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Articolo 21 - Editoriali
Rai2, cronaca di un fallimento annunciato
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di Stefano Munafò*

Non avverrà la seconda infornata di nomine che il dg della Rai aveva a suo tempo programmato. ??Le nuove nomine possono aspettare. Non c??è tanta fretta?. Lo ha dichiarato lo stesso Flavio Cattaneo, in quel di Bagnaia, al convegno giovani -editori. Non ci saranno in particolare, per ora, nomine editoriali ha fatto capire Cattaneo. Con evidente allusione a Rai3 e alla rimozione ventilata di Paolo Ruffini. Ma con ammissione implicita delle difficoltà in cui il dg si è cacciato.

Siamo in campagna elettorale e Cattaneo sembra costretto a prendere atto di un contesto politico che per lui sta diventando difficile. Lo stesso contesto pre-elettorale era in realtà già in vigore una settimana fa, al varo della prima infornata. Ma da allora qualcosa è cambiato. Forse, per le preoccupazioni sopravvenute della Udc e da parte di ambienti autorevoli e istituzionali. Forse, per le forti reazioni politiche che hanno seguito le dimissioni di Annunziata e che hanno finito per allarmare lo stesso Cav.

Cattaneo si è affannato in questi ultimi giorni a rassicurare tutti, a spargere acqua sul fuoco da lui stesso appiccato e a rivendicare i ??suoi? risultati aziendali. La Rai sta in ottima salute, lo testimoniano il bilancio e gli ascolti. Involontariamente, il dg finisce così per sollevare nuovi dubbi in sede politica. Se tutto in azienda va così bene, che bisogno c??era di rivoltare la Rai come un calzino?

Il bisogno, evidentemente, non era di stretta natura aziendale.

Ma siccome il dg (al di là del nominificio e delle prurigini censorie) insiste sui risultati positivi della sua gestione, è giusto procedere con il beneficio di inventario, cominciando dai dati del bilancio. E?? vero che la Rai ha registrato per il 2003 un leggero utile in attivo. Ma è un margine così stretto, appena sopra il pareggio, che, come gli esperti di cose Rai sanno, basta agire su una serie di leve per conseguirlo. Basta, ad esempio, portare (così come è avvenuto), gli ammortamenti per gli onerosi acquisti di cinema americano, da tre a cinque anni spalmandoli su un arco di tempo più lungo. E così via. Ma non è questo il punto.

Il fatto è che, quando si parla di risanamento strutturale dell??azienda (fuori da ogni mistificatoria rivendicazione personalistica), bisogna ammettere che esso non è affatto avvenuto miracolisticamente nel corso dell??ultimo anno. E che Cattaneo non c??entra. L??avvio del risanamento risale al Consiglio dei Professori presieduto da Claudio Demattè (1993??94) e successivamente al CdA di Letizia Moratti (1994?? 96). Furono questi due personaggi di valore (e di orientamenti politici diversi), coadiuvati dall??identico responsabile per la finanza, Renzo Francesconi, ad azzerare il fortissimo indebitamento in cui versava la Rai in quegli anni e ad avviare un rilevante contenimento dei costi fissi. Con forti e traumatiche riduzioni degli organici e con il monitoraggio continuo dei costi di produzione. Politica continuata con fermezza da Pier Luigi Celli (che all??epoca di Demattè era stato, non a caso, direttore del personale e ispiratore della politica del CdA di allora) e da Claudio Cappon, poi. Se la Rai degli anni successivi sino ad oggi è ritornata un??azienda sana e in pareggio con i conti, lo si deve sostanzialmente a questi personaggi della sua storia recente.

Eliminati i debiti e messi sotto controllo i costi, alla Rai di oggi non resta che gestire con accortezza le sue entrate fisse. Nessuna azienda può, infatti, contare sul privilegio di introiti certi da canone. E la stessa pubblicità, con alcuni margini di oscillazione, resta anch??essa un??entrata semi-certa, considerata l??esistenza dei ??tetti? che meccanicamente regola i flussi di una sostanziale divisione della torta pubblicitaria tra Rai e Mediaset. A perfezione dell??intangibile duopolio vigente.

Il problema della Rai, almeno nell??attuale congiuntura, non è dunque quello del pareggio del bilancio. Il problema Rai è che l??assetto più lottizzato di tutti i tempi esprime oggi la programmazione più commerciale di sempre. E le caratteristiche, anche personali, di questo dg e del suo gruppo di collaboratori, sono state congeniali per questi risultati. Per assenza di un minimo di autonomia dalle forze politiche e, insieme, per dipendenza a-critica e a-culturale dalla dittatura dell??auditel.

E veniamo ora agli ascolti, che per la Rai in questa stagione sono aumentati. Ma solo a Rai1 e in particolare nel prime-time. Merito di Cattaneo? Sicuramente è ascrivibile a lui la vicenda Bonolis. Nel bene e nel male. Nel bene, perché Affari Tuoi ha messo in crisi Striscia, che aveva assicurato un bonus di ascolto ai palinsesti di Canale5 lungo quindici anni. Ora questo bonus è passato dal Biscione a Rai1. Nel male, perché questo è avvenuto nel segno della commercializzazione più spinta. Come la vicenda della ??distribuzione dei pacchi?, simbolicamente rappresenta (unitamente con l??intervista a Donato Bilancia, nel particolare contesto di Domenica In).

Si sono salvati, anche nello stile, alcuni ??eventi del varietà?, come quello di Fiorello. Ma la politica degli eventi di spettacolo risponde a una lunga tradizione della Rai dei Ballandi e dei Saccà, che non è stata certo inventata da Cattaneo. Merito anche della fiction, che lo stesso Saccà (con furbastre ??tentazioni? censorie nel caso sinora isolato De Gasperi-Cavani) ha comunque avuto l??accortezza di programmare e di produrre sulla scia della eredità costruita in passato prima da Sergio Silva, e poi dal sottoscritto.

Di Rai3 c??è solo da dire (sempre citando Berlusconi jr) che è ??l??unica rete della Rai che svolge con successo il ruolo del servizio pubblico?. Ma è anche l??unica rete che è stata osteggiata, con modalità neppure tanto velate, dalla direzione generale. Forse per via di Ballarò.  Forse per via dell??autonomia e della serietà del suo direttore. Altrimenti perché progettare la sostituzione di Ruffini? Si dice che Rai3 abbia un pubblico prevalentemente anziano. Ma questo è un problema annoso, che riguarda in parte anche la fiction e la più parte dei programmi di Rai1.

Le cose appena scritte, misurano invece la gravità del fallimento editoriale di Rai2.

Doveva essere, infatti, Rai2 l??altro polo televisivo Rai del rinnovamento rispetto a Rai1.

Carlo Freccero aveva capito che al tradizionalismo, all??appiattimento ??familistico? e alla standardizzazione di Rai1 andava contrapposta una rete diversa, più ??creativa?, ma non minoritaria. Un po?? sulla tradizione e lo stile della Rai2 antica (quella di Arbore de ??L??Altra Domenica? e di ??Quelli della Notte?). Un po?? sulla scia di alcune invenzioni di Angelo Guglielmi a Rai3. Ma anche con moltissimo di suo e con una forte capacità, insieme, di inventare formule e personaggi e di produrre molti errori. La Rai2 di Freccero era così diventata la rete italiana più brillante. Il suo scettro è ora passato a Italia1.

Antonio Marano ha voluto, infatti, spezzare questa tradizione, cambiando radicalmente strada. Sin dall??inizio ha puntato sui reality-shows e sui cloni del Grande Fratello. Ha conseguito così, in un primo momento, il grande successo de ?L??isola dei famosi?. Ma ha anche così assestato la rete all??inseguimento velleitario delle reti commerciali, come dimostrato dai cloni successivi. Poi gli hanno scaricato addosso le fiction meno riuscite (Marano però ha avuto il grande torto di rifiutare la Meglio gioventù) e molti b-movies americani di basso rendimento. In aggiunta (pensate, in sostituzione di Santoro) gli hanno imposto, per lungo tempo, la tassa fuggi-ascolto di Socci. Sino al suo recente e inopinato esilio a Perugia.

La verità è che il dg è oggettivamente responsabile della situazione di crisi di Rai2. Per mancanza di una strategia autonoma per questa rete. Una strategia che non la veda solo complementare e subalterna a Rai1. Così, come ad esempio, è avvenuto col sacrificio del Tg2 di Mauro Mazza sull??altare della trasmissione dei Pacchi. Ma la vera mossa trascendentale di Cattaneo, a livello editoriale, è stata quella di nominare in questa situazione di crisi, al posto di Marano, un certo Massimo Ferrario, ex presidente della Provincia di Varese, poi posteggiato al centro di produzione di Milano e che tutti dicono digiuno di programmi televisivi. Qualcuno pensa che il suo compito sia quello di trasferire Rai2 a Milano. Molti ritengono che Rai2, ancora prima di allora, sarà già entrata in coma.
*editorialista di .Com

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