di Piero Ricca
Il grado di libertà nella circolazione delle notizie segna la differenza fra democrazia e dittatura. Nelle dittature vale solo la verità del potere, nelle democrazie trova ascolto anche l??opinione di chi dissente. Poi ci sono le vie di mezzo, dittature soft o democrazie malate, regimi più o meno evoluti che si avvalgono di collaudate ??tecnologie dell??inebetimento? (la definizione è di Franco Cordero), nei quali le notizie possono essere diffuse liberamente e le opinioni argomentate senza obblighi di autocensura, ma solo in certi ambiti: tavole rotonde in località termali, riviste specializzate di fascia alta, libri a bassa tiratura, corsivi nelle pagine interne di quotidiani di nicchia, rappresentazioni teatrali di taglio satirico, volantinaggi di strada. Ovunque, ma non in televisione, alla radio o sulla grande stampa. Le ??audience? oceaniche vanno intrattenute, non informate: questa è la regola.
Il magistrato Gherardo Colombo ricorda nei convegni di quando fu sottoposto a procedimento disciplinare per aver sostenuto in un??intervista al Corriere della Sera che la famigerata ??Bicamerale? (la sede istituzionale nel quale a metà anni Novanta il buon D??Alema s??era messo in testa di cambiare la Costituzione insieme a Berlusconi) fosse figlia del ricatto incrociato fra gli esponenti politici dei vari partiti, uniti dall??esigenza di mettersi al riparo dal controllo di legalità. Ipotesi discutibile, ma non irreale. Si alzò un polverone per ??lesa maestà? della classe politica, come se la libertà di espressione (cioè di critica) non dovesse valere per un magistrato. Il bello è che Gherardo Colombo aveva a suo tempo sostenuto quelle medesime tesi in un libro, e nessuno s??era stracciato le vesti. Certi suoi critici non ebbero pudore ad affermare che ribadire quelle critiche sul principale quotidiano nazionale fosse, questo sì, intollerabile.
Un fatto analogo è accaduto a Giancarlo Caselli. Per aver scritto in un articolo per La Stampa che l??esito del processo Andreotti non accertava ?? come veniva falsamente sostenuto da più parti - l??innocenza dell??imputato, il quale se l??era invece cavata per intervenuta prescrizione del reato di associazione a delinquere (ritenuto concretamente ravvisabile almeno fino al 1980), fu messo anch??egli nel mirino. Nelle democrazie malate (o dittature soft) le sentenze scomode ?? soprattutto se relative a uomini della nomenklatura - possono essere tranquillamente commentate, ma solo sulle riviste giuridiche. Seguì l??incredibile emendamento contra personam per scongiurare il rischio di vedere un pericoloso galantuomo come Caselli nominato procuratore nazionale antimafia.
Al ??caso Andreotti? ?? il non esaltante apologo dell??uomo di governo più longevo della storia della Repubblica italiana giudicato colluso con la mafia e onorato come padre nobile nonché beatificato come vittima della ??malagiustizia? ?? un recente saggio di Livio Pepino, magistrato di Cassazione, propone un approccio razionale, basato sull??analisi delle sentenze e del loro contesto: un??eresia, rispetlo allo spirito dei tempi.
Pubblicato nell??ottobre 2005 da Ega Editore nella collana ??Chiaroscuri - i libri di Narcomafie?, il volume s??intitola ??Andreotti - la mafia - i processi? con sottotitolo ??Analisi e materiali giudiziari?.
Naturalmente i tenutarii dei principali salotti televisivi si guarderanno bene dal metterlo a tema di un dibattito. Per chi si dà carico di diffondere la suggestione del ??complotto giudiziario?, diventa necessario negare spazio al ragionamento sulla verità dei fatti. In realtà il vero ??complotto? è quello perpetrato da un ceto giornalistico asservito a un sistema di potere profondamente corrotto ai danni dei cittadini italiani e del loro diritto di formarsi un??opinione critica su un tema cruciale: i legami inconfessabili (e in parte accertati in sede giudiziaria) fra politica e criminalità organizzata.
Ecco come Livio Pepino affronta la questione a pagina 59 e seguenti del suo libro. Ho trascritto il brano assaporando il piacere delle sue parole chiare e ferme, così diverse dalle fumisterie e dalle menzogne che ammorbano l??aria.
??? Si è interessatamente smarrito anche il significato delle parole, al punto da confondere ??assoluzione? con ??prescrizione? e da considerare, conseguentemente, liberato da ogni accusa l??onorevole Andreotti. Non essendo pensabile che politici e opinion maker non conoscano il diverso significato dei termini ??assoluzione? e ??prescrizione? e non abbiano letto i passaggi fondamentali delle sentenze, c??è da chiedersi la ragione di questa operazione di occultamento della verità. Sta qui ?? ci pare ?? il problema politico fondamentale posto dalle ultime propaggini del ??caso Andreotti?.
Proviamo ad abbozzare una risposta con alcuni flash.
1 La verità e la politica stanno sempre più imboccando strade diverse e opposte. Lo ha dimostrato in modo evidente, sul piano internazionale, la vicenda della guerra all??Iraq e delle (false) ragioni addotte a sua giustificazione. La logica, anche in questa vicenda, è la stessa: non interessano i fatti ma la realtà virtuale, costruita a beneficio e a vantaggio del potere. C??è chi sostiene, senza pudore, che si tratti di una necessità per mantenere il consenso dei cittadini. Siamo, al contrario, convinti che sia una tappa della trasformazione dei cittadini in sudditti e del deperimento della democrazia. (che smette di essere tale senza trasparenza e verità).
2 Dire che il senatore Andreotti è stato assolto anche in relazione ai fatti anteriori al 1980, significa ?? come, del resto, è stato esplicitamente affermato ?? assolvere un sistema di governo, un modo di fare politica: non solo e non tanto per il passato, quanto per il presente e per il futuro. Significa abbattere il discrimine fra morale e immorale e tra legale e illegale. Se frequentare mafiosi, chiedere e offrire loro favori, discutere con loro financo di omicidi ?? condotte tutte ritenute provate dalla sentenza della Corte di Appello di Palermo ?? è considerato lecito sotto il profilo giudiziario, (come implica il termine ??assoluzione?), e per tale via anche sul piano politico, allora questo può essere un metodo di azione politica e non deve destare scandalo se così fanno o faranno ?? non ieri, ma oggi e domani ?? politici di primo piano nel panorama nazionale e siciliano.
Negli anni scorsi ?? dopo gli omicidi di Falcone e Borsellino ?? è stata l??enormità stessa della violenza a produrre incrinature nel consenso di cui la mafia ha goduto e gode, crisi di antiche alleanze, aperte ribellioni allo strapotere mafioso. Si sono così verificati fatti nuovi e rilevanti: una mobilitazione senza precedenti della società civile; una capacità di rinnovamento della magistratura (dalla ??rivolta? di parte dei sostituti della Procura palermitana all??indomani della strage di via D??Amelio alla scelta del Csm di dare finalmente a quell??ufficio una guida di sicura capacità e di assoluta limpidezza); una crescita di successi nell??azione repressiva (di per sé insufficiente di fronte a un fenomeno come quello mafioso, ma tuttavia significativa). Gli sviluppi delle indagini su Cosa nostra, l??entità del fenomeno dei collaboratori di giustizia (cresciuto in numero e qualità a livelli mai raggiunti), gli arresti eccellenti (dopo decenni di scandalose impunità e connivenze), le ??finestre? aperte sugli intrecci eccellenti e su possibili coinvolgimenti di ??pezzi di Stato? nelle più drammatiche vicende e nei più oscuri delitti della Repubblica sono stati segnali di vulnerabilità della mafia e delle potenzialità di un??azione istituzionale coerente e decisa. Ma la reazione non ha tardato a organizzarsi. E oggi sorde opposizioni all??intervento giudiziario, rumorosi quanto incontrastati rilanci di personaggi indagati per reati gravissimi e martellanti campagne di delegittimazione (ivi compreso il discredito pregiudiziale dei collaboratori di giustizia) lasciano intravedere il riaffacciarsi del metodo, già sperimentato nella seconda metà degli anni Ottanta, che fece precocemente sfiorire la ??primavera i Palermo?.
Dire (credere e far credere) che il senatore Andreotti è stato assolto in toto significa assecondare la diffusa voglia di normalità e ricondurre la mafia a una normale forma di criminalità, simile a quella che si trova in ogni parte del mondo, con la quale convivere (senza disdegnare accordi).
3 Questo costume e questa cultura, ancorché alle porte, incontrano tuttora, tra gli altri, un ostacolo: alcune leggi e chi è chiamato ad applicarle e lo fa con rigore e fermezza. Sta qui un??ulteriore ragione della falsificazione dell??esito del processo, necessaria per proseguire nell??opera di delegittimazione di chi ha doverosamente condotto le indagini (e, insieme, dei magistrati che continuano a credere nei principi di legalità e uguaglianza). L??occasione era attesa da tempo e la posta in gioco non era (non è) la ripresa di protagonismo della politica, ma la rivincita di chi maltollera l??effettiva uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e il controllo di legalità. E?? facile prevedere che, se passerà questo orientamento, non basteranno neppure sentenze di condanna passate in giudicato (non diverse, quanto a ??dovere di rispetto?, da quelle assolutorie) a salvarci dall??affermazione che ??mafia e corruzione non esistono?, che le stragi e i delitti avvenuti in Sicilia e nell??intero Paese sono stati opera di pochi professionisti del crimine o di terroristi isolati, che le tangenti sono il giusto compenso per attività di intermediazione. Ad essere in gioco ?? com??è facile comprendere ?? non è solo il linciaggio di un magistrato o di un ufficio giudiziario (cosa, peraltro, di un qualche rilievo?) ma le regole della nostra democrazia. (?)
Per questo insieme di ragioni chiedere che l??analisi del ??caso Andreotti? avvenga a partire da carte vere e non da carte false è un problema di democrazia e non un inutile (e meschino) accanimento nei confronti di un notabile ormai estraneo ai circuiti del potere reale. Il fatto è che i problemi sottostanti a quel processo riguardano non solo la storia della prima Repubblica (e della sua caduta), ma anche ?? e soprattutto ?? le prospettive della seconda Repubblica che rischia di essere peggiore della prima. A evitare questo esito la lettura dei passaggi fondamentali delle sentenze che hanno scandito il ??processo del secolo?, seppur faticosa (date le frequenti astrusità del lessico giudiziario) può essere istruttiva?.
Livio Pepino
Andreotti la mafia i processi
analisi e materiali giudiziari
Ega Editore, 12 euro