di redazione
''Considero assai grave, preoccupante
e sbagliata quella che mi pare una complessiva sottovalutazione, da
parte dell'Unione, dell'esigenza di un dibattito trasparente e
chiarificatore, e della urgenza di una definizione di coraggiose e
nette linee programmatiche in materia di sistema televisivo e di
servizio pubblico radiotelevisivo''. Parte da questa considerazione la
lettera che Alessandro Curzi, ''come antico militante di sinistra,
come vecchio giornalista e come neo-consigliere di amministrazione
della Rai-Tv'' ha inviato oggi a Romano Prodi e ai leader di tutti i
partiti dell'Unione, ''anche in concomitanza con la straordinaria
occasione di impegno, di mobilitazione e di partecipazione democratica
rappresentata dalle Primarie''
''L'attenzione della politica per la questione informativa, in
particolare per la Tv e persino per la fiction'', sostiene fra l'altro
Curzi, ''e' discontinua, assolutamente assente in alcuni momenti,
inesistente sul piano strategico e strutturale, e persino eccessiva e
intollerabile se pretestuosamente mirata, come purtroppo capita
spesso, ad alimentare il teatrino delle polemiche o ad attaccare
questo o quel leader, questo o quel partito, questa o quella fazione
di partito''. ''Per non parlare naturalmente -aggiunge Curzi-
delle attenzioni di tipo clientelare - in parte note sin dai tempi
della cosiddetta Prima Repubblica - che nella cosiddetta Seconda
Repubblica hanno assunto anche forme di opachi intrecci affaristici.
Rispetto a quelle e soprattutto a questi, le scelte programmatiche
dell'Unione non potranno non fondarsi sul doppio principio della
responsabilizzazione e dell'autonomia aziendale e professionale,
mentre i comportamenti concreti dei suoi esponenti, sin da adesso,
debbono non solo essere ma anche apparire di netta ripulsa e comunque
di inequivocabile presa di distanza da pratiche e personaggi peraltro
gia' noti al gossip sottogovernativo''.
L'informazione, ricorda Curzi, ''e' tra i contenuti e i profili
dell'organizzazione sociale moderna a piu' alto tasso di
democraticita' (o di antidemocraticita') e attiene direttamente, in
rapporto di causa ed effetto, ai livelli di liberta' ed anche di
giustizia sociale di un Paese, di una comunita'. E questo e' tanto
piu' vero in contesti caratterizzati da una forte tendenza al
consumismo, da un formidabile sviluppo tecnologico e dalla
globalizzazione''. Ma ''cio' che altrove appare fisiologico - anche
se non per questo scontato e accettabile: si pensi solo alle questioni
dell'omologazione informativa, delle persone e dei cittadini ridotti
alla dimensione di consumatori, della possibile manipolazione e
rappresentazione programmaticamente distorta e finalizzata delle
notizie, degli eventi e delle tendenze - in Italia si traduce in
patologia'', sottolinea Curzi. ''Non e' un caso che un editore privato
di televisione sia presidente del Consiglio e domini la scena politica
italiana da una decina di anni''. L'informazione deve quindi ''avere
un posto e un peso essenziale, determinante, in un programma per
l'alternativa in Italia. Non solo per il suo rilievo quantitativo, ma
per la sua portata qualitativa. Non e' solo un pezzo del ''caso
Italia'', dell'anomalia italiana. Ne' solo, come suol dirsi, una
metafora del tutto. Siamo di fronte ad uno di quei casi della
complessita' nel quale in un suo segmento, in ''quel'' segmento, c'e'
il tutto''. Per Curzi, e' il conflitto di interessi ''il problema dei
problemi, cosi' come per la vita istituzionale, per la tutela della
democrazia, per il decoro repubblicano, per la moralita' pubblica, per
l'economia, per l'amministrazione della giustizia, per la cultura e la
pratica dei rapporti sociali''. Per questo, afferma Curzi, ''il programma per
l'alternativa deve avere al primo posto l'eliminazione del conflitto
di interessi. Sul piano legislativo, normativo e delle scelte e dei
comportamenti quotidiani''.
''Un'eliminazione -dice il soncigliere Rai- ne' solo formale ne'
superficiale, ma radicale. Uso intenzionalmente l'espressione
'radicale' perche' questa e' una di quelle questioni sulle quali non
possono essere ammesse mezze misure o, peggio, piccole astuzie e
mezzucci o, peggio, 'inciuci'. La storia del nostro Paese dovrebbe
aver insegnato da tempo - anche ai piu' sinceri dei riformisti e ai
piu' abili navigatori della politica politicante - che ci sono molte
questioni sulle quali si puo' trattare, mediare e confrontarsi con
l'avversario sul piano tattico, ma ce ne sono altre, strategiche,
sulle quali bisogna essere radicali''.
''La rimozione del conflitto di interessi non deve riguardare
solo Berlusconi, ma tradursi in regole generali certe, chiare e
soprattutto rispettate'', aggiunge Curzi.
''Ricordo a tutti -prosegue Curzi- che, gia'
applicando le norme vigenti, Berlusconi non solo non avrebbe titolo
per fare il presidente del Consiglio (e 'comandare' quindi da
proprietario di Mediaset sulla Rai-Tv e sul sistema televisivo, da
indagato e accusato sulla magistratura, da principe della finanza
sulla finanza italiana) ma forse nemmeno per fare il deputato. Non so
se la norma specifica cui si e' fatto spesso riferimento a questo
proposito sia giusta o no, vetusta o no. Ma delle due l'una: o viene
eliminata o viene rigorosamente fatta rispettare''.
Un sistema televisivo pluralista, diversificato e diffuso sul
territorio: ecco, propone Curzi, ''il primo punto dove operare, una
volta rimosso il conflitto di interessi''.
Per realizzarlo, occorrera' operare sostanzialmente in quattro
direzioni: ''Primo, definire e attuare con coerenza politiche di
promozione del pluralismo delle emittenti e di limitazione alla
concentrazione proprietaria tali da consentire la nascita e
l'operativita' di piu' emittenti generaliste nazionali in chiaro e
gratuite''. La seconda direzione suggerita da Curzi e' poi
quella di ''assicurare al sistema la centralita' del servizio
pubblico, garantendone l'autonomia dal potere politico e
responsabilizzandone i dirigenti sui risultati di qualita' (una
programmazione insieme intelligente e divertente, connotata da una
grande apertura alla societa', al territorio, agli uomini in carne ed
ossa) e di mercato''.
''Terzo -prosegue il consigliere Rai- assecondare e promuovere a
tutti i livelli - emittenti pubbliche e private, grandi e piccole - il
ricorso e l'utilizzazione delle sempre piu' sofisticate tecnologie di
produzione e di trasmissione, in una libera concorrenza di mercato con
il solo limite della eccessiva concentrazione proprietaria e
operativa''. Infine, come quarto punto d'azione, Curzi individua il
''sostenere e favorire la creazione di una sempre piu' diffusa e
solida rete di emittenti regionali, locali, di comunita' e di strada
anche attraverso una diretta partecipazione di enti e istituzioni che
non implichi controllo politico e restrizione delle autonomie
professionali''. Pero' per Curzi e' fondamentale che sulla Rai-Tv
non si riproponga, nel centrosinistra, ''una distinzione,
assolutamente speciosa e immotivata a questo punto, fra
'privatizzatori' e non. Nessuno dovrebbe cedere alla tentazione di
alzare la propria bandierina piu' o meno effettivamente identitaria.
Ci sara' tempo, se sara' il caso, di rilevare e tentare di coniugare
distinte posizioni in materia di sviluppo del mercato della
comunicazione e di presenza pubblica nel settore. Nel frattempo,
questo mercato, questo sistema va concretamente creato, affrancandolo
dalla camicia di forza confezionata dal governo-Berlusconi su misura
degli interessi dell'azienda-Berlusconi''.
Conclude Curzi: ''Va dunque messa in campo una politica in grado
di avviare da subito e di favorire progressivamente la nascita di un
sistema televisivo pluralista, diversificato e diffuso, con una forte
presenza pubblica (non 'statale' o di Palazzo) e con regole chiare,
non truccate, che consentano una reale e leale concorrenza fra
privati, e la diffusione di un'ampia rete di emittenti libere e
democratiche sul territorio. Si vedra' dopo, ad anomalia-Mediaset
rimossa e a processo consolidato, le forme e il peso da attribuire
alla presenza pubblica: e' chiaro che piu' pluralista, diversificato,
diffuso e 'socializzato' sara' il sistema, meno consistenza
quantitativa si avra' bisogno di attribuire al servizio pubblico''.