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Articolo 21 - Editoriali
Da Tunisi a Doha: lo scenario del digital divide
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di Bruna Iacopino

Dopo il fallito Forum di Tunisi, ecco che si cambia meta, per affrontare lo stesso argomento ma spostandosi più ad est. Questa volta, lo scenario del digital divide è emerso durante la riunione plenaria dei paesi partecipanti alla Conferenza sullo Sviluppo Globale della Telecomunicazione, in corso a Doha nel Qatar. L'appuntamento, promosso dalla International Telecommunication Union ha visto la partecipazione di circa 600 funzionari e ministri provenienti dal medioriente, dall'America del Sud, dall'Africa e dal continente asiatico.
Il Forum, partito il 7 marzo e che si chiude domani, non aggiunge nulla a quanto già era un dato di fatto, ovvero, la distanza che esiste tra un mondo occidentale sempre più tecnologizzato e la realtà dei paesi poveri, tagliati fuori da questo circuito comunicativo. Il vero ostacolo allo sviluppo di questi paesi, secondo quanto sostiene lâ??ONU, sta proprio nella carenza dei sistemi comunicativi. Dunque, i partecipanti, auspicano di portare internet a tutte le popolazioni del mondo entro e non oltre il 2015.
I progetti presentati riguardano soprattutto i paesi della Lega Araba, dove i cittadini connessi ad Internet sono unâ??esigua minoranza: la richiesta è quella di ottenere un referente internet per il mondo arabo che sia svincolato dalla dipendenza nei confronti di Stati uniti ed Europa.
Ma realmente il divario tra paesi sviluppati e paesi sottosviluppati passa attraverso lâ??eliminazione del digital divide? Dove mettere allora i casi di censura della libertà di espressione e di informazione che si registrano in buona parte dei paesi del medio e dellâ??estremo oriente, unitamente a molti paesi africani?
Lâ??Iran si è subito detto favorevole alla nascita di un Hub mediorientale e si è proposto per questo ruolo, ma, come non ricordare, a questo punto, che, proprio in Iran, la libertà di espressione è severamente repressa, quando non pnita con vere e proprie pene detentive?
Il divario non è di carattere tecnologico ma ben più serio: si tratta del mancato rispetto di diritti civili e umani, in ogni campo e in ogni realtà, primo fra tutti la libertà di pensiero e di espressione, la libertà di dissenso.
Emblematico, ma non unico, il caso della Cina, con il suo folto numero di cyberdissidenti. La Cina opera in termini di censura sistematica su internet, ma non è la sola, lo stesso succede in Arabia Saudita, Azerbaïdjan, Kazakhistan, Kirghizistan, Ouzbekistan, Tadjikistan,Turkmenistan, Birmania, Corea del Nord, Cuba, Iraq, Iran, Libia, Sierra Leone, Sudan, Siria, Tunisia, Vietnam e Bielorussia.
Ed è di queste ore la notizia, ancora non confermata da fonti ufficiali ma riportata da Punto informatico, secondo cui, il presidente Aleksander Lukashenko, ha deciso di chiudere i domini internet privati, mantenendo attivi solo quelli legati alle istituzioni o alle imprese in funzione di un controllo totalitario sullâ??informazione e sulle libertà individuali, nella logica della conservazione del potere che non prevede alcun tipo di dissenso.
Come si puo pensare allâ??eliminazione del divario senza prevedere lâ??applicazione sistematica delle libertà fondamentali dellâ??uomo?
La creazione di un Hub mediorientale, ma interamente controllato dalle istituzioni, rischia di aumentare il divario, anzichè diminuirlo.

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