di Rocco Di Blasi*
da L'Unità
O almeno a ridurli allo stretto essenziale «per protestare contro il carovita e diffondere tra i cittadini la cultura del consumo consapevole». Questa sera, invece, per cinque minuti, dalle 21 alle 21,05, altre 7 importanti associazioni dei consumatori propongono a ognuno di noi di spegnere la tv, il computer, la radio, insomma qualunque «aggeggio» elettrico abbiamo sottomano a quell'ora, per chiedere al governo di bloccare le tariffe dell'elettricità e di intervenire, in primo luogo, sui prezzi dei carburanti e dei medicinali.
Forme di lotta diverse, ma il messaggio è univoco: non se ne può più. Infatti lo «sciopero della spesa» alla ripresa d'autunno è diventato negli ultimi anni un importante evento simbolico, il segnale del malessere di milioni di famiglie che non riescono a esprimere altrimenti la loro rabbia quotidiana per un potere d'acquisto che si assottiglia in maniera impalpabile, ma implacabile.
La verità è che gli italiani (quelli a reddito fisso, ma non solo; quelli più poveri, ma non solo) lo stanno facendo tutti i giorni da mesi il loro privatissimo «sciopero dei consumi».
Nei primi 7 mesi del 2005 sono crollati dell'8% gli acquisti di benzina e più del doppio negli ultimi 4 anni (-16,5). A Roma la Confesercenti sostiene che nel settore dell'abbigliamento quest'anno si assiste a un vero e proprio crollo: le vendite sono calate del 20-25%. Gli ipermercati non sanno più che inventarsi - tra sconti e promozioni - per indurre i loro clienti a riempire i carrelli: ma niente da fare.
Del resto bastano i nostri occhi (o quelli di una telecamera) per rendersene conto. Antonio Lubrano, l'altra sera, inviato di Porta a Porta in un grande supermercato del Sud, documentava non solo il costo elevato di una «piccola spesa» ma anche il deserto dei carrelli intorno a lui. Fila alle casse o tra gli scaffali? Neanche a parlarne.
E nuove stangate sono in arrivo. Il Rie, centro di ricerche specializzate di Bologna, prevede per il prossimo mese un aumento della bolletta della luce del 5%; di quella del gas del 3,5, mentre la benzina dovrebbe crescere ancora di un 10%. Inutile dire che questi aumenti si ripercuotono non solo sulle famiglie, ma anche sui commercianti e sulla distribuzione in generale: quindi sui prezzi.
Ma l'Italia è «elastica». Sopravviveremo anche a questo: ma come? Tagliando cosa? E soprattutto: «chi» sopravviverà e chi, invece, scivolerà dal ceto medio in cui pensava di stare alle fasce più disagiate della popolazione? Le accuse rimbalzano da uno all'altro dei protagonisti: colpa dei commercianti; no della grande distribuzione. Macché, non vedete quanto costa il petrolio al barile! E i contadini non ci marciano anche loro? Nel bel mezzo di simili discussioni di solito spunta la Cina: ci invade col miele, coi pomodori, con gli «stracci», con le biciclette: c'è sempre un pericolo giallo dietro l'angolo per assolvere i ritardi della politica italiana.
Ma questa crisi ha uno «zoccolo duro»: sono i costi fissi e crescenti, che le famiglie non possono tagliare. L'assicurazione auto, anche dopo la «patente a punti», anziché diminuire aumenta. Il ministro Scajola ha appena promosso l'unico provvedimento del governo Berlusconi in materia (e sarà in vigore solo dal 2006, se si varano in tempo i decreti attuativi). Si tratta dell'indennizzo diretto in caso di incidente, che dovrebbe «tagliare» i costi della Rc-auto almeno del 15%. Ma già associazioni di periti e avvocati elevano vibrate proteste, mentre l'Ania (la Confindustria delle compagnie) invita ad esser cauti, molto cauti, perché bisogna prima «vedere che succede». E lo stesso accade con le banche. I costi dei servizi bancari - da agosto del 2000 a luglio del 2005 - sono cresciuti del 38%, a fronte di un'inflazione che, nello stesso periodo, non ha superato il 10.
Per questo oggi scioperano, protestano, producono mini black-out i consumatori italiani. Dopo tante promesse, non credo che sperino di cambiare le scelte politiche di questo governo o della misteriosissima Finanziaria. Sperano, invece, di attirare l'attenzione di Romano Prodi e dell'Unione, perché milioni di famiglie una «vita da mediano» l'affrontano tutti i giorni. Ora hanno bisogno degli assist di un regista che provi a cambiare l'esito di questa difficile partita.
* direttore de Il Salvagente