di Marco Travaglio*
Lo sciopero dei giornalisti ha impedito ai quotidiani di celebrare tempestivamente una grande serata d'informazione del «servizio pubblico», cioè di Bellachioma: quella di giovedì su Rai1 e Rai2, grazie a Bruno Vespa e Anna La Rosa. ? una vera fortuna vivere in un paese così pluralista. Se a uno non piace La Garofana, può cambiare canale e trova l'insetto. Viceversa, casomai qualcuno non gradisse l'insetto, può cambiare canale e trova La Garofana. Quest'ultima è stata ribattezzata da Norma Rangeri «biconduttrice», essendo l'unica mezzabusta d'Italia a condurre due programmi: «Alice» su Rai2 e «Telecamere» su Rai3, senza contare l'appetitoso supplemento Telecamere Salute. In realtà Anna dei Miracoli è triconduttrice: dirige le tribune parlamentari e conduce «Conferenza stampa» su Rai1, l'unica rete che le mancava. Privilegi che spettano soltanto ai mezzibusti indagati: e lei, modestamente, è sotto inchiesta a Perugia per istigazione alla corruzione.
L'altra sera, avendole qualcuno spiegato che bisogna buttarsi sul sociale, La Garofana ha spedito una signorina in casa di due «nuovi poveri». Casa, si fa per dire: un tugurio di 38 metri quadri alla periferia di Roma. Lì moglie e marito, quest'ultimo impiombato su una sedia per una grave malattia, han raccontato i fasti di quest'Italia sempre più prospera e agiata. Senonchè l'inviata, non adusa ad ambienti così poco confortevoli, ha dato vita a pezzi di umorismo involontario davvero irresistibili, intervistando i due poveretti con lo stesso tono che si usa a «La cronaca in diretta» o a «Verissimo» alle feste di Dolce e Gabbana o Roberto Cavalli. Quando il pover'uomo ha finito di raccontare la sua terribile malattia, lei s'è accommiatata con queste parole: «In bocca al lupo per la salute. A te Anna!».
La Garofana, impermeabile a tutto, riprende a cazzeggiare in studio come se nulla fosse, l'occhio fisso al monitor per controllare l'ultima acconciatura. Gli sventurati ospiti - il forzista Lupi, la finiana Santanché, il margherito Franceschini e Lilli Gruber - tentano invano di scomparire. L'orchestrina dal vivo riprende a schitarrare, unica presenza pertinente in un programma che in due ore è passato, nell'ordine: da Cecchi Paone che descrive il nuovo fidanzato («ha gli occhi da gatto, è bellissimo») e dà della «grassa tettona» alla conduttrice a un filmato su Papa Wojtyla; da un collegamento con l'America's Cup di vela a una squisita analisi del Lupi: «L'omosessualità è contro natura». Più per coprire che per altro, qualcuno dal pubblico tenta un applauso, ma essendo rivolto a Franceschini viene prontamente spento dalla Garofana tutta scarmigliata: «Niente applausi, capito? Se no andate fuori!». Pubblicità.
Intanto, chez Vespa, si processa Luciano Violante. Pubblici ministeri Stefania Craxi, figlia del più noto Bettino (due condanne definitive: corruzione e finanziamento illecito), Paolo Cirino Pomicino (due condanne definitive: corruzione e finanziamento illecito) e Gianni de Michelis (due condanne definitive: corruzione e finanziamento illecito). Il capogruppo Ds, essendo incensurato, deve difendersi dall'accusa di aver sostenuto i magistrati antimafia e anticorruzione, anziché schierarsi come le persone perbene con la mafia e la corruzione. Alla fine, mentre stanno per arrestarlo, lo salva l'insetto suonando il gong e facendo entrare una nuova ospite: la giornalista Mirella Serri, autrice di un bel libro sugli intellettuali sotto il fascismo. Lei non lo sa, ma è lì per un altro processo: non più a Violante, ma ai voltagabbana. Chi? Per caso De Michelis, che ha un ministro nel governo Berlusconi ma aderisce allo Sdi? O Pomicino, che in 10 anni ha cambiato 10 partiti e attualmente, come si dice, è sul mercato? Nemmeno per sogno. L'imputato, ovviamente contumace, era Giorgio Bocca, reo di aver scritto a vent'anni un paio di articoli su un giornale fascista. La giornalista continua a ripetere «non voglio fare nomi, non siamo qui per giudicare nessuno». Gli altri annuiscono: ma certo, lungi da noi. Però, compreso Vespa, continuano a prendersela con Bocca, «prima fascista, poi antifascista». Ecco, per l'«informazione» del servizio pubblico chi è cresciuto nel fascismo e poi l'ha combattuto armi in pugno nella Resistenza, rischiando la pelle per la nostra libertà, è un voltagabbana. Fosse rimasto fascista, o fosse andato a rubare, ora sarebbe al governo. E i processi li farebbe lui agli altri.
*da l'Unità