di Marco Travaglio
Non basterebbe un plotone di neuropsichiatri, né un manipolo di criminologi, per spiegare le reazioni della Casa della Libertà Provvisoria alla nomina di Francesco Saverio Borrelli a capo dellâ??Ufficio indagini della Federcalcio. Reazioni decisamente più dure di quelle che avrebbero accolto la nomina di Al Capone. Il fatto è che, per la prima volta nella sua storia, il calcio italiano scivola via dalle mani della politica, che fin dai tempi del Duce lâ??aveva sempre usato come â??instrumentum regniâ? e gestito come il cortile di casa. Scivola via, il calcio, e si dà un vertice totalmente sganciato dai partiti. Il commissario Guido Rossi e il procuratore Borrelli sono due marziani: hanno unâ??età , una storia, un prestigio, un peso specifico e un orgoglio financo un poâ?? snobistico della propria autonomia da garantire assoluta libertà di movimento, al riparo da ogni condizionamento, ammiccamento, accomodamento. Con due così, lâ??italica arte della strizzatina dâ??occhio, del darsi di gomito, dellâ?? â??aumma aummaâ?, del ricattuccio non attacca. E tanto basta a spiegare lo sgomento di chi quellâ??italica arte ha elevato a programma di vita e poi di governo. Quelli che tuonano contro Borrelli sono gli stessi che 12 anni fa volevano Previti ministro della Giustizia e 10 anni fa avevano pronto un collegio sicuro per Dellâ??Utri e uno per Squillante (il primo fu eletto, il secondo fu arrestato appena in tempo). Pretendere da questa gente un giudizio sereno su Borrelli è come stupirsi se la Banda Bassotti detesta il commissario Basettoni. Lâ??idea, poi, che a guidare le indagini sul calcio sia uno che sa guidare le indagini getta gli intoccabili nel più cupo smarrimento: allâ??ex procuratore di Milano avrebbero preferito di gran lunga un procuratore della Gea.
In fondo, bisogna capirli. Già duramente provati dalle indagini sui furbetti, dalle elezioni politiche, dalla cattura di Provenzano, dallâ??arresto di Previti e dalla condanna di Vanna Marchi, stanno vivendo come un incubo questa strana aria di legalità che si respira da qualche settimana. Il centrosinistra non câ??entra, anzi: Prodi aveva pensato bene di offrire la Federcalcio a Gianni Letta, il quale ci aveva fatto la grazia di declinare, e solo a quel punto era saltato fuori Guido Rossi. Quel che si dice, per la politica politicante, un marziano. Un odioso e odiato â??moralistaâ? che parla di «etica negli affari» e «conflitto dâ??interessi», e che con la sinistra ufficiale câ??entra poco o nulla (basti pensare alla sua fiera opposizione alla scalata Unipol a Bnl e allâ??immortale battuta sulla «merchant bank» di Palazzo Chigi ai tempi di Dâ??Alema). Esattamente come Borrelli, protagonista di epici scontri con il centrosinistra ai tempi della famigerata Bicamerale e delle leggi-vergogna della legislatura dellâ??Ulivo. Per questo Berlusconi li detesta: sa benissimo che la sua litania sulla «sinistra che ha messo le mani sul calcio» è una balla sesquipedale, visto che né Rossi né Borrelli rispondono ad alcuno se non alle proprie coscienze e alle leggi penali e sportive. Ed è proprio questo che lo preoccupa. Ã? più forte di lui. Quando sente parlare di legge, e peggio ancora di coscienza, mette mano alla fondina. O allo stalliere.
Come diceva Bossi quandâ??era lucido, «se Berlusconi piange, state allegri: vuol dire che non ha ancora messo le mani sulla cassaforte». Dunque stiamo allegri. Godiamoci questa boccata dâ??ossigeno, ovviamente passeggera, finchè dura: due uomini di legge di specchiata fama ai vertici del calcio. E ringraziamo lâ??ingorgo istituzionale, il vuoto di potere a Roma, le intercettazioni di Torino e di Napoli e le congiunzioni astrali che han consentito ad alcune pericolose schegge di legalità di insinuarsi proditoriamente nel corpo marcio del Paese, rischiando fra lâ??altro di creare un pericoloso precedente. Se non si provvede per tempo, queste tracce di Stato potrebbero contaminare irrimediabilmente lâ??Antistato e disorientare lâ??opinione pubblica non più avvezza a emozioni così choccanti.
Ã? bello leggere, mentre le acque del Mar Rosso restano ancora miracolosamente aperte, i commenti di Cicchitto, Rotondi, Mantovano e altri giureconsulti di fama mondiale sul ritorno di Borrelli. Non potendo tirar fuori la solita menata delle toghe rosse, anche perché il Comintern non ha squadre nel campionato di serie A, sono a corto di argomenti. Detestano Borrelli, ma non riescono a trovare un solo motivo (confessabile, sâ??intende) per cui non dovrebbe diventare procuratore della Figc. E per di più sanno che i tifosi di tuttâ??Italia non capiscono a quale titolo i politici continuino a pontificare sul pallone e, auspicando una giustizia rapida e inflessibile, non comprendono perché mai Borrelli non va bene. Ã? forse un dirigente di qualche squadra? Lo manda forse lâ??Inter, o la Juve, o il Peretola? Non sanno che dire, e allora delirano, dicendo cose che una persona normale si vergognerebbe di pensare. Berlusconi seguita a blaterare di «mani della sinistra sul calcio», ma solo perchè vorrebbe tenercele ancora lui («Ho detto a Galliani di non dimettersi»: come se la Lega Calcio la nominasse il capo dellâ??opposizione o il padrone di Milan). Intanto Fabrizio Cicchitto, con grave sprezzo del ridicolo, intravede «una manina che vuole recuperare il giustizialismo» e parla di «nomina incredibile e tuttâ??altro che innocente»: e lui, venendo dalla P2, di colpevoli se ne intende. La manovra, prosegue il boccoluto muratorino, punta a «riprendere a sparare a raffica in molteplici direzioni, e aumentare il potere di ricatto e di interdizione di alcuni ben precisi ambienti milanesi collocati a cavallo fra alcuni grandi studi legali, alcune banche, qualche potere editoriale». Parole incomprensibili, da cifrario esoterico. «Ã? unâ??altra prova del regime dellâ??Unione», tuona Isabella Bertolini, farfugliando di «uso politico della giustizia sportiva contro Berlusconi». Anche Alfredo Mantovano di An, magistrato-deputato («toga nera»?), sostiene che questa è «la risposta più adeguata allâ??intenzione di Berlusconi di tornare presidente del Milan». Capìta lâ??antifona? Borrelli potrebbe disturbare il conflitto dâ??interessi politico-sportivo di Berlusconi, dunque è meglio che si faccia da parte (a proposito: ma perchè Mantovano e Bertolini, a proposito del nuovo capufficio indagini, pensano subito al Milan? Sanno qualcosa che noi non sappiamo?). Sempre acuto lâ??ex ministro Gasparri: «Io non ho problemi perché sono romanista, ma se fossi milanista sarei preoccupato. Perché gli ex procuratori di Milano non vanno in pensione a fare i nonni?». Parola del responsabile di un partito che, allâ??Authority della Privacy, ha nominato un condannato definitivo per violazione della privacy. Il meglio lo dà lâ??on. avv. prof. Gaetano Pecorella: «Se Borrelli farà al calcio italiano quello che ha fatto alla politica, sarà la fine del calcio italiano». Tre cazzate in una: il calcio italiano è finito a causa degli scandali, ben prima che arrivasse Borrelli; la politica non è mai finita, anche se la presenza di Pecorella in Parlamento potrebbe farlo supporre; Borrelli non sâ??è mai occupato di politica e ora non si occuperà i calcio: sâ??è sempre occupato di reati, e se questi hanno attinenza con la politica e con il calcio, è colpa della politica e del calcio, non di Borrelli.
Un certo Ciocchetti dellâ??Udc vaneggia di «ferite che si riaprono» e di nomina che «spacca ulteriormente il Paese». Evidentemente ha notizia di moti di piazza fra borrelliani e antiborrelliani che, per il momento, non abbiamo notato. Per il segretario, con rispetto parlando, della Nuova Dc, Gianfranco Rotondi, la nomina di Borrelli è «unâ??operazione politica contro Berlusconi», addirittura «un ghigno mafioso»: parola di uno che ha portato in Parlamento due pregiudicati, De Michelis e Cirino Pomicino (ieri molto critico anche lui). Ora Rotondi minaccia di «lasciare il Paese», per la gioia dei più. E pare che si lamenti anche Mario Pescante di An, quello che dovette dimettersi da presidente del Coni perché nel laboratorio dellâ??Acquacetosa era vietato cercare il doping, onde evitare il rischio di trovarlo.
Politici a parte, gli unici commenti normali arrivano da due calciatori azzurri. Alberto Gilardino: «Borrelli è uomo di grande competenza, mai come ora ci aspettiamo molto dalla giustizia sportiva perchè il calcio torni pulito» (Gilardino è, o almeno era fino a ieri, lâ??attaccante del Milan). E Simone Perrotta: «Se Borrelli è riuscito a fare pulizia nel mondo politico, ci riuscirà anche nel calcio. Speriamo che ci riesca come ha fatto a suo tempo con il pool di Mani pulite». Ecco: quel che sperano gli sportivi è proprio quel che temono lorsignori.
*da l'Unità del 24 maggio