di Ugo Onelli
Basterebbe leggere l??articolo di Dario Di Vico sul ??Corriere della Sera? del 5 marzo per capire quali sono stati gli interessi e quali le vere ragioni dello scontro che, con un gioco al massacro, ha addirittura messo in pericolo la credibilità della Banca d??Italia, una delle poche istituzioni ritenute efficienti ed autorevoli sul piano nazionale ed internazionale.
Dopo l??intervento del neo Governatore al Forex del 4 marzo a Cagliari, definito il ??manifesto di Draghi?, Di Vico afferma ??che potremo dire con piena consapevolezza che tutto cominciò con la staffetta Fazio ?? Draghi??..che quasi niente sarà più come prima?.
Si sono quindi scontrate due concezioni, che avrebbero dovuto da tempo essere oggetto di una scelta da parte della politica per identificarne una utile al sistema Paese; si doveva da tempo evitare che un vuoto di potere fosse occupato impropriamente da Fazio e da chi, dietro le quinte con compiacenza, nella politica e nel mondo dell??impresa aveva interesse a difendere un sistema creditizio tanto clientelare quanto inefficiente e, spesso, dopato. Il governatore di Alvito, in presenza di colpevoli negligenze e volute distrazioni, ha potuto decidere che la Banca d??Italia da responsabile della solvibilità del sistema bancario divenisse man mano garante (a volte chiudendo un occhio) della stabilità del capitalismo italiano, come ha rilevato Giacomo Vaciago sulla rivista de ??Il Mulino?.
Dalle intercettazioni telefoniche, che lasciano qualche interrogativo in quanto effettuate dal guardia di finanza (organo di polizia giudiziaria sottoposto al Ministro Tremonti, un nemico storico di Fazio), si è reso evidente un peccato di familismo del governatore. Una strategia della Banca d??Italia, portata avanti a volte anche contro i giudizi dei suoi organi tecnici, non si è a suo tempo opposta (non a caso) da una parte alla scalata di Consorte e dall??altra ai disegni di Fiorani che, da quanto si evince dalle indagini in corso, non era altro che un piccolo Sindona (senza averne la sua ??genialità?) protetto fino all??ultimo da Berlusconi.
I comportamenti di Fazio, veri o presunti, sono stati il pretesto per farlo dimettere e, cosa molto più importante, sia per cambiare le regole di nomina del Governatore, sia per mettere in discussione la linea di difesa dell??italianità del sistema creditizio e avviare quella di una maggiore fluidità e permeabilità degli assetti proprietari delle banche utile ad un capitalismo aperto e globale.
Sarebbe, a questo punto, necessario capire come in questa nuova prospettiva si potrà rispondere ad ??una sincera (e condivisa) preoccupazione di non lasciare indifese le imprese italiane? anzi di come accompagnarle ad una sfida internazionale più alta senza produrre disastri sociali.
La nuova era della Banca d??Italia si è avviata con la nomina di un nuovo Governatore la cui designazione, che ha avuto largo consenso, è stata resa possibile dal ruolo decisivo ed attento della Presidenza della Repubblica, dopo aver rischiato anche l??indicazione da parte del governo Berlusconi di un personaggio dello ??spessore? del prof. Brunetta.
E?? stata varata solo una parziale riforma che interviene sulla ??governance? della Banca Centrale. E?? necessario proprio per non minare autonomia, indipendenza ed efficienza della Banca Centrale, tenere alta l??attenzione sulla riforma degli assetti proprietari dell??Istituto di Via Nazionale e sui criteri di nomina dei membri del Direttorio. Si eviterebbero così improprie invasioni di campo della politica che, almeno da quanto è emerso dai rumor di palazzo Koch, ha sponsorizzato, con Alemanno, il Vice Direttore meno dotato per competenza e credibilità internazionale alla carica di Direttore Generale.
Sarebbe opportuno prevedere il vincolo della sola via interna per la nomina dei membri della Direzione Generale sia per garantire un bilanciamento di poteri ed l??autonomia in un organismo che deve prendere decisioni collegiali con il Governatore, sia per reperire dal mercato del lavoro quelle altissime professionalità utili ed indispensabili a garantire continuità alla efficienza e credibilità di una delicata istituzione.