili ai paesi dell’est europeo”.
Ma chi vive oggi le nostre carceri? Per rispondere a questa domanda bisogna partire dall’assunto che il legislatore in questi anni ha depenalizzato reati per favorire la solita cricca di potere, e attivato politiche repressive contro il disagio sociale. Basta leggere i dati sull’applicazione della scellerata legge sulle droghe, rivista dalla Fini-Giovanardi. “Nel misurare le conseguenze, in particolar modo sul sistema penale e penitenziario, della legge Fini-Giovanardi a tre anni dalla sua entrata in vigore, si possono inoltre trarre altre allarmate conclusioni. Rileviamo come 14 ormai da tempo il numero di tossicodipendenti che annualmente transitano dalle carceri italiane (24.646 nel 2006, 24.371 nel 2007, per fare un esempio) è decisamente superiore a quello di coloro che transitano dalle comunità terapeutiche (17.042 nel 2006, 16.433 nel 2007). Un simile dato la dice lunga sulla scelta tra approccio repressivo e approccio terapeutico fatta dal nostro legislatore”. I tossicodipendenti in carcere sono il 26,8% del totale dei detenuti. Un approccio terapeutico al problema droghe e meno repressivo e propagandistico potrebbe svuotare le carceri, ma le politiche vanno in tutt’alta direzione: carcere per graffitari, carcere per irregolari, carcere come panacea mentre gli istituti penitenziari scoppiano. Antigone è fin troppo chiara a proposito: “La crescita del numero di detenuti sta tutta nella maggiore repressione penale del consumo e del traffico di sostanze stupefacenti, nella criminalizzazione degli immigrati senza permesso di soggiorno e nella punizione di quelli che non ottemperano all’obbligo di espulsione (varie migliaia sono gli ingressi in carcere dovuti a questa norma), nella maggiore severità nel trattamento dei recidivi”.
I suicidi aumentano, il personale non c’è
“Lo stesso giorno della Blefari si è ucciso un altro detenuto di 29 anni e nessuno ne ha parlato. I suicidi succedono con una frequenza allarmante. Ormai siamo a 61”. La denuncia arriva da Francesco Morelli che per Ristretti Orizzonti cura il rapporto sulla condizione in carcere. Rispetto allo stesso periodo dello scorso anno ci sono 22 suicidi in più, la situazione peggiora senza nessun intervento. In carcere i detenuti si uccidono con una frequenza 20 volte superiore rispetto alla popolazione esterna. La presenza di 25 mila persone in più rispetto al numero consentito non rende possibile né la sorveglianza, né l’assistenza. “Mi faccia dire che anche per gli agenti penitenziari diventa infernale la loro giornata, nell’ultimo mese si sono uccisi 3 poliziotti”. Stando ai suicidi vale la pena fare un confronto con il resto d’Europa, quella buona solo per varare riforme sulle spalle dei lavoratori. Cosa succede all’estero? Alcuni paesi che riteniamo indietro in materia di civiltà giuridica sono più avanti di noi. “ In Romania ci sono 35 mila detenuti e mediatamente avvengono 5 suicidi l’anno, da noi con il doppio di detenuti avvengono in media 60 suicidi l’anno. In Polonia che ha 85 mila detenuti in questo momento, dove sono 30 i suicidi l’anno”. E da quelle parti i ministri si dimettono. “ Lo scorso febbraio il ministro della giustizia dopo il suicidio di un detenuto, in carcere per motivi legati alla sua militanza politica, si è dimesso perché non era riuscito a garantirne la sicurezza”. Altre terre. Uno dei problemi è quello del personale, quello inzialmente previsto per 45 mila detenuti, il numero stabilito, ormai ampiamente superato. “ Manca il personale, 5 mila poliziotti penitenziari, 1000 tra operatori e assistenti sociali e manca una figura centrale come quella dello psicologo”. In realtà gli psicologi ci sono hanno vinto un concorso, ma nell’italietta dello scaricabarile non hanno ancora avuto l’onore dell’assunzione.
Operatori senza contratto
Sono 39 gli psicologi vincitori di concorso al Ministero della Giustizia che sono tornati a manifestare per la seconda volta, non avendo ancora ricevuto - dopo oltre tre anni dalla fine del concorso - nessuna notizia in merito alla loro assunzione e nonostante l'impegno di farsi carico della situazione, espresso a nome del Ministero, dal vice capo di Gabinetto durante la manifestazione dello scorso marzo. “ Non ci assumono – denuncia la coordinatrice Mariacristina Tomaselli - nonostante la disastrosa situazione delle carceri italiane, nelle quali purtroppo continua a salire vertiginosamente il numero dei suicidi e dei gesti autolesionistici(circa 4600), segno evidente di grave disagio psicologico dei detenuti”. Attualmente ci sono solo 16 psicologi di ruolo per 65 mila detenuti. Il problema dell’assunzione, tra gli altri, risiede, nel passaggio delle prestazioni svolte dagli psicologi al Servizio Sanitario Nazionale in base alla recente riforma sulla sanità penitenziaria. E qui sorge un altro paradosso tutto italiano. Non solo hanno vinto un contratto e non vengono assunti, ma il ministero della giustizia “ Da una parte dice che le competenze della psicologia sono state trasferite e successivamente continua a stipulare consulenze a 400 psicologi esterni. In teoria noi potremmo essere assunti sia dal ministero della giustizia per l’area trattamentale, ma anche dal ministero della salute per l’area sanitaria, ma nessuno procede all’assunzione. E assistiamo ad un rimpallo di responsabilità”. Su questo la deputata del pd Amalia Schirru ha presentato una interrogazione parlamentare nel marzo scorso. Al momento nessuna risposta. “ Basterebbe solo un provvedimento del ministero della giustizia – denuncia Schirru – visto che le risorse ci sono. Continuano infatti a usare consulenti esterni che costano un milione di euro all’anno”. Ma c’è un altro aspetto da tener presente, “ Questi psicologi consulenti lavorano 36 ore al mese, un’ora al giorno neanche il tempo di visionare una pratica. Così i soldi vanno solo in fumo, mentre c’è chi ha vinto un concorso e resta tagliato fuori”.
In questi giorni una nuova protesta e nuove rassicurazioni. Suicidi, sovraffollamento, leggi inadeguate, e la costituzione diventa carta straccia. Modello Italia.
Ascolta l’intervista a Francesco Morelli, ristretti Orizzonti
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