di Federico Orlando
Ieri nessun giornale, a eccezione del Corriere della Sera, che aveva aperto il problema con una denuncia del professor Sartori, e dellâ??Unità , che aveva in corso una sua polemica su Porta e porta e referendum, ha dato notizia del comunicato inopinatamente inciucista del Consiglio dâ??amministrazione della Rai, che plaudiva al modo in cui lâ??azienda sta conducendo lâ??informazione sul referendum. Proprio il contrario di quel che Sartori rimproverava al servizio pubblico, che ha lâ??obbligo di informare, e al governo di centrosinistra, che ha il dovere di farlo osservare.
Anche Europa si è astenuta dal prendere in considerazione la memoria difensiva del Cdl, corporativa e, ripetiamo, inopportunamente unanimista. Abbiamo preferito pubblicare, ben più autorevole e serio documento, lâ??editoriale del presidente della commissione affari costituzionali del Senato, Nicola Mancino.
Egli confronta quel che il centrodestra ha fatto con la sua riforma, sulla quale si vota il 25 giugno, e quel che il centrosinistra aveva proposto che si facesse. E che il centrodestra non ha accolto. E che la Rai come Mediaset non ricorda nelle comunicazioni referendarie. Che tutto sono fuorché un confronto fra le cose per le quali la destra chiede che il 25 giugno si voti Sì e quelle per le quali noi chiediamo che si voti No, e che dovremo scrivere in Costituzione dopo il 25 giugno, se vinceremo il referendum. Sul quale i nostri capi sonnecchiano il sonno di Aligi.
Indichiamo alcuni di questi punti di scontro, dopo aver ricordato che la riforma della Costituzione nasce da due esigenze principali: rendere più veloce il funzionamento delle istituzioni e dare più poteri di decisione agli organi territoriali (regioni e autonomie locali).
1) Governo â?? Il nostro governo è parlamentare, nel senso che ha bisogno della fiducia della maggioranza del parlamento. La destra propone un governo simil-presidenziale, cioè la totale indipendenza del premier dal parlamento, o premierato assoluto. Ciò trasloca la sovranità dai rappresentanti del popolo alla persona del capocoalizione, proprio nel momento in cui la riforma elettorale maggioritaria ha in buona parte risolto da sola il problema, permettendo che dalle urne esca sempre una maggioranza assai larga (il caso dellâ??attuale Senato è il prodotto dellâ??infame controriforma elettorale voluta dalla destra per ridurre la prevista vittoria del centrosinistra). Abbiamo dunque bisogno di tornare alla legge elettorale maggioritaria e di dare al premier poteri di nomina e revoca dei ministri, ma non il potere di asservire il parlamento al punto di scioglierlo se la sua stessa maggioranza osa cambiare la guida del governo. Neanche in Inghilterra il premier può tanto. Dunque chi vota Sì vota per un premier assoluto (e magari anche â??a reti unificateâ?), chi vota No vota per un premier forte che governa non contro il parlamento ma col parlamento.
2) Parlamento â?? In Italia Camera e Senato fanno due volte la stessa cosa. è una piaga da eliminare, è necessario che la Camera si occupi del rapporto di fiducia col governo e della grande legislazione, e il Senato rappresenti le autonomie e si occupi delle materie Stato-Regioni. La riforma BB (Bossi-Berlusconi) crea un guazzabuglio, consentendo che il Senato richiami decisioni legislative della Camera e le modifichi, salvo il ritorno alla Camera, che dà il voto definitivo: dunque, tre passaggi anziché uno. Lasciamo perdere per brevità tutti gli altri imbrogli, che arrivano fino allâ??appello del premier al capo dello Stato affinché diventi lui arbitro del conflitto fra le camere, trasformando il Quirinale, privato quasi dâ??ogni potere di garanzia e di arbitraggio, in una specie di terza camera dâ??appello. Se vince il Sì, tutti questi imbrogli diventano Costituzione, se vince il No le Camere avranno funzioni non interscambiabili e il capo dello Stato conserverà i poteri di moral suasion che ha oggi. Sarà rivisto anche il Titolo V, per definire le materie di competenze tra parlamento e regioni, e per ridurre al minimo i conflitti dâ??attribuzione.
3) Deputati e senatori â?? La destra si vanta dâ??aver ridotto il numero dei deputati da 630 a 500 e dei senatori da 315 a 252. è il cavallo di battaglia degli agit prop della destra. Rai e Mediaset nascondono agli italiani: a) che tale riduzione, se vincono i Sì, andrà in vigore dal 2016 e non dalla prossima legislatura; b) che la riforma del centrosinistra, snobbata dalla destra, prevede la riduzione dei deputati a 400 e quella dei senatori a 200, grazie a un forte processo di delegificazione e di semplificazione delle procedure parlamentari, che renderebbe non più giustificabile lâ??attuale pletora di mille parlamentari. Se vinceranno i No, questa riduzione di deputati e senatori a 600 (modello Usa, si potrebbe dire) entrerà in vigore dalla prossima legislatura.
4) Devolution â?? Nata per favorire il federalismo leghista, la riforma BB conferisce alle regioni la â??competenza esclusivaâ? su scuola, sanità e polizia locale. E siccome competenze esclusive in materia sono previste in altre norme costituzionali a favore dello Stato, nel guazzabuglio che ne seguirà il governo è autorizzato a intervenire in nome dellâ??â??interesse nazionaleâ?. Ma se la competenza sulla decisione finale naviga nel guazzabuglio, lâ??enormità della spesa a cui gli italiani andranno incontro è invece una certezza assoluta. La devoluzione della spesa a favore delle regioni e degli enti locali sarebbe di 270 miliardi di euro, pari quasi al 40 per cento della spesa pubblica: con un aumento sul Pil dal 15,1 al 20,4 per cento, secondo uno studio della Ragioneria generale, non reso noto dal governo ma anticipato dal Sole 24 Ore (12 giugno). Quante tasse dovranno pagare di più gli italiani, se il 25 giugno vinceranno i Sì? Né a questa domanda, né a quelle sulla perdita delle garanzie di cui parleremo unâ??altra volta, rispondono gli spot di Mediaset, che fa il gioco di BB, né le informazioni della Rai, che secondo Sartori è ancora la stessa Rai «colonizzata da Berlusconi».