di Stefano Marcelli e Roberto Reale
Quando era ? Ieri, oppure un secolo fa ?Erano i tempi del Caf ( dovremmo dire migliori di questi ? ) e ci si ritrovava quasi in clandestinità o in qualche appartamento romano oppure al centro studi della Cisl , nei pressi di Fiesole. Sì, noi la sera andavamo a Fiesole . E Giuseppe Giulietti era il nostro leader indiscusso , quello strano cronista veneziano che riusciva a mettere insieme vecchi notabili del giornalismo italiano e giovani precari in cerca di esperienze e di assunzione , cattolici ( anzi, democristiani ) e comunisti e socialisti e cani sciolti . Tutti disposti a praticare l'eresia rispetto al partito in nome della cultura della non appartenenza , del trasversalismo , della coerenza a principi inediti come l'indipendenza della professione, la costruzione del servizio pubblico , la tutela dei soggetti deboli . Ne nacque un'elaborazione collettiva che si è poi tradotta nella Carta di Treviso , nella Carta dei diritti e dei doveri della Rai e in tutto quel poco di regolamentazione etica che si è affermata negli anni successivi nelle aziende editoriali e nella categoria italiana.
Diciamolo senza paura della retorica. Eâ?? in quelle serate affumicate dalla pipa di Scaramucci e Ambrosi , dalle troppe sigarette di Zanatta , dalle lucide analisi etiche di Scianò e dalla passione e le riflessioni di tanti , che è nato in Italia il concetto stesso di battaglia per la libertà di informazione. giornalisti uniti dal riconoscimento comune di unâ??idea della professione come servizio alla collettività piuttosto che come strumento di ideologia, di gestione del potere, di personale carriera.
La lunga e intensa segreteria di Beppe all'Usigrai è stato lo strumento di consolidamento e di messa in pratica di una elaborazione teorica che non ha corrispettivi e che anzi si è sempre dovuta scontrare con le resistenze, se non le aperte ostilità , della politica e di alcune istanze corporative anche del mondo sindacale della categoria.
Persone come Walter Veltroni e Giuseppe Vita credo conoscano e apprezzino la comprovata testarda lungimiranza di Giulietti. E lo sanno i suoi eredi al vertice del sindacato Rai , lo sanno tanti colleghi oggi in condizione più o meno fortunata nel sistema dell'informazione italiano.
Noi riconosciamo ufficialmente questo debito come dirigenti di Information Safety and Freedom , un'associazione che si occupa di libertà di stampa nel mondo in assoluta autonomia rispetto a quell'impegno politico che invece Beppe ha privilegiato , ma che non c'è dubbio è uno dei molti figli di quell'antica esperienza più che ventennale.
Ora dobbiamo constatare che tutto questo patrimonio , che è collettivo, ma che fa capo storicamente all'individualità di Giuseppe Giulietti , non solo non viene riconosciuto , ma rischia di venire espulso con disinvoltura dalla rappresentanza parlamentare della sinistra italiana. Se ne potrebbe trarre una conclusione retoricamente consolatoria : Il gruppo di Fiesole è ancora scomodo , dunque è ancora vivo. ma la retorica non è mai stato il nostro terreno. La riflessione è allora un'altra, opposta : il mondo della politica è ancora ostile alla cultura di un'informazione indipendente , concepita come servizio ai cittadini. E' un'amara constatazione con la quale, purtroppo, di questi tempi non tocca solo a Beppe e a noi suoi antichi compagni di strada, fare i conti.