di Ahmad Rafat*
Qualcuno nella sinistra si è detto perplesso e ha deciso di non partecipare alla manifestazione di giovedì. Ho letto con attenzione le motivazioni di questi amici, e se devo essere sincero dopo averle lette ho deciso che non erano più miei amici. A queste persone chiedo di non nascondere le vere ragioni di questo disimpegno, nelle frasi di pseudo solidarietà con i palestinesi. Se fossi stato palestinese, come lo è l'Imam Feras Jabareen, non sarei mancato allâ??appuntamento di giovedì sera per nessuna ragione. La solidarietà con i palestinesi, il riconoscere il loro diritto ad uno Stato, non passano per la distruzione dâ??Israele. La via della pace e la strada per la democrazia, non possono essere lastricate con odio e nemmeno passare per Ausschwitz. Non sto esagerando e ancor meno scherzando.
Gli italiani, quelli che giovedì sera manifesteranno davanti allâ??ambasciatà iraniana sono tutti sionisti. Non lo dico io, è una frase riportata in un dispaccio dellâ??agenzia iranana Fars, molto vicino al presidente Mahmoud Ahmadinejad. Lapo John Elkan si drogava ed è stato sorpreso con alcuni travesetiti perché figlio di un ebreo sionista. Eâ?? sempre lâ??agenzia Fars di Teheran ad affermarlo. Faremo pagare agli occidentali , manovrati dai sionisti, 150 dollari per ogni barile di petrolio, se si opporranno ai nostri programmi nucleari e ci manderanno davanti al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Questa frase invece, appartiene ad Ali Larijani, Segretario Generale del Consiglio Superiore di Sicurezza Nazionale. Larijani non è â??un povero Cristoâ?, come qualcuno ha definito Ahmadinejad. Larijani parla lâ??inglese con lâ??accento britannico, ed è una delle menti più lucide della nomenklatura radicale iraniana. â??Riprenderemo al più presto, entro la fine dellâ??anno, lâ??arricchimento dellâ??uranioâ?. Questo lo dice Mahmoud Ahmadinejad.
Se tutto questo non basta per scendere in piazza e manifestare contro il nuovo governo della Repubblica Islamica, posso fornire ai più scettici altri motivi. Posso parlare dei Diritti Umani. Akbar Ganji, giornalista e scrittore iraniano, sta morendo in carcere. Ha perso oltre la metà del suo peso, ma non si è mai piegato. Lo vogliono morto non tanto, per aver denunciato la complicità di presidenti e ministri negli attentati che privarono molti intellettuali e politici iraniani del loro bene più prezioso, cioè la vita, ma perchè ha oltrepassato una linea rossa e rotto un tabù, il più grande tabù dellâ??Iran Islamico. Akbar Ganji, figlio della rivoluzione , ha osato criticare lâ??Ayatollah Khomeini, il padre della rivoluzione e della Repubblica Islamica. Un peccato mortale, a quanto pare. In cella anche uno dei difensori di Ganji, l'avvocato Abdolfattah Soltani. Colpa di quest'ultimo aver portato fuori dal carcere le famose lettere di Akbar Ganji indirizzate â??agli uomini liberi del mondoâ?. Ricordo a chi legge che prossimo 15 novembre città di Siena renderà omaggio a Akbar Ganji, alla presenza di sua moglie e un altro dei suoi avvocati. Ovviamente se non saranno arrestati nel frattempo.
Non basta nemmeno questo, allora parliamo del sociale. Proprio in questi giorni il direttore del Centro Statistico Nazionale di Teheran, Ali Reza Zahedian ha reso noto che 8 milioni di iraniani, su un totale di 60, vive sotto la soglia della povertà . Questi 8 milioni di cittadini del paese che si considera una potenza regionale, ha enormi riserve di petrolio e di gas naturale, ce he vuole ora diventare anche una potenza nucleare, consumano meno di 400 calorie al giorno e pro capite. Questo paese che qualcuno continua a sostenere in nome dell'odio comune nei confronti dell'America, è stato definito a metà ottobre, dalla Federazione Internazionale dei Sindacati Liberi, â??uno dei principali nemici delle unioni sindacali e dei sindacalistiâ?.
C'è anche un'altra ragione per cui bisogna condannare il discorso pronunciato da Mahmoud Ahmadinejad alla conferenza â??Un mondo senza sionismoâ?. La Repubblica Islamica non è oggi in grado di attaccare Israele, la sua potenza militare attuale non lo permette e nemmeno la distanza che separa i due paesi. Ahmadinejad questo lo sa ed â??è sincero quando dice non intendiamo attaccare Israele. Il discorso di Ahmadinejad però conteneva anche una minaccia molto diretta contro i suoi vicini, i paesi arabi e islamici che hanno o intendono stabilire relazioni con Israele. â??Brucerete nel fuoco della rabbia del popolo mussulmanoâ?, disse il neo presidente iraniano, agitando le mani. Questa minaccia va presa molto seriamente, perché se Israele è potente ed è lontana, la Turchia, il Pakistan, il Bahrain, il Qatar e lo Yemen sono vicini e con eserciti meno efficaci e armamenti meno moderni. Ahmadinejad, come sostiene Ahmad Zeidabadi, il più acuto degli analisti iraniani, cerca lo scontro con l'Occidente, perché solo cosi può garantirsi la sopravvivenza politica. Zeidabadi non vive su Marte e non è amico di Bush. Vive a Teheran e rischia la vita ogni volta che apre bocca.
* Giornalista italo-iraniano, portavoce dell'Iniziativa per la Libertà d'Espressione in Iran