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Articolo 21 - Editoriali
Quando raccontare bugie è una patologia (capito, Silvio?)
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di Luigi Cancrini Alessandro Sartori

da l'Unita'

Viviamo in Europa, in uno dei Paesi più ricchi del mondo, mondo che è percorso tuttavia dalla sofferenza silenziosa dei vinti, da storie di emarginazione e violenza che non fanno notizia. Vorremmo dare spazio, in questa pagina, alla voce di chi rimane fuori dalla grande corsa che ci coinvolge tutti, parlando dei diritti negati a chi non è abbastanza forte per difenderli. Sono proprio le storie di chi non vede rispettati i propri diritti a far partire il bisogno di una politica intesa come ricerca appassionata e paziente di un mondo migliore di quello che abbiamo costruito finora.
Scrivete a cstfr@mclink.it

Caro Cancrini,
in un tuo articolo datato 30 dicembre 2002 intitolato «Troppo narcisista per non perdere il controllo» ipotizzavi possibili (e, ad oggi, aihmè, veritieri) scenari per nulla rassicuranti in relazione ai comportamenti dell'attuale Presidente del Consiglio e dei suoi «cortigiani».
In particolare, - alla luce dei recenti avvenimenti politici (affermazioni «dal sen fuggite» subito dopo smentite, rischio di approvazione della par condicio e della legge Salva-Previti) che hanno tutta l'aria di essere gli ultimi «colpi di coda» di una coalizione che «sente» di poter perdere il proprio potere, - volevo soffermarmi, da operatore della «salute mentale» quale sono, sull'aspetto della «verità» e della «bugia» che sta ormai permeando l'opinione (e la coscienza ?) pubblica costantemente sollecitata e, direi, disorientata su tale tema.
Personalmente, ritengo che oltre che su un piano etico e morale, la menzogna o la bugia siano strettamente collegata alla «sanità» mentale di una persona e che il lavoro psicoterapeutico possa essere letto anche come disvelamento e riconoscimento di aspetti intrapsichici che la persona «nega» a se stessa. Cosa ne pensi?
Parlando di bugie quello che mi ricordo sempre è un bambino di sette anni (io lo chiamerò qui Luca) visto in terapia tanti anni fa per questo motivo, perché continuava a raccontare bugie a casa e a scuola. Bugie fantastiche o verosimili, assurde o plausibili che stavano creando una situazione di vero e proprio panico intorno a lui. A casa e a scuola. Bugie di cui ci sembrò, in terapia, di poter cogliere il senso nel momento in cui ci dissero, gli zii che l'avevano accolto in casa con loro, che Luca aveva perso tre anni prima, quando aveva solo quattro anni, i due genitori, morti in un incidente aereo. Perché di bugie Luca era stato nutrito a lungo, allora, da adulti che volevano proteggerlo dall'impatto con un dolore pensato e sentito come insostenibile per lui. Perché di bugie Luca continuava a nutrirsi anche a distanza di anni, dopo che era stato costretto a sapere e a capire: mettendo in piedi una strategia difensiva che gli permetteva di vivere, con la fantasia, due mondi uno reale ed uno immaginario, il cui continuo alternarsi gli permetteva di dare sollievo ad un dolore ancora troppo forte. Non confrontandosi mai sino in fondo con una realtà ancora troppo difficile da accettare.
Mi sono chiesto molte volte, allora, quali fossero in realtà il vissuto e lo stato d'animo di Luca nel momento in cui diceva le sue bugie. L'assurdità dei particolari , l'inconsistenza delle storie e, soprattutto, la facilità con cui le bugie venivano ritoccate o negate mi davano allora l'idea di una sorta di limbo della sua coscienza. Lui non credeva alle cose che diceva, in sostanza, ma le fantasticava guardandosi scorrere accanto le loro immagini sullo schermo della mente. Sono vere le immagini che scorrono davanti a noi al cinema o in casa davanti alla televisione?
Che non siano vere lo sappiamo, mi dicevo, ed esse occupano tuttavia la mente come se lo fossero. Adempiendo in modo sostanzialmente corretto al compito di tenerle occupate, la mente e la coscienza, tenendo lontani altri pensieri. Perché questo, mi pare, è il compito fondamentale delle bugie dal punto di vista che più qui mi interessa, quello della condizione psicologica della persona che le dice.
Il discorso fatto per Luca può essere fatto anche a proposito delle bugie più strumentali (e più efficaci) proposte dal politico narcisista in difficoltà? Io credo proprio di sì. Occupata per definizione (e per sua sventura) dal culto della sua immagine, la persona che ha tratti narcisistici importanti di personalità mente, abitualmente, allo scopo di negare, a sé prima che agli altri, gli argomenti e le riflessioni scomode, i discorsi che potrebbero mettere in discussione quello che gli è più caro: la bellezza, la forza, la perfezione di quella immagine, appunto, che lo specchio immaginario della sua fantasia e quello, più reale, degli occhi e degli atteggiamenti degli altri che lo circondano gli restituiscono di sé, del suo comportamento e delle sue azioni.
� per questo motivo, credo, che la gran parte delle bugie più efficaci e più evidenti sono dette con quel particolare tipo di buonafede che deriva dalla capacità di stare in una sorta di limbo della coscienza dove il vero dei desideri (o dei sogni) e il vero della realtà si confondono. Dove diventa incerto il confine fra quello che pensiamo e quello che vorremmo pensare, fra quello che vediamo e quello che vorremmo vedere. Come a me pare sia evidente tutte le volte che si ascoltano parlare Berlusconi ed i suoi, da Previti a Castelli, da Bondi a Tremonti, da Giovanardi a Schifani. Di cui direi che si presentano in fondo alle telecamere soprattutto come dei sognatori. Ad occhi aperti ed a cervello ostinatamente chiuso. Per paura prima che per calcolo.
Parlo così per deformazione professionale? Può darsi. Il fatto è che mi sembra sempre più chiaro, mentre gli anni passano, il rapporto che c'è fra i comportamenti più difficili da accettare o da tollerare perché così apertamente lasciano trasparire una patologia grave del senso morale e un nodo antico di sofferenza e di fragilità che contribuisce in modo spesso determinante al loro verificarsi.
Come se mi venisse ormai naturale di vedere, dietro all'uomo che ha bisogno patologico di mentire, il bambino infelice che non riesce a tollerare la durezza della realtà o, per dirla con Bion, la fatica e il dolore del pensiero. Come se facessi difficoltà, insomma, a non vedere Luca dietro Previti che si difende dai suoi persecutori o a Berlusconi che parla dell'Europa cattiva e dei giudici comunisti.
Anche se una differenza c'è, importante, fra Luca e loro perché Luca ha molto meno paura di loro ed ha accettato facilmente quello che è purtroppo inaccettabile per loro: il bisogno di un altro con cui parlare della sua difficoltà e del suo dolore.

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