di Elisabetta Reguitti
“Siamo con voi perchè riteniamo che il territorio vada sempre presidiato e non solo con le telecamere. A proposito riusciamo a cambiare qualcosa in Sicilia?”. “Per la verità andrebbe cambiato molto nell'intero Paese e non solo in Sicilia”. Breve scambio di opinioni tra il sindaco di San Giovanni Lupatoto Pdl (più Lega che altro) Fabrizio Zerman e il presidente di “Libera” don Luigi Ciotti: due modi diversi di vedere cosa accade in Italia. Un fugace saluto del primo cittadino prima che don Luigi salga sul palco e che per oltre due ore porti la sua testimonianza di vita condivisa insieme ai tanti che in Italia ritengono che la legalità non sia solo una parola da sbandierare o peggio uno slogan da bassa battaglia politica.
“Perchè la legalità e alla base della democrazia ed un' esigenza fondante della vita sociale”.
Il palcoscenico è quello del Cinema teatro Sociale di San Giovanni Lupatoto: comune dell'hinterland veronese. E' il luogo scelto dai ragazzi della bottega Arcobalupo e dalla cooperativa El Ceibo. Persone che si danno da fare organizzando incontri e proiezioni ma che ogni spesso si sentono dire dall'assessore “ mi tocca battermi per voi per farvi ottenere qualcosa”.
Ma come? Battersi per promuovere incontri magari come quello con don Luigi Ciotti?
Eppure così sembra essere.
Così come sembra che la mafia sia una esclusiva della Sicilia mentre nella sola Verona (feudo verde padano del sindaco Flavio Tosi) sono stati individuate
22 strutture appartenenti alle cosche di cui tre proprio a San Giovanni Lupatoto anche se il sindaco dice di conoscerne solo uno.
Badate bene stiamo parlando di mafia non di crimine organizzato. E' lo stesso don Luigi infatti a spiegare come le organizzazioni criminali mafiose siano in grado di intercettare la compiacenza della politica. Quella che sta seduta in Parlamento anzi in alcuni casi sono proprio le famiglie di “cosa nostra” a portare i loro uomini nei palazzi del potere. Eppure a sentire le recenti dichiarazioni sarebbero personaggi come Roberto Saviano a dare una brutta immagine dell' Italia all'estero.
Don Luigi Ciotti è lapidario affermando che “dovremmo essere grati a persone che raccontano come Roberto. L' ho conosciuto giovane che spulciava atti che per molti erano solo scartoffie mentre per lui sono state la base documentata dalla quale partire per raccontare quella realtà. Nessun giornalista può permettersi il peccato del sapere e dello scrivere per sentito dire. Bisogna ricercare e approfondire ma l'informazione è parte della democrazia di ogni Paese. Qualsiasi bavaglio mette a repentaglio la democrazia”.
Continua don Ciotti parlando della moralità della politica; quella che dovrebbe distinguersi per la “P” maiuscola ma che al contrario si preoccupa di tutelare interessi che nulla hanno a che vedere con la ricerca della libertà.
Anche quando si parla di intercettazioni e del tentativo di “delegittimare i magistrati nel loro impegno di conoscere la verità togliendo loro la possibilità di indagare”.
Legalità e solidarietà per Ciotti “sono prerequisiti della giustizia”. Lui che non vuole più parlare di “educazione alla legalità nelle scuole ma piuttosto di educazione alla corresponsabilità”.
Ascolti don Luigi Ciotti e capisci perchè l'associazione Libera è così viva, autentica e indispensabile nell' Italia in cui 13 anni dopo la promulgazione della legge per l'utilizzo sociale dei beni confiscati alla mafia qualcuno è tornato alla carica cercando di introdurre un emendamento per la vendita.
“Non abbiamo sentito ragioni perchè quei beni sono ormai cosa nostra!”
ironizza sulla frase il sacerdote ma subito torna serio in viso.
“Magari non tutti sanno che tra i beni non utilizzati e che volevano mettere all'asta il 36% sono sotto ipoteca. Ci siamo sentiti in dovere di chiedere alla politica chi avesse concesso l'ipoteca a uomini come Toto Riina e a tanti altri”.
Eppure così sembra essere.
Il presidente di Libera è orgoglioso di tutti i suoi ragazzi e delle iniziative che creano legalità. L'ultima in ordine di data è stata quella avvenuta in località Vermica, ad Isola di Capo Rizzuto, la raccolta di finocchi nei terreni confiscati al clan Arena e restituiti alla collettività."Fresco di legalità" è il nome scelto per l'iniziativa che rappresenta il primo passo verso la costituzione - con bando pubblico - della cooperativa sociale di Libera Terra.
Cittadini e associazioni insieme per raccogliere il fresco di legalità: un percorso durato più di un anno grazie al coordinamento della Prefettura ed al sostegno di soggetti imprenditoriali che si occupano di produzione biologica insieme con le organizzazioni agricole (Cia, Coldiretti, Confagricoltura, Copagri, Acli Terra, Legacoop agroalimentare).
“Laggiù c'è un sindaco donna che ha due figli. Una donna molto coraggiosa che non teme nulla. Che crede nella legalità e Politica perseguendo solo quella direzione”.
Poi don Luigi prosegue raccontando che in una citta' come Reggio Calabria dove il 70% degli imprenditori sono costretti a pagare il pizzo e dove ogni rione ha la sua cosca ed il suo "libro mastro" Libera in collaborazione con la Federazione Antiracket Italiana ha creato "reggioliberareggio": un grande movimento antiracket, una rete solidale di oltre 50 associazioni laiche e religiose ( tra cui Legambiente, Riferimenti, Confartigianato, Cgil, Uil, Ugl, Cisl, Caritas, Acli, Azione Giovani, Fgci).
”Vogliono sostenere imprenditori e commercianti che hanno avuto il coraggio di denunciare i propri taglieggiatori ed incoraggiare la ribellione al giogo mafioso, creando una rete solidale tra chi non paga o smette di pagare il pizzo.
“Sapete cosa chiedo ogni giorno al Signore? Delle pedate. Perchè la speranza è nei piedi per continuare a percorrere la strada della vita che è sempre piena di curve”.