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Articolo 21 - Editoriali
Martino come Rumsfeld e Berlusconi come Bush: «Ma da noi chi paga?»
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di Pasquale Cascella

da L'Unita'

Antonio Martino deve essersi sentito nei panni di Donald Rumsfeld e Silvio Berlusconi in quelli di George Bush, ieri, quando si sono trovati faccia a faccia per concordare come affrontare le scomode interrogazioni dell??opposizione. Ieri, al Senato, il governo si era dato letteralmente alla latitanza. Ma oggi, alla Camera, non lo potrà fare: in calendario c??è il tanto disprezzato question time, e il centrosinistra ha concentrato le sue richieste di risposta immediata proprio sullo sconvolgente risvolto della violazione dei diritti umani che lambisce la missione italiana. I ben informati dei segretimaneggi del premier raccontano del panico diffusosi nella residenza privata di fronte alle anticipazioni del Tg3 dell??intervista della vedova di uno dei caduti di Nassyria. Martino sarebbe stato accolto da Berlusconi con la fatidica domanda che, in questi giorni, imperversa negli Usa e in Gran Bretagna: «Chi paga?». Ora non solo Gianfranco Fini, che poco prima si era abbandonato a un irridente «Non capisco bene su cosa dovrebbe riferire il governo, dato che non era informato»,ma tutta la maggioranza comincia a rendersi conto che una linea così pilatesca e opportunista rischia di trasformare il premier, prossimo alla missione di Washington, nel «migliore amico» del «tradimento» del carattere umanitario della missione italiana. Ma se la linea non può più essere quella, nemmeno il governo sembra disposto a redimersi, se è vero che a palazzo Grazioli si sia addirittura ipotizzato di rivoltare sulla vedova del maresciallo dei carabinieri Massimiliano Bruno l??onere della prova («Avrà mica una lettera, una mail, una fotografia?»), pur di continuare a sostenere che il governo non sapesse assolutamente niente. Come se già questo atteggiamento non fosse una dimostrazione di insipienza e di subalternità. Tant??è. L??unica cosa che il ministro Martino oggi non potrà fare è di accusare di «malafede» la vedova di un «eroe» diNassyria, tale anche per aver onorato la missione umanitaria denunciando ai propri superiori lo squallore di prigionieri «trattati peggio degli scarafaggi». Come è stato fatto, con una sequela di ignobile offese («Hanno perso la testa», «Sono dei mascalzoni», «Antitaliani » e quant??altro), per tacitare Piero Fassino, Francesco Rutelli e tutti gli esponenti del centrosinistra che avevano già sollevato la questione cruciale se il governo italiani si sia in qualche modo (anche per disattenzione o ignavia) reso complice dei crimini di tortura consumati dal regime di occupazione militare dell??Iraq.Nel corso della giornata il coro è cresciuto con tale veemenza da far sospettare che in tanto sprezzo si volesse coinvolgere lo stesso presidente della Repubblica, che a sua volta aveva dato voce al «turbamento » e al «disgusto» degli italiani per quei «comportamenti lesivi della dignità umana». Sicuramente, l??offensiva non risparmiava il presidente della Camera, Pier Ferdinando Casini, e il partito di cui è nume tutelare, l??Udc, da cui si sono levate qualche timida espressione di indignazione per le «ombre» proiettate sulla missione italiana. Prova ne sia che Gianluca Volontè ha dovuto respingere come di «cattivo gusto, ancorché comiche» le «lezioni» che i vari La Russa e Gasparri, della corrente berlusconiana di An, hanno inteso impartire a Marco Follini per l??apertura al confronto parlamentare con l??opposizione. «Nonmi sembra un??insidia, se - ha detto il leader dell??Udc - l??opposizione non lo affronterà come se fosse in piazza, e l??opposizione con la dovuta unità». Ma l??insidia potrebbe essere a rovescio, visto che l??opposizione sta recuperando la sua unità sull??alternativa secca tra la svolta e il ritiro da verificare prima che Berlusconi parta per gli Usa, mentre la maggioranza rischia di perderla sulla pregiudiziale di restare comunque in Iraq dopo il 30 giugno. Ieri Casini ha confermato che il dibattito parlamentare sulla missione ci sarà, anche se restano da decidere le modalità e i tempi, e ha auspicato che «non sia una resa dei conti tra maggioranza e opposizione, perché nessuno può fare la campagna elettorale sulle spalle dei nostri soldati in Iraq». Chissà se anche questo monito non debba essere letto a rovescio.

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