di Perla Dipoppa
Il 10 Giugno di ottantadue anni fa il deputato socialista Giacomo Matteotti veniva rapito da un commando fascista mentre si recava in Parlamento. Caricato in macchina, picchiato a morte e sepolto malamente in un campo alla periferia di Roma.
Pochi giorni prima Matteotti aveva pronunciato la sua stessa condanna a morte. Un intervento sobrio, senza cenni di retorica, ma durissimo: â??Contestiamo in tronco la validità delle elezioni di Aprileâ?¦â?. Mussolini ascoltava in silenzio, con lo sguardo cupo, la denuncia documentata dei brogli e delle violenze perpetrate in suo nome in ogni parte della penisola.
Non era del resto la prima volta che il duce si trovava di fronte alle audaci requisitorie del deputato, ex compagno di partito. Come meno noto, già nel 1921 Matteotti aveva redatto una â??Inchiesta giornalistica sulle gesta violente dei fascisti in Italiaâ?.
Ma Mussolini temeva soprattutto lâ??eccessiva curiosità di Matteotti riguardo alle intese che partito fascista e famiglia reale stavano stringendo sottobanco con le compagnie petrolifere americane. Accanto al cadavere di Matteotti, scoperto nellâ??agosto del â??24, non fu trovata alcuna traccia della valigetta che il parlamentare portava sempre con sé. Una valigetta che, a parere di molti studiosi, conteneva materiale sufficiente a stroncare la nascente dittatura per vie legali: le prove che il partito fascista si reggeva su un sistema di tangenti ed estorsioni, la documentazione sulla truffa dei residuati bellici rivenduti allâ??estero e le contrattazioni, già ricordate, con il colosso statunitense Standard Oil per la concessione esclusiva dei diritti sulla ricerca del petrolio in suolo italiano.
Il delitto Matteotti fu uno spartiacque. Lâ??occasione per molti, soprattutto fra i liberali e i popolari, di prendere coscienza dellâ??autentica natura del fascismo. Lâ??onda emotiva suscitata dallâ??assassinio fu enorme, ma si spense in breve tempo. Scrive Turati in una lettera ad Anna Kuliscioff: â??Neppure il suo cadavere ha la virtù di infondere un briciolo di coraggio in nessuno di noi. Sentiamo che lo massacriamo una seconda volta e che non ci deve perdonareâ?. Allora come oggi il martirio di Matteotti lancia un messaggio chiaro e scottante ai suoi colleghi parlamentari: il valore del coraggio.
Dalle lotte bracciantili nel Polesine alla segreteria del PSD, Giacomo Matteotti è stato portatore di un riformismo atipico, capace di opporsi alle direttive di Giolitti e al fronte interventista nello scenario del primo conflitto mondiale. E di un antifascismo non attendista in tempi in cui lâ??opposizione si faceva pavida e sfuggente. â??Lâ??antifascismo era in Matteotti un fatto istintivo, intimo, dâ??ordine morale prima che politicoâ?, ha detto Carlo Rosselli. Nellâ??agosto del â??22, a pochi mesi dalla marcia su Roma, Matteotti â?? che aveva capito prima di molti altri il pericolo rappresentato dal fascismo - avanzò la disperata proposta di una alleanza con i popolari di Sturzo. Un appello allâ??unificazione proprio da un socialista, avvezzo a spaccature e scissioni, nel quadro dellâ??Italia dilaniata degli anni Venti. Un altro messaggio da raccogliere per la sinistra di oggi.