di Pino Finocchiaro
Ci sono momenti in cui a un uomo non basta credere ma sente imperiosa la neccesità che anche gli altri capiscano, comprendano la verità .
Gioacchino Basile viveva quella verità della mafia ai Cantieri navali di Palermo con la forza della fede e cercava di farla comprendere agli altri con la forza di una religione salvifica. Perché non câ??è salvezza senza verità . Perché non câ??è salvezza nellâ??accomodamento, nel silenzio.
La salvezza - in Sicilia contro Cosa Nostra, nel Mondo contro tutte le mafie â?? si ottiene solo passando attraverso il fuoco della verità . Gioacchino Basile è passato dentro un tunnel di fuoco con tutta la sua famiglia. Ne è uscito con qualche bruciacchiatura ma ne è uscito trasparente così come vi era entrato.
Ho parlato solo una volta con Gioacchino Basile. Era sotto protezione, non poteva essere raggiunto da nessuno. Mi raccontò della sua vicenda. Solidarizzammo presto. Anche senza incontrarci mai.
Non ricordo tutte le sue parole ma ricordo la sua sete di verità , la sua fame di giustizia.
La sua grande amarezza era lâ??isolamento in cui lâ??aveva precipitato lâ??espulsione decretata dalla maggioranza del sindacato, del suo amatissimo sindacato, la Cgil. Nonostante lâ??opposizione di una sola componente di minoranza. Altra grande amarezza lâ??aver avuto torto davanti al tribunale del lavoro. In buona sostanza il giudice lavorista aveva sancito unâ??ovvietà : chi dice mafioso o contiguo alla mafia al proprio datore di lavoro perde la fiducia del datore di lavoro e quindi può essere licenziato. Certo, perché la legge non prevede la misura del licenziamento del datore di lavoro mafioso o contiguo alla mafia. Prevede però che se un lavoratore onesto denuncia cose esecrabili, non ha più ragione di rimanere in quel cantiere. Non è stata né la prima, né lâ??ultima, né lâ??unica sentenza del genere, in Sicilia. Ma, in fondo basta saperlo. Molti lavoratori, non pochi sindacalisti â?? non solo metalmeccanici - si adeguarono alla sentenza Basile. Per fortuna i magistrati antimafia di Palermo continuarono ad indagare e scavarono il bubbone dei cantieri:
svelarono la verità . Ma Basile aveva dovuto chiudere i ponti col passato, cambiare posto, sottoporsi a protezione e sapeva che su di lui pendeva una condanna a morte stabilita da Cosa Nostra.
Prima che ti uccidano â?? diceva Pippo Fava, il giornalista siciliano ucciso dalla mafia e dal silenzio delle connivenze a Catania â?? non rinunciare alla verità , non lasciare che ti uccidano da vivo. Gioacchino Basile questa verità lâ??ha celebrata con la sua testimonianza, con lâ??accettare a testa alta le sentenze avverse e lottare, lottare, lottare affinché la verità prevalesse sulle calunnie; la sua specchiata onestà cancellasse â?? e se vuoi portasse a redenzione â?? la pitocchiosità di quei sindacalisti, di quei politici, compagni buoni per ogni stagione che lo avevano lasciato solo.
Sentivo al telefono quella voce testarda di Gioacchino Basile e mi è corsa alla mente la voce di un altro palermitano â?? la cui grandezza, la politica non ha mai voluto ammettere â?? Umberto Santino. Quando gli si parlava delle minacce di morte a sindacalisti e giornalisti che in quegli anni â?? prima dellâ??inabissamento di Cosa Nostra â?? fioccavano per molti. â??Che ti lamenti â?? urlava Umberto Santino â?? non tâ??hanno ancora ucciso. Hai ancora voglia di dire. Vivi. Così li batteremoâ?.
Così li ha battuti Gioacchino con quelle sue urla che spezzavano il silenzio dei compiacenti.
La Rai oggi parla di lui in una fiction: bene che se ne parli. Purché tutti sappiano che dolore e sofferenze sono stati vissuti sul serio. I siciliani come Gioacchino non sono fiction. Sono siciliani veri. Vere lacrime e sangue. Uomini veri che narrano storie scomode. Ma, vere.