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Articolo 21 - Editoriali
Censure RAI. Il lento declino del mestiere di giornalista.
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di Salamandra

E?? certo difficile fare il giornalista in questa Italia dominata dal regime oscuro mediatico di Berlusconi, il padre-padrone di tutte le tv!

Eppure alcuni cercano ostinatamente di fare il proprio mestiere ( nella carta stampata ancora ??libera?, a Raitre e TG3, a La 7, in qualche grande network radiofonico privato, nelle agenzie). Ma quando ci si accosta sul proscenio che più viene seguito dall??opinione pubblica, come appunto i grandi spazi informativi TV, allora si assiste al triste spettacolo di giornalisti reticenti, balbettanti, disinformati, soggiacenti agli ospiti ??di potere?.

Il confronto dei minutaggi degli ultimi ??Porta a porta? di Vespa, con ospiti Berlusconi e Prodi, confermano questa tendenza. Professionalmente ??spietati? con lo ??sfidante premier? Prodi, acquiescenti con il Venerabile Cavaliere: 150 domande al Professore di Bologna, solo 53 al Pinocchio di Arcore. Come dire: ?? prego Cavaliere si faccia una domanda e si dia una risposta!??

Ma anche negli spazi meno ??comodi? per Berlusconi si assiste al lento declino del mestiere di giornalista. Basta riavvolgere con la memoria i filmati delle presenze del premier a ??Otto e mezzo?, quello recente e quello di oltre un mese fa, oppure a ??Ballarò?, ad ??Alice?, a ??Radioanchio?, e via di seguito.

E?? come se i professionisti dei media davanti ai leader della politica, che si sfidano senza esclusione di colpi in questa incandescente campagna elettorale, abbiano lasciato a casa appunti, ricerche, documenti, taccuini un tempo zeppi di domande obiettivamente  impertinenti, di fatti e circostanze magari non ??simpatiche?, che in altri tempi invece sarebbero stati utilizzati.

Forse è il prezzo che si paga dopo cinque anni di grigio regime!

Ma è anche il risultato di anni di epurazioni, assunzioni, promozioni, scelte di professionisti sempre più timidi, sempre meno attaccati al ruolo di ??cani da guardia del potere?, come negli altri paesi occidentali a maggiore tradizione democratica vengono definiti i giornalisti, e come l??opinione pubblica si attende di vedere in azione.

Non si tratta, certo, solo dei ??martiri? dell??Editto bulgaro del 2002 che colpì i ??soliti noti?, ma anche dei tanti che operano nel settore dei media e che vivono nelle tenebre, che vagano come zombies da un corridoio all??altro della RAI di Viale Mazzini e di Saxa Rubra, o che passano nelle altre redazioni a ritirare la  quotidiana ??mazzetta? di giornali, quasi di soppiatto, guardati con la coda degli occhi dai loro colleghi chini sulle scrivanie, preoccupati a loro volta di non finire nella ??dark list? degli indesiderati.

Ma se questo è il clima che si respira, allora non basta la testimonianza di movimenti e associazioni come Articolo 21 e pochi altri, c??è bisogno di un colpo di reni da parte anche di quelle istituzioni preposte alla difesa della categoria e della deontologia del mestiere di giornalista. Ma ora, non dopo le elezioni! Allora, infatti, per i sindacati, gli ordini professionali, per le personalità che contano, i direttori e gli editori liberi, sarà troppo facile fare il ??bel gesto? di recuperare i reietti della libera stampa!

E poi si riapriranno davvero gli spazi informativi, dopo tanti vulnus forniti al sistema giornalistico e alla stessa opinione pubblica? Oppure la ??mala pianta? avrà messo tanti e tali radici da non permettere un nuovo Rinascimento nel mondo dell??informazione?

Finora, nonostante sentenze dei tribunali e promesse bipartisan, i più noti epurati sono rimasti lì al confino mediatico: a loro non è neppure permesso di essere ospitati in piccole rubriche radiotelevisive, si chiamino Santoro, Beha, Fini o Freccero, per non parlare dei ??desaparecidos? meno famosi.

Con la crisi dell??economia, della finanza, del welfare state e dei conti pubblici, dovremo quindi fare i conti, dopo il voto del 9 aprile, anche con la ??recessione mediatica?, con l??emergenza informativa in RAI, a Mediaset e in tanti altri giornali.

Non a caso, da un anno i giornalisti non riescono a rinnovare il loro contratto e gli editori fanno la faccia feroce, soprattutto perché al loro interno sono divisi ( come successe per i metalmeccanici!), e perché attendono con impazienza l??evolversi del quadro politico, per capire come schierarsi nei prossimi cinque anni. In pratica attendono di capire  se evolversi in imprese moderne oppure, più strumentalmente, vivere di rendita, sotto il ??tallone di ferro? dell??egemonia berlusconiana in fatto di raccolta pubblicitaria, spazi di inserzioni, quote di vendita e di piccolo cabotaggio tra i rimasugli della torta in mano alle imprese del Venerabile Cavaliere.

Ci resta, è vero, l??esempio di alcuni ??grandi vecchi? del giornalismo libero e indipendente di sempre, come Biagi e Bocca, per esempio: al loro modo piano e documentato, al loro lavoro da certosini, da artigiani quasi rinascimentali, alla loro etica professionale ed umana dovremo ispirarci anche nel prossimo futuro, se vogliamo risorgere dalle ceneri del ??regime mediatico? di questi anni.

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