Articolo 21 - Editoriali
Berlusconi come Mario Segni? Attenti alle armi leggere!
di Montesquieu
Berlusconi come Mario Segni? Magari, verrebbe da dire.
La riduzione del numero dei parlamentari come la preferenza unica ?
Le differenze sono enormi: però, sperando che sia un abbaglio, sembra di vedere in controluce una possibile, sinistra somiglianza tra il microquesito referendario del 1991 - di cui tutti ricordano le conseguenze - e la possibile liofilizzazione della enorme riforma costituzionale in un microoggetto - per l'appunto - capace di attrarre e liberare gli istinti punitivi dell'elettorato. Istinti naturalmente presenti in ogni sistema democratico ed in ogni tempo: ma suscettibili di un effetto contagio se, dopo dodici anni di imperversante era berlusconiana, la nuova maggioranza proseguirà sulla strada imboccata e fin qui seguita. Ci era stato promesso un governo agile, e ci ritroviamo un pachiderma rigorosamente cencelliano. Dentro il contenitore del partito democratico - che , come se nulla fosse successo, si continua a volere imminente- si sono consumate cruente rivendicazioni di appartenenza non solo agli attuali ( provvisori?) partiti: addirittura alle radici più lontane degli stessi, comprese quelle, se non rinnegate, necessariamente abbandonate. Il capo del governo, se non ritrova quanto prima la propria capacità di guida, si troverà ad essere un mediatore senza il ruolo affidatogli dalle primarie. I ruoli di garanzia : il presidente della Camera interpreta il proprio con una sofferenza , umanamente apprezzabile - ma chi glielo ha fatto fare ? - , per le posizioni istituzionali di provenienza. Quello del Senato, in un giorno solo, ha dato le sue ricette - di merito - , su alcune delle questioni al centro del dibattito politico. Ci fermiamo qui, certo non per mancanza di argomenti. In questo quadro trova spazio l'incubo di quella sinistra analogia: non è lecito pretendere troppo nemmeno dall'avversione al populismo e ai conflitti di interesse. Che non sono solo quelli, plateali, del capo dell'opposizione, e sono uno dei tratti distintivi della nostra sfera pubblica (cosa sono le pratiche lottizzatorie applicate a tutto, se non un grande conflitto di interessi con conseguenze discriminatorie ?). Se questa analogia appare sinistra, non è per ragioni di schieramento, né per spirito protettivo dell'attuale Costituzione. Semmai, per il dovere di salvaguardia del nostro assetto istituzionale da un inceppamento che finirebbe per paralizzare l'intero paese. Per il rispetto e la gratitudine che si devono al promotore, ai promotori di quel piccolo - non per loro scelta - quesito referendario, è bene ribadire, accanto alla possibile analogia di uso di uno strumento, le differenze sostanziali tra le due situazioni: personali, politiche, di risorse, di prospettive istituzionali e democratiche, di responsabilità , di conseguenze sull'ordinamento. Perchè questo timore? Soprattutto per la considerazione che il capo dell'opposizione, che ancora una volta si gioca molto in questa sfida, è un fantastico semplificatore e trasmettitore di messaggi, da una quantità , tra l'altro, di postazioni senza pari e senza precedenti. Per cui, se il gioco riesce, anche pochi giorni bastano a far penetrare nei grandi strati dell'elettorato - quelli che fanno vincere , a discapito della raffinatezza delle ragioni che orientano il voto - l'oggetto che si vuole comunicare. Ben più facilmente e rapidamente del mirabile armamentario di buoni e complessi argomenti di cui molti nella maggioranza stanno caricando le proprie armi pesanti. L'arma leggera è, in questo caso, oggettivamente ben più efficace di quella striminzita del 1991, e pare tagliata come un abito su misura per il capo dell'opposizione, il quale la presenta, come appare già chiaro visitando anche fugacemente le sue emittenti, alla stregua di una immediatamente operante riduzione del numero dei parlamentari, anziché un effetto comunque invisibile per un decennio. Arma leggera, quindi, ma capace di contenere le più potenti suggestioni dell'antipolitica. Forse, è sperabile, questa riflessione frutto di pessimismo: ma qualcuno si sente di escludere che sia vicino il momento nel quale i cittadini non aspettano altro che uno strumento da usare contro la politica? Il paradosso sarebbe che ad offrirglielo, e a trarne vantaggio, fosse chi più ha contribuito a ridurla così, la politica.
La riduzione del numero dei parlamentari come la preferenza unica ?
Le differenze sono enormi: però, sperando che sia un abbaglio, sembra di vedere in controluce una possibile, sinistra somiglianza tra il microquesito referendario del 1991 - di cui tutti ricordano le conseguenze - e la possibile liofilizzazione della enorme riforma costituzionale in un microoggetto - per l'appunto - capace di attrarre e liberare gli istinti punitivi dell'elettorato. Istinti naturalmente presenti in ogni sistema democratico ed in ogni tempo: ma suscettibili di un effetto contagio se, dopo dodici anni di imperversante era berlusconiana, la nuova maggioranza proseguirà sulla strada imboccata e fin qui seguita. Ci era stato promesso un governo agile, e ci ritroviamo un pachiderma rigorosamente cencelliano. Dentro il contenitore del partito democratico - che , come se nulla fosse successo, si continua a volere imminente- si sono consumate cruente rivendicazioni di appartenenza non solo agli attuali ( provvisori?) partiti: addirittura alle radici più lontane degli stessi, comprese quelle, se non rinnegate, necessariamente abbandonate. Il capo del governo, se non ritrova quanto prima la propria capacità di guida, si troverà ad essere un mediatore senza il ruolo affidatogli dalle primarie. I ruoli di garanzia : il presidente della Camera interpreta il proprio con una sofferenza , umanamente apprezzabile - ma chi glielo ha fatto fare ? - , per le posizioni istituzionali di provenienza. Quello del Senato, in un giorno solo, ha dato le sue ricette - di merito - , su alcune delle questioni al centro del dibattito politico. Ci fermiamo qui, certo non per mancanza di argomenti. In questo quadro trova spazio l'incubo di quella sinistra analogia: non è lecito pretendere troppo nemmeno dall'avversione al populismo e ai conflitti di interesse. Che non sono solo quelli, plateali, del capo dell'opposizione, e sono uno dei tratti distintivi della nostra sfera pubblica (cosa sono le pratiche lottizzatorie applicate a tutto, se non un grande conflitto di interessi con conseguenze discriminatorie ?). Se questa analogia appare sinistra, non è per ragioni di schieramento, né per spirito protettivo dell'attuale Costituzione. Semmai, per il dovere di salvaguardia del nostro assetto istituzionale da un inceppamento che finirebbe per paralizzare l'intero paese. Per il rispetto e la gratitudine che si devono al promotore, ai promotori di quel piccolo - non per loro scelta - quesito referendario, è bene ribadire, accanto alla possibile analogia di uso di uno strumento, le differenze sostanziali tra le due situazioni: personali, politiche, di risorse, di prospettive istituzionali e democratiche, di responsabilità , di conseguenze sull'ordinamento. Perchè questo timore? Soprattutto per la considerazione che il capo dell'opposizione, che ancora una volta si gioca molto in questa sfida, è un fantastico semplificatore e trasmettitore di messaggi, da una quantità , tra l'altro, di postazioni senza pari e senza precedenti. Per cui, se il gioco riesce, anche pochi giorni bastano a far penetrare nei grandi strati dell'elettorato - quelli che fanno vincere , a discapito della raffinatezza delle ragioni che orientano il voto - l'oggetto che si vuole comunicare. Ben più facilmente e rapidamente del mirabile armamentario di buoni e complessi argomenti di cui molti nella maggioranza stanno caricando le proprie armi pesanti. L'arma leggera è, in questo caso, oggettivamente ben più efficace di quella striminzita del 1991, e pare tagliata come un abito su misura per il capo dell'opposizione, il quale la presenta, come appare già chiaro visitando anche fugacemente le sue emittenti, alla stregua di una immediatamente operante riduzione del numero dei parlamentari, anziché un effetto comunque invisibile per un decennio. Arma leggera, quindi, ma capace di contenere le più potenti suggestioni dell'antipolitica. Forse, è sperabile, questa riflessione frutto di pessimismo: ma qualcuno si sente di escludere che sia vicino il momento nel quale i cittadini non aspettano altro che uno strumento da usare contro la politica? Il paradosso sarebbe che ad offrirglielo, e a trarne vantaggio, fosse chi più ha contribuito a ridurla così, la politica.
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