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Articolo 21 - Editoriali
Verso il referendum costituzionale
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di Michela de Meca

Superate le elezioni amministrative, lâ??attenzione, di tutti, di politici e non, deve senza dubbio essere concentrata sul prossimo referendum che permetterà di scegliere se varare o meno le riforme costituzionali intraprese nella scorsa legislatura.

    Il mondo politico non deve non essere in fermento in previsione di questo prossimo appuntamento dei cittadini chiamati alle urne, ancora una volta, per le giornate del  25 e 26 giugno; tuttavia si constata ancora, da parte dei mass media, una sorta di quasi indifferenza sul referendum, come se questo evento dovesse passare in sordina, come se da esso non dovesse derivare una profonda trasformazione delle istituzioni democratiche così come erano state create dallâ??Assemblea costituente del 1948.

    Lâ??importanza delle norme costituzionali, e degli istituti sui quali la riforma va ad incidere, è in realtà tale da sollevare delle questioni di fondo che  vanno ben al di là del problema se lasciar vincere delle trasformazioni che sono state escogitate nella scorsa legislatura dalla destra oppure, al contrario, se scegliere di bloccare delle riforme non volute dalla sinistra.

    Le trasformazioni in atto sono infatti molteplici  ed essenziali e proprio per questa ragione risulta inquietante il fatto che ci si debba porre ancora il problema che i cittadini non sono completamente e correttamente informati a proposito di questa prossima scadenza, di che cosa dover votare e perché.

    Cosicché, da un lato si assiste, sul sito di Articolo 21 e più sporadicamente su qualche giornale o notiziario, ad un dibattito sulla gravità delle riforme che in Parlamento non si era riusciti a far approvare dal quorum richiesto per le modifiche alla Costituzione, e dallâ??altro lato, da parte dei mass media, ad una generalizzata tendenza alla disinformazione che addirittura potrebbe finire per essere strumentale alla approvazione di riforme volute forse soltanto da uno schieramento politico di certo non più rappresentativo perché oramai superato dalla maggioranza di sinistra. 

   A questo punto torna quindi allâ??attenzione innanzitutto il problema se e come una televisione pubblica possa essere correttamente utilizzata, ora ed in futuro, al fine precipuo della conoscibilità via mediatica, di eventi di tipo referendario-costituzionale che prescindono dal collegamento immediato e diretto con situazioni di tipo elettorale e, soprattutto, dalle connesse problematiche relative al dover rispettare la cosiddetta â??par condicioâ? riferita allâ??uno o allâ??altro schieramento.    

     Eâ?? stata qui volutamente utilizzata lâ??espressioneâ?via mediaticaâ? in quanto le più recenti innovazioni tecnologiche hanno portato ad una drastica riduzione delle vendite e della divulgazione dei quotidiani e, più in generale, degli strumenti di informazione di tipo cartaceo, a tutto vantaggio, oltre che delle reti televisive, di Internet e del connesso mondo virtuale.

   Ebbene, proprio perché le trasformazioni costituzionali in questione sono di così basilare importanza da prescindere dai problemi tipici della campagna elettorale, non sarebbe male imporre con legge, per casi del genere, in aggiunta alle forme già esistenti, la più adeguata pubblicizzazione, sin dal momento dellâ??indizione, non solo delle scadenze referendarie, ma pure e soprattutto della descrizione dettagliata dei relativi contenuti; si dovrebbero cioè riservare obbligatoriamente appositi spazi su quotidiani, (cartacei ed in rete), e sulle reti R.A.I., non soltanto alla indicazione dellâ??evento ed alla descrizione delle schede elettorali e dei loro contenuti, ma pure, mediante trasmissioni televisive ad hoc, alla descrizione delle norme di legge e di tutto ciò che è connesso allâ??evento referendario-costituzionale di volta in volta programmato; tale scelta non sarebbe quindi più rimessa al solo volere discrezionale dei vertici R.A.I. di turno o all'orientamento politico di fondo di questo o quel giornale o di chi altri, ma sarebbe davvero un servizio pubblico svolto concretamente nell'interesse esclusivo della collettività.

   Non è cosa esagerata, sebbene oggigiorno le possibilità di informazione dei cittadini siano potenzialmente centuplicate rispetto a sessanta anni or sono; infatti, quando si dovette scegliere nel â??46 tra repubblica e monarchia, gli eventi bellici appena conclusi rendevano impensabile che i cittadini si tenessero  disinformati su ciò per cui si andava a votare, perché, dopo gli stermini ed i massacri su larga scala prodotti dalle due guerre mondiali, era sentito da ciascuno come un interesse di vitale importanza andare a capire, pur tra mille difficoltà, cosa stava accadendo, per decidere di conseguenza, con la necessaria consapevolezza; inoltre lâ??importanza dellâ??evento referendario non poteva non essere amplificata dal fatto che esso coincise con il momento politico della effettiva estensione del diritto di voto alle donne.

   Oggi invece è normale per tutti essere sottoposti di continuo alla somministrazione di notizie di tutti i generi, spesso inutili e superflue provenienti da tutte le parti del mondo. Inoltre, dopo tanti decenni dallâ??introduzione del completo suffragio universale, il  pensiero del dover andare a votare è cosa usuale, come una delle varie forme di manifestarsi del benessere ormai scontato tipico del mondo moderno, perché lâ??andare ad esprimersi nelle urne non è più sentita come una conquista faticosamente sofferta, ma sembra piuttosto una sorta di optional del quale, come sta accadendo allo stato attuale dei fatti, la televisione quasi non parla nemmeno. 

   Si assiste così, assurdamente, al fatto che in questo particolare momento della vita civile e politica, sui mezzi di informazione si dà più spazio ad altri eventi, pur importanti ma non certo esaustivi  di tutto ciò che accade o di ciò che deve guidare il normale svolgimento della vita delle persone, che al prossimo referendum; si va quasi passivamente incontro ad una tornata referendaria della  quale non si coglie neppure lâ??importanza, con il rischio di subire tutti, in futuro, delle scelte compiute in realtà non dal popolo sovrano, che di recente si è espresso modificando la maggioranza in Parlamento, ma da quello schieramento politico che nella scorsa legislatura queste riforme le volle proporre, uno schieramento politico che, secondo i dati emersi dalle più recenti elezioni parlamentari, è oramai privo di rappresentatività e pertanto, non può dirsi che esprime ancora il volere della Nazione.

    Il referendum, insieme alla petizione ed alla iniziativa legislativa popolare è uno dei pochi strumenti di democrazia diretta esistenti, cioè uno dei pochi meccanismi attraverso i quali la gente può esprimere il proprio volere senza lâ??intermediazione dei propri rappresentanti nelle due Camere; sarebbe pertanto opportuna, tramite lâ??uso dei mass media, la programmazione di una campagna di rieducazione degli spettatori, del popolo di Internet e dei lettori, alla presa di coscienza ed alla consapevolezza del fatto che ad essere sovrano, specie in casi come il referendum costituzionale, è prima di tutto il popolo, come recita il primo articolo della Carta costituzionale, (sperando che prima o poi non si voglia stravolgere persino quello), e soltanto in un secondo momento chi viene eletto in Parlamento, per effetto, appunto, di tale elezione. Si tratta di una consapevolezza essenziale, perché dopo le elezioni nazionali che hanno visto unâ?? Italia praticamente  spaccata in due, non ci si trovi prima o poi a dover constatare che in realtà i nostri rappresentanti in Parlamento in realtà non rappresentano alcunché ed il volere degli elettori non  riesce più a tradursi nel potere politico che di volta in volta deve governare.

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