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Articolo 21 - Editoriali
Perché mi rattrista il Savoiagate
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di Federico Orlando

Tre cose mi rattristano, come persona, come cittadino e come giornalista, nell??ennesimo scandalo italiano, detto Savoiagate. La prima, che connota questo scandalo nella serie infinita degli altri, è trovare i resti della dinastia che ha fatto l??Italia nel putridume di voracità, volgarità, spregiudicatezza, cafonaggine, brodo di cultura di politici, portaborse, palazzinari, pseudogiornalisti, demivierges, truffatori, mezzani che pullulano nei palazzi di tutti i paesi, ma soprattutto nel paese della doppia morale: quella baciapilesca da ostentare in pubblico per le necessarie benedizioni, e quella che si disfrena in privato per soddisfare le fami inappagate di soldi, potere, postribolo.

La seconda cosa, che mi mortifica come cittadino, è questo nulla di nuovo in Italia. Tornano a fermentare nel cervello le satire di Giuseppe Giusti sugli stati prerisorgimentali; o le Prime Rime, Juvenilia, Levia Gravia postrisorgimentali di Carducci: descrivono con centosettanta o centoventi anni d??anticipo tutte le fisiognomiche, i tic, le imposture di quest??ultimo scandalo (non importa se reati o non reati, Non omne quid licet onestum est, insegnava il diritto romano). Nell??Inghilterra anglicana i ministri chiudono per sempre se cascano in un??avventura galante-spionistica (tipo Laziogate, più vicina allo scandalo Profumo che all??imperiale Watergate di Nixon); nell??Italia dalla doppia morale il primo reggicoda al seguito del ministro si sente Clinton, e dalla macchina di Stato si fa portare la stagista nella sua stanza ministeriale, anche se non è lo studio ovale della Casa Bianca. Penso che da quando un Vittorio Emanuele veramente re cinse la corona d??Italia il 17 marzo 1861, sono trascorsi 145 anni, noi sudditi analfabeti siamo diventati cittadini consapevoli dei nostri diritti, ma non ancora dei nostri doveri. E così consentiamo che il paese resti a livello di satrapia afroasiatica o sudamericana.

La terza cosa che mi intristisce è che faccio un mestiere, il giornalismo, che dovrebb??essere il protagonista e non il prosseneta delle denunce scandalistiche: in America il Watergate l??ha fatto il Washington Post, in Italia chi prova a fare giornalismo d??inchiesta (vedi Rainews 24, nella pagina delle lettere) finisce nel palinsesto delle ore piccole e sul satellite; la guerra al malcostume resta quindi lavoro d??ufficio delle procure, con fughe dal palazzo di giustizia alle redazioni, a modulazione di frequenza secondo che i personaggi e i settori politici, economici, istituzionali da colpire siano più nel mirino di questo o quel giornale e degli interessi che sono alle spalle del giornale. Storia d??Italia, cittadinanza, professione: tutto al rogo in una sola volta. Anche se su nessuna di esse l??età e gli inganni avevano lasciato le certezze e perfino gli entusiasmi giovanili.

Ora per la quarta volta in nove mesi ci troviamo a mestare nello stesso sterco e a domandarci che fare.

Prima i furbetti del quartierino con ramificazioni fino al vertice dalla Banca d??Italia, poi l??Unipol e il mondo della cooperazione fino a sospettare del mitico Botteghino, poi Laziogate con spionaggio fra logge postfasciste di diverso rito, ora la Rai a luci rosse, con rimbalzi sul traumatizzato erede della dinastia sabauda, sull??ex vicepresidente del Consiglio che pure aveva costretto i suoi bardi a passare le acque purificatrici a Fiuggi, sulla Rai dell??Iri e della destra affettuosamente coperta da presidenti di sinistra che ora, guarda caso, annunciano inchieste su palinsesti e fiction: come dire sul morbillo e la scarlattina, di cui tutti sanno e sparlano da sempre. Cos??erano i ??nani e ballerine? di Craxi, se non le falangi dell??Italia da bere, all??ombra delle tangenti di piazza Duomo e alle luci della ribalta di Saxa Rubra? E cosa sta scritto in libri come Il letto e il potere ?? storia sessuale della Prima Repubblica, scritto da Filippo Ceccarelli dodici anni fa? E come s??era svolta la guerra dei lunghi coltelli per il passaggio dal centrismo al centrosinistra, mettiamo tra Fanfani e Piccioni o tra lo stesso Fanfani e Scelba, con party droga a Capocotta finiti col cadavere o con la fotografia del grande poliziotto che porta fiori a una signora, nella clinica della maternità Villa Bianca? Anche allora i giornali servirono alla bisogna prossenetica, col Paese sera di sinistra che pubblicava i particolari sulla presunta notte brava di Piero Piccioni, e Momento sera che rispondeva con le foto dell??avvocato Sotgiu, il grande accusatore, che accompagna la moglie a un ménage à trois da qualche parte di Roma. Appunto, il paese della doppia morale.

E oggi, dopo quattro mazzate in nove mesi, stiamo sempre qui a chiederci che fare. Marco Pannella e Clemente Mastella, icone di un mondo laico e di un mondo cattolico costretti a una collaborazione ancor più dialettica, diciamo così, di quella dei primi decenni repubblicani, danno risposte diverse, benché entrambi con sfumature che fanno pensare a doverose, sacrosante esitazioni: visto che, a camminare sparati, si rischia di calpestare le uova. Pannella dice al Corriere: «Vanno pubblicate sempre tutte le intercettazioni», Mastella risponde sulla pagina a fronte: «Basta con questo grande fratello. Interverrò». E auspica che centrosinistra e centrodestra convengano sull??insostenibilità di una pratica che coinvolge anche chi non c??entra e rischia di compromettere i rapporti familiari e sociali di innocenti e la loro immagine. La Costituzione ?? lo ricordiamo, a cinque giorni dal referendum ?? garantisce a ogni cittadino il «diritto alla riservatezza» . Afferma anche che la stampa «non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure». Mi sembra che Mastella, nel chiedere che siano esclusi dal materiale probatorio fatti del tutto estranei all??indagine, brandisca dunque un sacrosanto diritto del cittadino. Pannella, nel sostenere la pubblicazione delle intercettazioni, si riferisca a un altrettanto inalienabile diritto della comunità: sapere come viene gestita la cosa pubblica, colpendo naturalmente come reato la diffusione di notizie scartate dall??inchiesta.

Su queste cose dobbiamo discutere entro pochi giorni, perché il 27 giugno il ministro dovrà parlarne al Senato. Pannella dice una cosa storicamente comprovata, e cioè che, senza pubblicazione delle notizie, le malversazioni, i comportamenti illeciti, i veri e propri delitti dei potenti, che fanno dire ai cittadini «la politica è sporca», si trasformerebbero in patrimonio di 2-300 personaggi dell??oligarchia, che userebbero le informazioni solo per combattersi a vicenda. E del resto non s??è detto che Mani Pulite aveva rotto ??l??equilibrio dei ricatti? su cui s??era fondata la repubblica fino ad allora?

Spetta a Mastella il difficilissimo compito di trovare una soluzione che, per un verso, impedisca a magistrati, avvocati, cancellieri poliziotti e giornalisti di far strame di cittadini pubblicando ciò che è protetto (a parole) dalla privacy. Per un altro verso, evitare che norme effettivamente protettive del cittadino abbiano l??effetto perverso di ricostruire il patrimonio ricattatorio a servizio di 2-300 oligarchi. La democrazia finirebbe in tutti e due i casi, nel primo per crescente distacco dei cittadini, nel secondo per morbo iniettato dai suoi stessi protagonisti. Finora la guerra tra legalità e privacy da una parte, arroganza e cultura dell??illegalità dall??altra, s??è dimostrata impari. Abbiamo avuto negli ultimi cinque anni una vera e propria esaltazione della delinquenza, per cui chi delinque è da proteggere perché potente e chi sta con la legge è da bruciare perché eretico e forcaiolo. è ovvio e perfino banale che noi invochiamo un ritorno alla cultura della legalità, fatto anche di provvedimenti esemplari. Altrimenti le leggi non servono. Oggi il centrosinistra pervade tutti i gangli del potere, non solo quello centrale. D??ora in poi, ogni scandalo sarà un test dell??eticità che esso ha predicato, anche se non sempre interamente praticato. E il nostro compito di giornalisti dovrebb??essere recuperare la capacità, la voglia e il coraggio d??indagare sul limite oltre il quale la morale privata, che è dei singoli, sconfina nella morale pubblica, che è di tutti. E denunciare i sepolcri imbiancati, che fanno calare nebbia su quel limite.

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