di Federico Orlando
Il 14 ottobre niente cinema, prosa, concerti, danza, lirica, sinfonica, circo, cioè niente spettacoli, per uno sciopero generale proclamato da tutte le categorie del â??settoreâ? contro i tagli della Finanziaria al Fus, il Fondo unico per lo spettacolo. La reazione è giusta e proporzionata. Articolo 21 â?? che fin dallâ??inizio ha cercato di parlare coi diversi linguaggi della cultura e della comunicazione, non solo col linguaggio dei giornalisti â?? ha visto con piacere che anche il comizio di Prodi in piazza del Popolo a Roma, domenica scorsa, è stato aperto da una protagonista dello spettacolo Mariangela Melato; e mentre ribadisce che sarà il 14 affianco ai 250 mila lavoratori, maestri e artisti del settore, chiede che il programma dellâ??Unione approfondisca ed offra agli italiani un progetto di governo adeguato al ruolo che la cultura deve avere in una società non rassegnata al tramonto.
Le cifre della Finanziaria, ormai note, sono tali da mettere
in ginocchio la cultura italiana: il Fondo unico per lo spettacolo passerà da 464 milioni di euro a 300. In un sol colpo, da un anno allâ??altro, perderà più di un terzo della sua dotazione, 164 milioni di euro. Tutto questo si svolge in contemporanea ai tagli dei diritti elettorali dei cittadini, che si vedranno privati del diritto di scegliere un loro candidato di collegio, del diritto di eleggere direttamente il governo, del diritto perfino di esprime una preferenza nelle liste â??prendere o lasciare in bloccoâ?, che i vertici romani dei partiti scriveranno sulla base dei rapporti feudali o dâ??amicizia tra i capi e i candidati stessi. Oggi già accade in non pochi casi, domani accadrà in tutti.
I tagli della destra alla cultura e alla libertà elettorale hanno entrambi un altissimo significato simbolico. La destra è autoritaria, crede negli assoluti, adora la censura, pratica i listoni. Non è la prima volta, negli ultimi ottantâ??anni, che la destra italiana irrida ai diritti elettorali e valorizzi solo la cultura che può giovarle, cioè quella ideologica e propagandistica. Ma al fascismo almeno vanno riconosciute certe realizzazioni â?? Venezia, Cinecittà , Enciclopedia Treccani, Accademie â?? che i buzzurri miliardari di oggi neanche si sognano. Col centrosinistra, gli iniziali 473 milioni del Fus nel 1996, salirono a 501 nel 2000, lo stesso centrodestra confermò quel livello fino ai 518 del 2003, oggi precipitiamo a 300. Così, a Milano si calcola una riduzione del 35 per cento del contributo per Scala, Piccolo, Brera, orchestra Verdi, compagnie teatrali e centri culturali minori. A Venezia rinvio sine die del nuovo palazzo del Cinema, e Biennale 2006 con i fichi secchi; mentre La Fenice, risorta dallâ??incendio del â??97, avrebbe solo i soldi per pagare gli stipendi. A Verona, il sovrintendente del più grande teatro lirico allâ??aperto del mondo, propone di portare le chiavi al ministro Buttiglione, per vedere se riesce a lui organizzare la prossima stagione. Alla provincia di Roma, lâ??assessore alla cultura Vincenzo Vita valuta a 400 milioni la decurtazione complessiva, sommando ai 130 in meno dal Fus quelli già portati via coi tagli alla regione, alle province e ai comuni. Col 37 per cento in meno rispetto allâ??anno scorso, lâ??Accademia di Santa Cecilia vedrebbe dimezzate le sue risorse nellâ??ultimo biennio, nonostante che le sue attività siano state incrementate del 50 per cento e abbiano interessato oltre 400 mila spettatori. Mi fermo, per non intasare il sito. Ma il quadro è deprimente, la reazione politica deve essere adeguata, la promessa prodiana di lavorare nel futuro governo per una cittadinanza etica ed equa, che abbia la sua base nella cultura, ci trova consenzienti e più che mai disposti a fare fino in fondo la nostra parte.