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Articolo 21 - Editoriali
Spinta dei seggi e intuizione di Prodi
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di Massimo Franco

Non era affatto scontato che l'Unione avesse un cuore duro di queste dimensioni

da Corriere della Sera

Sullâ??onda dellâ??entusiasmo, Romano Prodi è tentato di definirle «primarie allâ??italiana»: negli Stati Uniti, ha fatto notare, la partecipazione è dimezzata rispetto a quella della sua Unione. Enfasi a parte, per quanto sperimentali, osservate con diffidenza e sufficienza, le votazioni di ieri sono state un successo imprevisto. Il miracolo nasce probabilmente da una miscela di umori. Con due pulsioni, soprattutto: la voglia di indicare il candidato del centrosinistra a palazzo Chigi, e la ribellione al colpo di mano del governo sulla legge elettorale.Rimane da capire quale dei due elementi sia stato prevalente. In fondo, lo stesso Prodi tende ad accreditare i tre milioni di votanti come un «no» degli italiani al cambio unilaterale delle regole. Eppure, una lettura tutta in chiave antiberlusconiana rischia di ridurre la portata di quanto è successo ieri. Evidentemente, esiste una saturazione nei confronti di Silvio Berlusconi. La forzatura sul proporzionale ha accentuato la determinazione a combattere la maggioranza. In parallelo, tuttavia, si indovina la volontà di smentire quanti hanno additato le primarie come una caricatura di democrazia: un rito pilotato, falsato dai partiti. Ci sarà tempo per verificare se sia vero.E oggi si capirà se le percentuali consacreranno davvero Prodi come candidato premier. Ma la sua intuizione ha vinto, nonostante lâ??ombra tragica proiettata sulle primarie dallâ??omicidio al seggio del vicepresidente della Regione Calabria, Francesco Fortugno, della Margherita. Non è escluso che adesso cresca la spinta per unificare il centrosinistra in nome dellâ??Ulivo: ieri sera ne ha fatto cenno lo stesso Prodi. Sarebbe unâ??offensiva obbligata e insieme scivolosa, per le tensioni che può ricreare con gli alleati, Margherita in testa. Unâ??opposizione che si lacerasse di nuovo sugli aspetti tecnici della candidatura prodiana, apparirebbe un poâ?? lunare. Eâ?? chiaro che il Professore è un «senza partito» costretto a gareggiare in un recinto nel quale allâ??improvviso i veri protagonisti sono proprio i partiti.Il paradosso potrebbe essere in qualche modo risolto dal responso dato ieri dagli elettori dellâ??Unione; ma non del tutto, parrebbe. Eppure, la situazione nella quale si trova Prodi, ormai, non riguarda lui. Segnala un problema che è di tutto il centrosinistra: lâ??assenza di una strategia dellâ??Unione di fronte alla novità del sistema proporzionale. Finora, il blitz parlamentare della maggioranza è stato affrontato con lâ??indignazione; e forse non poteva essere diversamente. Ma è chiaro che si tratta di non fare apparire il fondatore dellâ??Ulivo come un candidato del maggioritario, custode di un sistema archiviato e ostaggio del nuovo; e di ricostruirgli intorno una coalizione e un consenso che tengano conto delle regole del gioco, sebbene ritenute odiose per il modo in cui sono state approvate.Il fronte berlusconiano, comâ??era prevedibile, insiste sullâ??«inutilità» di quanto è accaduto ieri. E sottolinea il fatto che gli oltre tre milioni di partecipanti alle primarie sono tutti militanti dellâ??Unione, mentre lâ??elettorato «vero» è unâ??altra cosa. Berlusconi ironizza su un Prodi vincente solo se fa votare «solo quelli di sinistra». Lâ??obiezione è velenosa ma plausibile. Eppure rischia di trascurare un dettaglio: non era affatto scontato che lâ??Unione avesse un cuore duro delle dimensioni che si sono viste. Non significa la vittoria certa nel 2006. E tuttavia, la partecipazione fa capire che la spinta antigovernativa è più forte di ogni contrasto. E, forse, di ogni protagonismo suicida.

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