di Clara Sereni*
Câ??è un gran parlare sopra le donne, ultimamente. In genere con la scusa di proteggerci da molti mali. Forse, o soprattutto, di proteggerci da noi stesse: che torniamo ad essere brutte, sporche, cattive. Streghe.
Parla sopra di noi chi - ricordando una delle ragioni che accompagnarono la promulgazione della legge 194, «non lasciar sole le donne di fronte allâ??aborto» - per difendere il rifiuto della pillola RU-486 oggi proclama che è meglio lâ??intervento chirurgico, che è meglio lâ??ospedale.
Sostiene che è meglio il gelo asettico di una struttura massificata che non la protezione della propria casa, avere accanto a sé unâ??amica, una madre, un compagno, per affrontare il travaglio psichico e fisico di unâ??interruzione volontaria di gravidanza. Sono quelle stesse persone che, trovandosi obbligatoriamente in ospedale o in clinica per un tempo anche breve e per una qualunque ragione, chiamano a raccolta amici parenti e conoscenti per essere sostenuti e consolati, per reggere il senso desolato di solitudine che ogni congiuntura di questo tipo genera in tutti noi, e nei maschi più ancora che nelle femmine. Quando parlano sopra di noi (e, sulla scena pubblica, per le ragioni consuete ne parlano ben più i maschi che le donne), quando parlano di aborto, questa esperienza banale svanisce nel nulla, ed essere costrette allâ??ospedale diventa quasi una coccola, il modo più maturo e avanzato che il mondo avrebbe per non farci sentire sole. Se rifiutiamo questa modalità , chiedendo ad esempio di poter utilizzare la pillola RU-486 con i controlli necessari, ma con le modalità adottate in buona parte del mondo occidentale, dipende evidentemente dal fatto che siamo stupide, e dunque è necessario proteggerci da noi stesse, appunto.
Parlano sopra di noi quando fanno finta di non ricordare la iatrogenicità di ogni e qualsivoglia struttura sanitaria: significa che lì dentro hai molte più probabilità di ammalarti che non a casa tua, problema chiarissimo da tempo ad ogni addetto ai lavori. E quando tacciono delle possibili conseguenze negative (fino alla sterilità ) dellâ??aborto chirurgico: ciò che accade in una percentuale non drammatica, ma nemmeno irrilevante, di casi.
Parlano sopra di noi quando tacciono sugli aborti chimici con farmaci impropri che comunque accadono nel nostro Paese: soprattutto alle donne straniere ma chissà , quando abortire è troppo difficile o vergognoso le porte della clandestinità si riaprono per tutte.
Parlano sopra di noi quando dicono che diminuire le sofferenze fisiche legate allâ??aborto ci farebbe compiere a cuore eccessivamente leggero questa scelta così drammatica. Una scelta che in un momento successivo potrebbe rivelarsi sbagliata agli occhi di chi lâ??ha compiuta. Perché non rischiamo di pentirci dopo, preferiscono farci penare subito, sancire con un sovrappiù di sofferenza quella che è comunque e in ogni caso una scelta dolorosa, che ti lascia una cicatrice dentro. E naturalmente, in questo Paese dove la maternità è un dogma, a chi ci parla sopra non viene mai fatto di pensare che ci si può anche pentire di averlo fatto, un figlio, e non solo di averlo rifiutato: anche se i figli sono comunque «â??nu piezzâ??e core».
Parlano sopra di noi quando ci rinfacciano, e proprio non si capisce perché proprio a noi, quanto di ciò che era previsto dalla legge 194 non è stato fatto in termini di prevenzione. Come se la prevenzione fosse solo un fatto di contraccezione, e non anche di concrete condizioni di vita che favoriscano lâ??accoglimento della maternità . Sulla contraccezione, peraltro, la proposta più intelligente fatta ai giovani dal ministero dellâ??Istruzione ex-pubblica resta quella della castità , e i tagli alle finanziarie passate e futura dicono con chiarezza devastante su quale inesistente rete di servizi e sostegni potrà contare chi decida, in questi anni amarissimi, di mettere al mondo un figlio.
Parlano sopra di noi quando tornano a interpretare il nostro corpo come un contenitore a disposizione di altri: il dibattito sulla procreazione assistita è stato a questo riguardo illuminante. E, anche in quel caso, hanno detto che era per proteggerci, che prendere un poâ?? meno ormoni tante volte era meglio che prenderne un poâ?? di più una volta sola, o che impiantarci tre embrioni magari malridotti era meglio che introdurne uno o due, magari sani. E ci hanno detto che era meglio non andare a votare ai referendum, perché il tema era comunque troppo complesso per le nostre testoline.
Brutte, sporche, cattive, e stupide. Il combinato disposto di quel che dicono sopra di noi non è più neanche riconducibile alla maledizione biblica, «tu partorirai con dolore». � peggio, è di più, è più moderno. � «in quanto donna, devi esistere con dolore»: in tutto ciò che riguarda la tua sessualità , per tutto ciò che concerne la tua scelta e le tue possibilità di essere madre.
Carlo Flamigni si è chiesto, su queste pagine, come mai le donne stiano zitte, perché non parlino. Forse siamo troppo sfiancate, troppo sfiduciate, troppo alle prese con la fatica quotidiana del vivere per riuscire ad alzare la voce, per metterci insieme e farci sentire. Di certo, le donne non hanno smesso di parlare fra di loro, di confrontarsi, di sostenersi lâ??un lâ??altra in un cammino ogni giorno più impervio, di riflettere insieme sugli effetti che le scelte normative e il costume diffuso producono nelle loro vite. E nelle loro parole c'è una rabbia che forse nemmeno sospettano lontanamente, quelli che ci parlano sopra.
Un fiume carsico di rabbia: non so come e non so quando, ma non ho dubbi che emergerà , impetuoso e forse dirompente. Perché non è mai successo, non è dato, che ad una repressione violentemente crescente non corrisponda, in un tempo non biblico, una reazione che non lo sia altrettanto.
Accadrà anche a noi, anche a loro: ma - per favore - sbrighiamoci!
*da l'UnitÃ