di Oliviero Beha*
Caro Direttore, facciamocene una ragione: la morte in diretta, quella degli altri naturalmente, non è più una tragedia ma ormai «soltanto» una ghiotta occasione di cronaca. O di spettacolo. O di tutt??e due. Insomma, di auditel, di share, di ascolti, di pubblico, di pubblicità. Di soldi. Il malore letale di Franco Scoglio, lunedì sera, è stato «sparato» su una rete televisiva.
? stato «sparato» con la malcelata soddisfazione di chi lo annunciava per primo e poi, come lacerando il sipario dell'ipocrisia di scena, mostrato su un'altra «con tutti i sacramenti» della cosiddetta tv-verità. Il disgraziato era morto, certo, ma se si fosse solo sentito male sarebbe stata una notizia modesta, quasi una non notizia. Merce secondaria. La morte invece si vende bene, e da sempre.
Niente di nuovo, per carità, sul grande come sul piccolo schermo, da «l'asso nella manica» in poi, passando per Vermicino ecc.ecc. Solo che lunedì sera non c'era neppure Kirk Douglas ma un povero allenatore-personaggio ormai senza vita reclinato in uno studio. Da mostrare? Per il diritto/dovere di cronaca? Ma per carità, quello non c'entra nulla e sarebbe ora che non venisse più invocato per nobilitare le nefandezze. Per questo credo che a Douglas / Mentana andrebbe riconosciuto il merito della linearità professionale con fini di marketing se però dicesse chiaramente urbi et orbi: certo che uso quelle immagini per «vendere» un prodotto, come in giro vorrebbero fare tutti o quasi tutti ormai, solo che non hanno il «coraggio» di farlo. Almeno io, Matrix, non sono ipocrita.
Mentre invece la finzione gronda dappertutto, trasudando dal linguaggio. E la lingua come sempre traduce e tradisce l'umanità di chi la parla. Chi ha dato per primo la notizia ha detto testualmente (La 7, Il processo di Biscardi): «Scusa Aldo, c'è una notizia importante, molto importante...», e poi, abbassando appena lo sguardo, «ma anche brutta». E un collega che gli fa da spalla in questo come in tutti gli altri frangenti in cui che so si annuncia una «bomba» di calciomercato, «come se» la meccanica della comunicazione restasse la stessa, lo stesso format tra i due, e diversa fosse solo l'intensità della notizia, ha aggiunto: «? venuto a mancare Franco Scoglio». E via al cordoglio. Un cordoglio sentito?Oppure di maniera? E comunque la morte di Scoglio è prima una notizia importante,oppure una brutta notizia?
La lingua resta una bestia feroce, difficile da domare. In un film del 1989, Palombella Rossa, Nanni Moretti, come spesso un po' più avanti del costume quotidiano, aggrediva una giornalista che usava la parola «trend» per intervistarlo. Ma come parli? E come pensi? Perché chi parla male pensa male... o qualcosa del genere. E sempre in quegli anni, nello stesso «processo» biscardiano ricordo da testimone che il «maitre» insisteva con il «personale» ospite perché si chiudesse subito «il capitolo dedicato a un giovane tifoso del Bologna bruciato e in fin di vita» dopo o prima di un Fiorentina-Bologna perché bisognava «passare alla lotta per la retrocessione». Argomenti commensurabili e intercambiabili, evidentemente, fino da allora, quando il piccolo schermo già spandeva un??ipocrisia e un cinismo commoventi...
Ma il processo degenerativo (non solo quello di Biscardi) ha successivamente acquistato velocità per la china del mercato: è ormai impensabile o quasi fare i conti con l'etica, la deontologia, o anche soltanto il margine del gusto. Non si vende la pietà, se non mercificata e appiccicosa,bensì la morte, meglio se in diretta. Con esiti di involontario grottesco. Sul sito internet di Repubblica, per esempio, la cronaca del decesso di Scoglio per arresto cardiocircolatorio è impaginata appena sopra la pubblicità di alcuni «cardiofrequenzimetri»: scherzi della produzione di notizie-merci a mezzo di merci...
Se ne parlava su queste colonne recentemente (cfr. Lamberto Sposini, il ministro Mario Landolfi, il segretario Usigrai Roberto Natale) a proposito delle telecamere intinte nel sangue quando c'è da spettacolarizzare qualche bel caso, da Cogne a Merano, in una sfilza sempre più lunga. I giornalisti ormai fanno essenzialmente e prima di tutto i venditori di un prodotto sponsorizzabile, giustificati dalla formula «diamo al pubblico quello che vuole». Formula che però è anche alla base della corruzione e dello spaccio.
E infatti quando c'è una «ghiotta notizia» come la morte in diretta tv di Franco Scoglio, da venditori si passa a spacciatori. Di stupefazione. Di stupefacenti. E giù,per la china...
*da l'Unità