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Articolo 21 - Editoriali
No, non è la Bbc
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di Duilio Giammaria

da L'Unita'

Quando si parla di televisione, un poâ?? come avviene nel calcio, tutti si sentono legittimamente autorizzati a esprimere giudizi e pareri. Fa parte del gioco. Il dibattito si fa più complesso quando si cerca di definire cosa debba fare una televisione finanziata con danaro pubblico. La moltitudine di fattori di cui tenere conto impongono analisi e ricerca. Questioni che solo marginalmente entrano nell'agenda dei «decision makers» della televisione. Ã? come se non si riconoscesse alla televisione la dignità di un'analisi specifica e altamente professionale. Il dibattito politico di solito è dedicato a reciproche accuse di occupazione della televisione e, quando intervengono le lobby industriali, si trasforma in un micidiale impasto in cui servizio pubblico, mercato, tecnologia, scenari futuri, vengono posti senza gerarchia sullo stesso piano, rendendolo inestricabile persino agli addetti ai lavori. Sin dall'inizio l'incontro con Caroline Thomson della BBC, venuta a Roma su invito di Eurovisioni per presentare a un pubblico di politici e addetti ai lavori italiani la riforma della BBC, ha dato l'idea che altrove le cose sono diverse. Nel breve spazio di una mattinata due mondi televisivi si sono affrontati con due velocità sideralmente diverse. Si sa, i confronti tra paesi giocano effetti di prospettiva che possono provocare distorsione tipo «l'erba del vicino è sempre più verde...», ma è bastato cogliere il senso delle parole con cui la BBC lavora alla sua autoriforma per realizzare la distanza con il nostro paese: «qualità, valore sociale, concorrenza creativa, diritto di cittadinanza, servizio pubblico universale». La BBC in pratica è stata invitata alla riforma dal Libro Verde che - sebbene sia stato scritto dal governo - afferma che il suo scopo è «configurare una forte BBC, indipendente dal governo, capace di standard di elevata qualità». In buona sostanza il Green Paper ha evidenziato una serie di punti critici tra i quali la perdita di qualità dei programmi. Per arrivare ad una definizione «socialmente» condivisa dei suoi obiettivi dopo il libro verde il governo ha lanciato un'ampia pubblica consultazione, le cui conclusioni formeranno la base della Nuova Charter, il contratto di servizio, di una durata di dieci anni. Ai cittadini di sua maestà, sono state rivolte domande del tipo: «Quali sono i programmi che considerate più importanti? Come pensate dovremmo gestire l'evoluzione tecnologica e quella culturale? Che valore attribuite ai vari servizi che vi offre il servizio pubblico? E via dicendo, sino ad arrivare a chi deve controllare che i soldi dei cittadini (fee payers) siano spesi con efficienza e perseguendo gli obbiettivi del bene collettivo.
L'interessante lettura, altamente consigliata ai nostri policy makers, rivela che il pluralismo non è in discussione (quello è dato per scontato e pratica consolidata of course). Non si parla di reality ma di factual documentary. Non si parla di consumo televisivo ma di diritto di cittadinanza. Non si parla di format importati dall'estero ma di fornire contenuti di elevata qualità a tutti i cittadini anche grazie al digitale. La BBC, secondo la Thomson, sta rispondendo con determinazione alla necessità di produrre e distribuire programmi di qualità. Per definire la tv di qualità la BBC si rivolge a uno studio di mercato che la identifica così: «la tv di qualità è fatta di idee innovative, con programmi che fanno riflettere, con alti standard di gusto e decenza (ah che parole desuete per la televisione italiana..) e con un'elevata percentuale di programmi originali» .
Un altro punto forte del ragionamento della BBC è come massimizzare il valore dei suoi programmi: un sofisticato ragionamento che anche qui serve gli interessi generali del paese. Ad esempio, oltre a una quota di programmi commissionati alla produzione indipendente, la BBC propone di istituire un'altra quota del 25% per la quale la produzione interna e quella esterna concorrono per realizzare i migliori progetti. Un sistema che ha per obiettivo di creare opportunità per tutta l'industria televisiva.
Per dimostrare quanto prenda sul serio il suo compito di servizio pubblico universale la BBC rivela il costo medio delle sue produzioni: un'ora di fiction su BBC 1 costa 780.000 euro. Un'ora di documentari specialistici (per intenderci quelle meravigliose produzioni come I dinosauri, Il cervello umano) costano oltre 500.000 euro l'ora, con una resa economica molto elevata perché vengono esportati in tutto il mondo. Ma, tenetevi forte, le differenze si fanno vertiginose quando si apre il capitolo della governance. Sino ad oggi c'era un Board of Governors (specie di CdA) a cui però il Libro Verde imputa un conflitto di interessi perché gestiva e controllava allo stesso tempo. Si propone dunque la creazione di un Trust indipendente dal management che misuri ogni anno i risultati ottenuti e si chiarisce ancora meglio il ruolo «competitivo» dell'Autorita esterna di Controllo (Ofcom). «It's not rocket science» ha concluso la Thomson: un modo anglosassone di dire che definire gli scopi della televisione di servizio pubblico, quando si parte con una chiara idea dei prodotti da offrire, non è particolarmente difficile. L'impressione che si è sparsa in sala a conclusione della relazione era un diffuso senso di imbarazzo: agli occhi stanchi di relatori di innumerevoli convegni sulla televisione dove si dice una cosa e poi se ne fa un'altra, la relazione della Thomson deve essere sembrato un vero e proprio missile.
Al neo presidente dell'Authority italiana è dunque toccato spiegare perché il nostro vecchio aereo RAI non sembra aver più una direzione. I programmi della nostra televisione sono ripetitivi e diseducativi (tranne le solite debite eccezioni), ha ammesso Calabrò. Ma allora se non è l'Authority, chi sorveglia questo aereo dirottato che è ormai la nostra televisione pubblica? La Commissione Parlamentare di Vigilanza? Il CdA RAI? C'è un pilota a bordo dell'aereo e in che direzione lo sta conducendo? Intanto cari telespettatori, in attesa che qualcuno chieda la vostra opinioni, buon volo.
Duilio Giammaria Inviato RAI

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