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Articolo 21 - Editoriali
Iraq: indebita violenza o politica iniqua?
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di Pino Finocchiaro

??Incidenti del genere sono inevitabili nel calore della battaglia, per cui il biasimo ne tocca, semmai, a coloro che provocano le guerre, non a chi le combatte?.

Così l??annuario di storia militare australiana della prima guerra mondiale commentava un tragico episodio occorso a Ypres nel ??17 quando una pattuglia di fanteria australiana aveva sterminato per errore alcuni soldati tedeschi che stavano per arrendersi. L??episodio è citato nel capitolo che John Keegan dedica ai casi di ??indebita violenza? nel manuale ??Il volto della Battaglia? destinato ai cadetti di sua maestà britannica sul quale si sono formate generazioni di ufficiali del Regno Unito, inclusi alcuni rampolli della casa regnante.

L??analisi di Keegan è di estrema attualità nel momento in cui l??occidente discetta sulle responsabilità dell??indebita violenza, costata in molti casi la vita, inferta a migliaia di prigionieri iracheni dopo la ??liberazione? dell??Iraq da parte delle forze della coalizione guidate dal liberatore capo George ??Doppiovu? Bush e dal suo vice Tony ??Lib-lab? (più lib che lab) Blair.

Perché, mentre noi occidentali discettiamo nel tepore delle nostre belle città euroatlantiche,  le teste dei nostri figli ?? che si chiamino Quattrocchi o Berg, è lo stesso ?? esplodono o cadono recise tra le mani assassine di chi vuol farci pagare il prezzo di una guerra che gran parte degli Europei e dei Nord Americani non ha mai voluto e contro la quale in molti si è scesi in piazza, pur non essendo pacifisti stretto senso.

Chi come il sottoscritto, o il candidato democratico alla Casa Bianca John Kerry o l??ex candidato Wesley Clark ha indossato una divisa con responsabilità operative su scenari reali e condivide l??uso legittimo delle armi non è certo un obiettore di coscienza.

Bensì abbina la coscienza alla conoscenza, la ragione e l??esperienza, per dire che Bush ci ha ficcati in un ombroso culo di sacco nel quale sarà sempre più difficile far luce sulle circostanze che differenziano un doveroso uso della forza dall??indebito esercizio di una gratuita violenza fisica o psichica che sia.

??Se spingi un uomo ad ammazzare non puoi fermarlo di punto in bianco come se si trattasse di una macchina? afferma lo storico ed ufficiale in congedo Guy Chapman citato ancora da Keegan parlando di un??altra esecuzione sommaria subita in Italia nella seconda guerra mondiale da un ufficiale tedesco ad opera di un sottufficiale britannico distintosi per eroica umanità durante il terremoto di Messina. I nostri padri, da Sant??Anna di Stazzema alle Fosse Ardeatine sino alle Foibe triestine, sanno bene di cosa parlino Chapman e Keegan.

In Iraq c??è guerra, non pace. I nostri militari in Iraq affrontano un conflitto non uno stato di quiescente belligeranza. Un conflitto vero con quotidiani morti e feriti, con lacrime e sangue. In una sola battaglia, stamani, sono stati uccisi 25 miliziani iracheni. La media dei morti sullo scenario globale del secondo conflitto mondiale era di 2000 morti al giorno. Fatte le debite proporzioni, questi sono numeri da guerra di teatro non di pacificazione armata.

A che serve interrogarsi se la soldatessa England sia responsabile per non avere avvertito il condottiero Bush che nelle ore libere dal servizio portava al guinzaglio un prigioniero iracheno piuttosto che un fox terrier?

A che serve chiedersi se effettivamente un fuciliere inglese si sia preso la licenza di orinare su un altro prigioniero iracheno senza avvertire il vice condottiero Blair?

A che serve chiedersi se l??eroico biologo del Ris, Massimiliano Bruno, sia morto dilaniato non solo nel corpo ma persino nell??animo per non aver potuto fermare le violenze che i poliziotti iracheni infliggevano ai loro fratelli imprigionati senza averne potuto parlare col semi-immortale premier italiano, Supersilvio Berlusconi?

I morti meritano silenzio e rispetto. E se la vedova di un eroe dell??Arma rompe la secolare consegna del silenzio, è col medesimo rispetto che dobbiamo accogliere il suo grido di verità e dolore.

Perché Massimiliano Bruno è un eroe italiano non per come è morto ma per come è vissuto, perché non ha abbandonato neppure per un attimo la sua coscienza di scienziato, né le ragioni profonde che del suo essere cittadino italiano e professionista nei Carabinieri, usi a servir tacendo e tacendo morir.

L??investigatore scientifico Massimiliano Bruno era in Iraq per condurre la polizia irachena ad un salto di civiltà. Una civiltà nella quale l??evidenza della prova vanifica qualsivoglia reticenza o falsa testimonianza.

La chiarezza cristallina, trasparente e immune della prova contro le testimonianze estorte con metodi coercitivi, che vecchi nuovi sempre nella barbarie ci precipiterebbero.

Il maresciallo Bruno era lì per insegnare a coltivare la verità piuttosto che a imporre una versione dei fatti. Ed ha pagato questo suo eroico amore per la verità con la morte.

Il maresciallo Bruno, probabilmente, non s??aspettava di morire a Nassiriya, pur comprendendone il rischio. Bruno, s??è confidato con la moglie, perché non voleva che a Nassiriya potesse morire, anche solo per un attimo, la sua umanità, la sua dedizione alla verità.

Perché è l??umanità l??arma migliore degli italiani sugli scenari di guerra, da sempre. Sono stato in Kurdistan e a Sarajevo con gli alpini, i parà, i carabinieri, i piloti che sfidavano la morte ?? ed alcuni di loro effettivamente l??hanno incontrata sia in Bosnia che in Iraq ?? per condurre viveri, coperte e medicine a nugoli di diseredati, senza terra e senza tela, senza casa e senza famiglia. Mi sono specchiato nella loro umanità che è la mia umanità, la nostra umanità.

Questi soldati meritano il nostro apprezzamento e il nostro rispetto. Punto.

Il tentativo di dire che il Governo Italiano non sapeva è un??offesa al loro quotidiano eroismo.

L??intervista del colonnello Carmelo Burgio al Corriere conferma che le violenze nelle prigioni di Nassiriya avvenivano e che i nostri carabinieri hanno combattuto una guerra segreta per ridare dignità a quegli uomini nudi e in catene alla mercé di topi e uomini-lupi famelici e immemori.

Ha ragione Ciampi, i nostri carabinieri non dimenticano Beccaria, lo hanno difeso anche con le armi in pugno come ci ha rivelato il colonnello Burgio e sempre lo difenderanno.

Quelli che non sanno, quelli che si stupiscono, quelli che non leggono o leggono troppo in fretta e distrattamente i rapporti di Amnesty e della Croce Rossa sono i nostri governanti.

I politici che hanno voluto una guerra che il premier pensava di combattere a suon di barzellette come ha fatto a White Horse che ancora piangeva i militari italiani uccisi a Nassiriya e dove la sabbia non aveva asciugato del tutto il sangue dei prigionieri iracheni torturati e uccisi dalle forze della coalizione prima che gli italiani ne prendessero il posto con la loro carica di umanità, di scienza e coscienza, di ragione ed esperienza.

 

 

La stesa che ha animato sino all??ultimo istante il biologo Massimiliano Bruno che nulla poteva contro tutto ciò. Prima di morire ha affidato l??esile fiammella della memoria alle cure di una moglie che soffre nel sentirsi vedova di uno scienziato. E quello, invece, le parla ancora nelle notti insonni, quando cambia casa affinché i fantasmi non ghermiscano il riposo dei suoi figli.

Pina Bruno ci ha consegnato questo ricordo che i politici del governo pro-tempore vorrebbero cancellare e offuscare per non rispondere delle responsabilità che stanno in capo a chi pretende lo scettro del comando senza assumersi la responsabilità, quanto meno, di sapere.

Si terranno dibattiti e scontri politici. Ma la lezione di Massimiliano Bruno è semplice, non rinunciamo mai alla verità, benché scomoda. C??è chi è morto per difenderla, altro che barzellette. 

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