di Pietro Nardiello
Dinanzi ai cancelli della ditta DSM spa, l’azienda farmaceutica di Capua, dove sabato mattina sono morti tre operai, uccisi dalle esalazioni di azoto mentre lavoravano in un fermentatore a smontare un ponteggio, vi è solamente silenzio. E’ difficile, anche per il passante più attento, carpire qualche elemento che possa ricondurre alla tragedia di sabato. Gli unici tre manifesti di lutto sono stati collocati su un muro laterale e non sui cancelli di ingresso.
Anche questo elemento ci aiuta a comprendere come si sia avviata, immediatamente, l’azione di controinformazione dell’azienda. Nemmeno un fiore, uno striscione da parte dei sindacati, nessuna indignazione da parte della popolazione. Da queste parti un posto di lavoro va semplicemente difeso e il principale idolatrato: “Dottore, ci dovete capire, a casa abbiamo le famiglie che ci aspettano, dobbiamo portare lo stipendio”. Non aggiungiamo nulla di nuovo perché, oramai, tutti sono a conoscenza di questo continuo ricatto, ribellandosi si incorre nel licenziamento che ti obbligherebbe a percorrere le strade dell’illegalità pur di sopravvivere.
Così mentre si attendono i risultati delle tre autopsie, annottiamo le dichiarazioni del responsabile alla sicurezza dell’azienda, Luca Rosetto, che afferma come “…la multinazionale sia inserita nella top five per quanto riguarda il rispetto della sicurezza” e che “le vittime erano assolutamente a conoscenza delle operazioni che vengono eseguite nello stabilimento e delle procedure di sicurezza che vengono applicate”. Una circostanza confermata anche dal sindaco di Capua, Carmine Antropoli, che ha parlato di “errore umano”.
Solamente errore umano mentre i 21 avvisi di garanzia notificati dalla Procura di S.Maria C.V. fanno pensare a tutt’altro.