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Intercettazioni: Padellaro, siamo pronti a violare questa legge perché ingiusta e inaccettabile
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di Debora Aru

Intercettazioni: Padellaro, siamo pronti a violare questa legge perché ingiusta e inaccettabile

Ormai ci troviamo di fronte ad un’escalation del numero di tentavi di imbavagliare l’informazione. I tagli all’editoria, gli stop dei programmi della TV pubblica durante i periodi elettorali, il “rinnovo” delle redazioni RAI, e ora arriva la possibilità concreta di un disegno di legge sulle intercettazioni. Articolo 21 ha intervistato sull’argomento Antonio Padellaro, direttore del Fatto Quotidiano.

Direttore, a che punto stiamo?
«Siamo al punto di partenza. Questa è una legge ignobile, sbagliata, pericolosa. In questo momento mentre parliamo stanno cercando di apportare delle migliorie al testo base della Camera, ulteriormente peggiorato dagli emendamenti del Senato. Ora ci stanno spacciando questo ritorno al testo originario come la grande vittoria della democrazia e della libertà. In realtà siamo sempre allo stesso punto. Questa non è una legge emendabile, demolisce il sistema delle indagini su reati gravissimi e demolisce anche il principio costituzionale che sancisce la libertà d’informazione. Questa legge va ritirata».

Alfano parla però di un giusto compromesso fra “privacy, diritto di cronaca e indagini”. Sta dicendo che questo DDL non lo è?  
«No. Difendere il valore sacrosanto della privacy non può essere la difesa della privacy di tutti i cittadini. Se un cittadino ha incarichi pubblici la sua privacy non può essere una protezione. Ci sono cittadini che hanno delle responsabilità pubbliche e devono rispondere di fronte all’opinione pubblica dell’uso che fanno di questa responsabilità. Se un dipendente pubblico utilizza il suo telefonino pagato dallo Stato per conversazioni private e venendo intercettato si scopre che telefona alla sua fidanzata invece di chiamare il presidente della commissione Bilancio, io credo che sia giusto rivelare che questo fa un uso scorretto del telefonino pagato con soldi nostri. E per fare questo bisogna rivelare che telefonava alla fidanzata, altrimenti in nome della privacy si copre tutto. Tutto è privacy, la casa di Scajola è privacy certo, le frequentazioni di Marrazzo sono un reato? No lui è parte lesa ma è bello che un presidente di Regione frequenti trans o prostitute dalla mattina alla sera? Non per una questione morale ma perché questo tipo di frequentazioni potrebbe comportare, ad esempio, possibili ricatti. Allora vogliamo difendere la privacy di Marrazzo o rivelare un aspetto sconcertante della vita privata che diventa pubblica da momento che si parla dell’ex presidente della Regione Lazio?

Il testo in discussione che cosa dice?
Il testo è inaccettabile. I giornali e i giornalisti devono imparare una cosa che si chiama deontologia professionale. La deontologia non è una legge, è un semplice comportamento rigoroso, lineare, responsabile e corretto che fa scegliere al giornalista fra le notizie che vanno pubblicate per interesse pubblico e le cose che non vanno pubblicate. Noi facciamo ogni giorno un lavoro fondamentale di scelta e lo facciamo in base all’importanza di quella notizia per il pubblico. L’Ordine dei Giornalisti e tutto ciò che si occupa di stampa dovrebbe già prevedere al suo interno delle sanzioni per chi non si conforma alla deontologia. Già in parte questo c’è, ma un giornalista non deve rispondere davanti a un tribunale di queste cose, a meno che non compia un reato, ma alla sua coscienza, ai suoi lettori. Il lettore si arrabbia se pubblichi qualcosa che non lo convince. Il lettore giudica e te lo scrive se fai qualcosa che non gli va».

Secondo lei è necessaria una regolamentazione sull’utilizzo delle intercettazioni da parte della stampa?
«No. Questa legge l’ha inventata Berlusconi per coprire i suoi problemi, non se ne sentiva il bisogno. E il Presidente ha deciso, dopo le intercettazioni che lo riguardavano e la vicenda D’Addario, che non poteva rischiare che le sue conversazioni venissero sentite. Sia le sue che dei suoi sodali. Evidentemente non erano i dialoghi fra San Francesco e Santa Chiara. Ha pensato che potesse essere utile limitare anche l’attività della magistratura, così da risolvere il problema che pure i suoi amici venissero intercettati. Così ha ideato questo mostro. E questo mostro deve essere ritirato, è inaccettabile, è incostituzionale dalla prima all’ultima riga. Viola le leggi europee, come ha scritto il costituzionalista Pace su Repubblica. Va impugnato davanti alla corte di Strasburgo».

Se il disegno passasse cosa succederebbe al giornalista che pubblica le intercettazioni?
«Sarebbe un’intimidazione generale all’informazione, la fine della libertà dell’informazione e anche delle indagini. Va assolutamente ritirata. Se andrà avanti se ne assumerà la responsabilità chi la sottoscriverà perché è chiaro che se ci dovesse essere complicità per nel far approvare questo mostro giuridico noi lo denunceremo».

I direttori di tutte le testate eccetto Belpietro, Minzolini e Preziosi del GR Rai sembrano tutti uniti sullo stesso fronte. Perfino quelli che notoriamente sono vicine al Governo. È un segnale?
«È il segnale che fa talmente schifo tutto questo che anche i giornalisti di parte rispettano il proprio lavoro. Poi la verità è che questa legge toglierà lavoro. Toglierà motivo per acquistare i giornali, già c’è crisi di credibilità e contenuti dell’informazione, se togliamo anche la possibilità di conoscere le eventuali malefatte del potere, che motivo c’è di leggere il giornale»?

C’è stato un incontro promosso dall’FNSI in cui si è firmato un documento comune. Che cosa sancisce questo accordo?
«L’accordo dice che il dovere dei giornalisti è l’informazione e questa legge è un bavaglio ed inaccettabile».

Se passa il testo così com’è il Fatto come si comporterà?
«Noi siamo pronti a violare questa legge perché ingiusta e inaccettabile. Non è nostra intenzione essere eversivi ma vogliamo che con la denuncia conseguente alla violazione venga avviato un procedimento che possa portare alla richiesta di incostituzionalità della norma. Solo quando parte il procedimento si può fare richiesta di incostituzionalità sia davanti alla Corte Costituzionale che a quella di Strasburgo».

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