di Paolo Martini *
Quello che inchioda milioni di italiani intorno allo spettacolo ??Rockpolitik? e s??accompagna da mesi con polemiche da prima pagina, è il paradosso Celentano, che ha trasformato come al solito lo show in uno shock, e in questo caso appunto in uno ??Shock-politik?. Il paradosso Celentano è noto: è il re degli ignoranti che con la tv sale in cattedra; è il campione catto-conservatore tutto Dio, Natura e Famiglia che si scopre un guitto rivoluzionario, più coraggioso di qualunque trasgressivo Luttazzi; è l??elettore prototipo berlusconiano che si scontra con la realtà fallimentare del governo dei cortigiani, dei troppi Fabrizio Del Noce (il direttore di Raiuno che è riuscito a scontrarsi con tutti i monumenti viventi della nostra tv, da Arbore a Biagi, appunto a Celentano?).
Infine, Celentano è soprattutto l??uomo che fu accusato di aver inventato la deriva del ??peronismo? televisivo in Italia, definizione che gli appioppò per primo Paolo Flores d??Arcais, ai tempi non ancora leader della sinistra radicale e girotondina. L??uomo che quindi, più di ogni altro, ha concretamente aperto la strada a Berlusconi, ora chiude simbolicamente il decennio della sbornia telepolitica del Paese. E questo a pochi giorni dal voto di oltre 4 milioni di italiani che hanno partecipato, contro la presunta ??dittatura della tv?, al vero e proprio trionfo delle primarie del centrosinistra. Per dirla con il titolo scelto dal gran ciambellano di ??Porta a porta? Bruno Vespa, insolitamente in disagevole spolvero neo-ulivista, ??Prodi stravince? nonostante la tv.
Per capire la svolta che si sta consumando nell??Italia di fine 2005, e che cosa c??entri Celentano, bisogna fare un bel salto all??indietro, e tornare alle 21 e 55 del 7 novembre del 1987, ormai diciotto anni fa, quando su Raiuno andò in onda a sorpresa il primo e forse più choccante dei clamorosi monologhi televisivi dell??indiano Adriano, quello contro la caccia che è contro l??amore (riportato sulla lavagna senza l??accento sulla ??e?, mirabilmente), che era poi soprattutto il primo discorso diretto al grande pubblico contro la vecchia politica. E?? da quel momento che si deve partire per capire tutto: come ha ben notato l??eclettico direttore del Mulino Edmondo Berselli, ??il testimone lo impugnò ovviamente Silvio Berlusconi, e subito se ne accorse l??Avvocato, in certe telefonate mattutine, quando le inibizioni non raggiungono ancora il livello convenzionale: ??Luca, ma lo sai che Berlusconi mi sembra Celentano?? (il Luca in questione è facilmente identificabile nell??attuale presidente della Fiat e della Confindustria Cordero di Montezemolo, ndr.).
E?? andata come è andata, e per un decennio e più in Italia non si è parlato d??altro, e non ci si è misurati con altro che con la tv. Centinaia di studiosi ne hanno indagato il peso elettorale, a partire dall??insigne politologo Giovanni Sartori e dalla sua proverbiale definizione di ??videocrazia?. Ma quanto ha contato davvero il mezzo televisivo, e soprattutto quanto conta adesso? Giacomo Sani, sociologo considerato un??autorità in materia (il Mulino ha pubblicato il suo ??Elezioni e mass-media?), che ha tracciato un bilancio scientifico del decennio berlusconiano, assicura: ??La tv ha un ruolo, ma solo di rafforzamento degli orientamenti pre-esistenti?. Sani, che ha riassunto per la rivista Compol (Comunicazione politica) le sue analisi sulle ultime 7 elezioni, aggiunge: ??E non è poi così sicuro che la tv abbia un effetto diretto e univoco sugli incerti, anzi può essere anche controproducente. Certo, in Italia ci sono tuttora tra i 2 e i 3 milioni di incerti, e la partita mediatica si gioca su questi. Ma se i sondaggi dicono la verità?, conclude Sani,?e cioè che il centrosinistra è davanti, il controllo delle tv a che è servito??
* editoriale del settimanale News in edicola dal 20 ottobre