La  legge elettorale con cui si voterà tra qualche settimana attribuisce ai partiti â?? con esclusione di qualsiasi ruolo delle coalizioni â?? la responsabilità di scegliere non già e non tanto i candidati, quanto i parlamentari in carne ed ossa. Responsabilità inedita, senza precedenti nella storia delle elezioni repubblicane, e assai inconsueta per qualsiasi paese a sistema democratico. Con assoluta libertà di scelta, i partiti si troveranno di fronte ad una alternativa: da un lato la ghiotta occasione di sistemare i problemi al proprio interno, ridefinire i rapporti di forza, e quantâ??altro che conoscono solo loro. Dallâ??altro lato,  la possibilità di porre al centro della scelta il proprio contributo al superamento â?? ovvero allâ??accelerazione â?? di una crisi dellâ??istituto parlamentare, che ha radici non vicine ma che è esplosa in questa legislatura, per usare un eufemismo, istituzionalmente poco sensibile. Câ??è da rimettere in piedi il rapporto tra Camere e governo, per ridare alle prime quellâ??autonomia che è ormai solo nei testi della  vigente - speriamo ben oltre il vicino referendum - carta costituzionale.
Câ??è da ricostruire, nelle Camere, le sede del confronto tra gli schieramenti politici, scomparso in questa legislatura, nella quale il momento delle decisioni è stato sottratto sistematicamente alle aule delle Assemblee. E questo  non solo per lâ??attività legislativa, nella quale sono ormai infiniti, e comunque i più importanti, i testi approvati con una sola votazione in commissione e una sola  in aula, per di più con unâ??espressione sullâ??appartenenza ad una maggioranza di governo anziché sui singoli temi. Câ??è da ridare dignità e prestigio al ruolo di garanzia più alto e delicato che la nostra Costituzione prevede, oltre a quello del capo dello Stato. Il ruolo dei presidenti delle Camere: e non sarebbe male al riguardo che i candidati a questi incarichi, qualora spettassero allâ??opposizione attuale, dessero conto preventivo delle loro intenzioni. Il paradosso di due presidenti, lâ??uno schierato in modo grigio ma esplicito con la propria maggioranza, lâ??altro contemporaneamente capo di un partito, contiene un grado di interessi configgenti che solo il conflitto massimo rende, ai disinteressati alla salute istituzionale, tollerabile. Câ??è solo da ricordare che i costi del parlamento ricadono sui cittadini, e dentro la â??questione moraleâ?� câ??è il ritorno dei medesimi alla destinazione naturale, il funzionamento delle camere. Eâ?? bene ancora ricordare che il criterio del prelievo meccanico dei propri fondi â?? quel che viene chiesto al tesoro, cioè alle casse comuni, viene erogato - ha il suo fondamento nellâ??autonomia costituzionale delle camere: che non ha nulla a che vedere con le novità che hanno via via accompagnato il prosciugamento delle funzioni costituzionali delle stesse Camere. A partire â?? ma non solo â?? da una attività di politica estera dei presidenti in primo luogo, che ha assunto livelli e ambizioni quasi ridicoli. Câ??è da ricordare che ogni attività dei presidenti delle camere svolta nel proprio interesse politico coinvolge comunque segmenti di una struttura amministrativa che, in quei momenti, non sono al servizio del parlamento e divengono di parte. E quantâ??altro: senza dimenticare il serissimo problema della qualità della legislazione, che è direttamente dipendente, oltre dalle ragioni suddette, dalla qualità e dallâ??esperienza dei parlamentari.  Dalle scelte dei partiti con una forte tradizione di rispetto per le istituzioni â?? oltre, naturalmente, dalla conclusione dellâ??anomalia politica italiana â?? dipende in gran parte la possibilità di ristrutturare un edificio istituzionale che è divenuto praticamente inagibile. Un poâ?? di altruismo dei partiti, che in questo caso coincide però con lâ??interesse di tutti, non rafforzerà  forse talune strategie di partito e talune leadership â?? ma è tutto da vedere â?? ma contribuirà a far uscire lâ??Italia da un declino che è istituzionale prima ancora che economico e sociale.