di Maria Grazia Mazzola*
Nei corridoi ti ridono dietro .."Cosa vuoi che sia un computer che scompare..! ". Oppure :"E' normale,nelle redazioni rubano di tutto, anche i computer". Un altro taglia corto :"A me l'hanno rubato l'anno scorso". Sorrisi di circostanza, spallucce e nelle redazioni si tira a campare. Ci sono anche quelli che continuano a scrivere impassibili senza dire una parola, mentre tu ti indigni perche' appena arrivata in redazione, scopri che ti hanno ripulito la scrivaniaâ?ŠPochi protestano ma il comitato di redazione coglie la gravita' dell'accaduto e fa un comunicato duro sull'accaduto.
Nella memoria del mio computer aziendale fisso c'era un ricco e articolato archivio di mafia,di servizi sulla giustizia e la giudiziaria come Tangentopoli, bilancio di ben 12 anni di faticoso, spesso scomodo, lavoro svolto ,con inchieste e dati. Non solo ,ma anche le esperienze pregresse come quelle maturate a Samarcanda, come inviato di Santoro. Quella memoria e' stata violata.
Poiche' ho fatto la gavetta , la domanda viscerale e' d'obbligo : E' NORMALE COSA ? Che ti soffino l'archivio ? Che rubino ? Io trovo gravissimo e l'uno e l'altro.
L'archivio in tutte le redazioni autorevoli e' custodito gelosamente e riservatamente. Che reazione potremmo immaginare se un fatto analogo fosse accaduto nella redazione di Repubblica o del Corriere della Sera o della Stampa ? Siamo meno autorevoli ? E se fosse cosi', perche' ?
Dopo essermi laureta,nel lontano 1984, cominciai a scrivere i primi articoli,collaborando con il quotidiano L'Ora di Palermo, storico giornale impegnato nelle piu' gravi questioni sociali e politiche ,come la mafia.Il collega che ci lavorava ,tempo prima, Mauro De Mauro, non fu fatto sparire per caso.
Volevo imparare e osservavo i cronisti di quella redazione, impegnati a ficcanasare dappertutto per informare i cittadini, per aggiungere sempre qualcosa di piu' che non fosse la mera ufficialita', con quella domanda ossessiva : cosa c'e' dietro le quinte ? Sara' vero tutto cio' che vogliono fare intendere ? E tanti,tanti perche' . Alla base delle inchieste, degli scoop del quotidiano, c'era una sorta di altare dell'informazione che era l'archivio -me lo ricordo bene -custodito gelosamente, tanti cassetti, in cima le lettere dell'alfabeto, per potere scavare, risalire ai personaggi di spicco di Cosa Nostra, agli omicidi pregressi, ai volti noti del mondo della politica. C'era tutto quanto poteva servire al cronista per richiamare la memoria dei fatti. Se avevi le coordinate, con l'archivio risalivi a cio' che cercavi. Diremo che oggi c'e' Internet,ma ,mi spiace, non e' la stessa cosa. I testi, le informazioni, i collegamenti o li metti insieme come mattoni, faticosamente,e te li conservi, o il quadro di certe notizie non lo ricostruisci. Non si puo' accedere sempre a tutto senza fatica : occorre avere consumato tante suole di scarpe e questo Internet non lo puo' offrire.
Guai se nella redazione del quotidiano L'Ora non si rispettava l'archivio, se non lo si arricchiva e custodiva. L'ultimo collaboratore arrivato studiava, osservava come si faceva la cronaca in silenzio senza disturbare i colleghi che dovevano scrivere, evitando le domande , prodigandosi nei giri serali alle questure per chiedere e ficcanasare se ci fosse qualche notizia interessante. Magari una di quelle piccole, all'apparenza insignificante, ma che potevano nascondere un fatto piu' grande ,tutto da scoprire. La notizia si contestualizzava alla luce dei fatti pregressi. Ovvero i precedenti. La notizia ,senza la memoria e la contestualizzazione, equivale a un fatterello.
Ergo : se oggi non ci si cura piu' della memoria ,se le redazioni non sono accuratamente vigilate ne' protette, le questioni sono due. O non c'e' piu' alcun patrimonio informativo da custodire - peggio mi sento se il computer e' stato rubato ad una pletora di colleghi ! - o ,se ci fosse, vorrebbe dire che a Saxa Rubra vige una gravissima noncuranza e leggerezza tale che si e' fatta l'abitudine ai ladri , e i ladri sono di casa .Entrambe le questioni non scherzano .Vanno prese sul serio.
Tanto piu' che sono tempi bui per il giornalismo,in particolare per quello d'inchiesta .Se la memoria scompare - e con essa anche le storie professionali - oggi forse e' ancor meglio perche' entrambe disturbano, evocano la storia di come eravamo,di che cosa ci accadeva. E poi, che noia, quel vizio fastidioso di collegare i fatti pregressi, di raccontare le analogie, di riesumare i vecchi malandrini di una volta che si affacciano ancora nella realta' giudiziaria di oggi,faccendieri, affaristi..politici inquisiti che ritornano,che si ricandidano. Insomma, nello scenario di una storia che spesso si ripete, il giornalismo che si interroga, che ricorda e che racconta i fatti tutti e senza parzialita', e' un grave fastidio per il make-up della faccia del Potere, del suo palazzo e dei ciambellani che lo rappresentano .Il trucco potrebbe sciogliersi. Toglie il sonno.
* Maria Grazia Mazzola, inviato speciale TG1