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Articolo 21 - Editoriali
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di Furio Colombo

da L'Unità

Gli italiani non si sono ancora accorti che anche da noi, come ha detto Tony Blair, le regole del gioco sono cambiate». Lo dice Magdi Allam, sulla prima pagina del Corriere della Sera del 9 settembre, in uno di quei suoi vivaci articoli in cui chiede severità e mano pesante perché non sai mai da dove viene il pericolo.
Magdi Allam non ha torto. Gli italiani, che hanno coperto l'Italia con milioni di bandiere della pace, ascoltano poco Tony Blair, stentano a credergli, visto che, per ogni cosa che ha detto o promesso, è accaduto il contrario. E guardano invece con interesse crescente altrove.
Per esempio a Romano Prodi, che lo stesso giorno, sullo stesso quotidiano (pag. 10) dice le seguenti tre cose: «Immigrati. Se sarò eletto abolirò la Bossi-Fini». «Iraq. Se andrò al governo mi impegno sul ritiro delle truppe». «Meticciato: vengo dalla pianura padana, teatro di incroci di razze. Quelle parole sono un danno enorme». Prodi si riferisce alle penose affermazioni del presidente del Senato sul rischio di meticciato in una Italia che è il più meticcio di tutti i Paesi europei, in un Europa profondamente mischiata, in un mondo che si ostina, anche in momenti difficili, a non alzare le barriere che la seconda carica dello Stato italiano invoca. Magdi Allam non ha torto.
Nonostante l'invito di Tony Blair a sospettare di tutti, e al terribile esempio della sua polizia, gli italiani sembrano seguire un orientamento diverso, anche se per ora tanti di essi lo fanno in silenzio. Per esempio, non avrà notato l'attentissimo giornalista, la rubrica dei libri "best seller" sul suo stesso giornale? Da settimane è in testa alla classifica della saggistica Un altro giro di giostra di Tiziano Terzani, scrittore simbolo dell'Italia che non si è accorta di Blair e del suo cambiamento delle regole del gioco e che non intende accorgersene. Terzani ha passato una vita (una splendida vita) a spiegarci che noi e gli altri siamo la stessa cosa. A
spiegarci che uccidere è suicidio, che discriminare è umiliare noi stessi. Spiace dirlo a Magdi Allam, a Marcello Pera, e a coloro che si affrettano a lodare la chiusura della scuola per i bambini islamici di Milano senza dirci dove, chi, quando, con quale mezzi aprirà un'altra scuola (perché il punto è questo: dov'è un'altra scuola?).
Spiace dirlo, ma gli italiani - quelli dei milioni di bandiere della pace, quelli che hanno imposto, contro ogni fanfaronata berlusconiana, di liberare gli ostaggi italiani senza tentare carneficine, quelli come Calipari, che per seguire un percorso senza blitz militari ha dato la vita (vedi la bella lettera della moglie Rosa e il libro distribuito in questi giorni insieme a lâ??Unità), quegli italiani nella loro vita morale e di cittadini non hanno cambiato nessuna regola. Continuano a credere nella tolleranza e in regole di rispetto e di civiltà, proprio per non diventare mai come ci vorrebbero i terroristi.
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Mi rendo conto che, con lâ??aver rivelato che Tiziano Terzani, simbolo della pace, da settimane è primo nella classifica delle letture degli italiani, sto proponendo un mio piccolo scoop.
Lo dedico a tutti quei media che hanno sempre spazio e titoli e paginate a chi invoca guerra, disprezzo, espulsione, e civiltà superiore, e non si accorgono di Terzani. Mi rendo conto del disorientamento dei seguaci di Pera. Penso al disagio dei giovani credenti di Comunione e Liberazione, che hanno ascoltato il "discorso del meticciato" del presidente del Senato. Qualcuno di loro avrà forse notato la parola con cui lo scrittore inglese Timoty Garton Ash definisce il cambiamento delle regole.
Dice: «Mi sono imbattuto in un termine inconsueto, decivilizzazione, ossia il processo inverso alla civiltà, per cui gli individui cessano di essere civili e diventano barbari». (La Repubblica, 8 settembre).
Ma il punto alto della risposta al "cambiamento delle regole" e al rischio di "decivilizzazione" è nelle parole del Cardinale Tettamanzi. Ecco il punto chiave, quello con cui il Vescovo di Milano respinge decine di discorsi, purtroppo ammantati di autorevolezza formale, decine di testi, di articoli e dibattiti che chiedono di vedere dovunque un nemico, predicano la fine della nostra civiltà, invocano le radici cristiane (pensate, lo fa persino Borghezio!) e dichiarano che la nostra identità è in pericolo. Dice, nel messaggio alla sua diocesi Mons. Tettamanzi: «Cancellare il dialogo significa cancellare l'identità. Questa non può prescindere dalla relazione con gli altri. Il dialogo non è in contrasto con l'individuazione dell'identità ma è condizione indispensabile perché una identità esista».
Il Vescovo di Milano pensa evidentemente ai tanti che, in periodi tesi e difficili come questi, possono essere tentati, anche solo per paura, dal linguaggio dell'arruolamento e della crociata. Sa di parlare in una regione moralmente imbrattata dalla bassa e offensiva moralità della Lega di Calderoli, Castelli e Bossi. E da coloro che sentono l'effervescenza della "civiltà superiore" da difendere. E dice ai credenti parole che certo valgono per tutti: «Oggi è tempo di forti turbamenti. La violenza passa dai disastri naturali alle prepotenze, ma è soprattutto frutto di una fragilità del cuore di uomini sfiduciati e senza speranza. Ci chiediamo quali siano le modalità, interiori ed esteriori, che devono caratterizzare la nostra presenza nella vita quotidiana. � una missione, questa, che non può avere i tratti di una conquista. Ecco allora un elenco di atteggiamenti e comportamenti da coltivare: umiltà, ordine, moderazione, benignità, mietezza, mansuetudine, misericordia. Tutto ciò non va vissuto in modo individuale, privatistico. Ma condiviso, testimoniato, donato agli altri. Mettendosi in gioco per il bene comune».
Senza dubbio il Cardinale sta parlando a tutta la sua città, e anche a coloro che chiudono una scuola di bambini arabi senza aprirne un'altra, una città in cui varie personalità si scambiano ragioni e argomenti, senza parlare mai con madri e padri di quei bambini, senza che ci venga detto dove, da quale istituto (sia l'edificio, che l'organizzazione scolastica) quei bambini potranno essere ospitati e diventare piccoli cittadini alla pari. Qualunque sia la ragione, per ora niente scuola e basta. Qualcuno vorrà ricordare l'incendio del Convento delle Orsoline nella New York principio di secolo, perché le suore erano accusate di indottrinare bimbi cattolici secondo i dettami della Chiesa di Roma? Qualcuno vorrà ricordare l'incendio delle Chiese nere di Birmingham (Alabama) negli anni Sessanta, quando le Chiese nere venivano accusate di formare ribelli e nemici della società americana? Qualcuno vorrà ricordare gli sforzi, gli anni, il danaro e l'impegno per creare una scuola italiana da aprire ai bambini italiani nella pur festosa e ospitale New York degli anni Settanta? Qualcuno vorrà ricordare la catena delle scuole francesi nel mondo, scuole in cui si parla solo francese, si espone solo quella bandiera, e i programmi sono identici - dall'Australia a Pretoria a Helsinky - solo quelli dettati a Parigi e ispirati alla lingua e alla cultura francese? Non abbiamo sempre detto che è giusto difendere ed esportare le nostre rispettive culture?
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No, gli italiani non si sono accorti che "le regole sono cambiate". Molti sono ancora per le regole del Cardinale Tettamanzi. Molti credono ancora che il vero pericolo siano le guerre che nutrono ed espandono il terrorismo (che infatti è raddoppiato nel mondo, dopo la guerra in Iraq).
Molti credono che il libro di pace di Tiziano Terzani sia una buona lettura da tenere accanto in tempi difficili. Non vorremmo deludere coloro che ci chiamano a marciare al seguito di Blair verso un mondo blindato. Ma si ha l'impressione che coloro che ascoltano Tettamanzi, leggono Terzani e voteranno Prodi stanno aumentando di giorno in giorno. furiocolombo@unita.it

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