di Vittorio Roidi*
Un paese libero, un paese democratico. Certi giorni abbiamo le prove del contrario, ad esempio quando scopriamo che ci sono giornalisti spiati e pedinati dai servizi segreti. Brutti segnali che hanno bisogno di risposte forti da parte della categoria e di risposte chiare da parte del governo. Spiare i giornalisti vuol dire intimidirli, vuol dire conoscere le loro fonti e limitare la loro libertĂ .
Nellâ??inchiesta giudiziaria sul rapimento dellâ??imam milanese Abu Omar câ??è di tutto, anche lâ??accusa di favoreggiamento ad altri giornalisti. Su questo fronte la deontologia è chiara: il giornalista lavora per il cittadino e per nessun altro. Non può trasformarsi in un collaboratore della polizia o dei servizi. Se dovesse essere accertato, dovrebbero scattare le sanzioni, ma noi facciamo fatica a credere allâ??accusa e ricordiamo che per tutti, giornalisti compresi, esiste la presunzione di innocenza.
Il ministro dellâ??Interno deve chiarire. Vengono spiati, pedinati e perquisiti colleghi che cercano di andare in profonditĂ . Si cerca di colpire quel giornalismo di inchiesta che spesso manca sui nostri organi di informazione. Chi ci prova viene ostacolato, da parte di organi dello Stato che cercano di mantenere il segreto su episodi nei quali gli stessi organi hanno violato la legge.
La conclusione è sempre la stessa, quella a cui siamo giunti spesso, in questi anni. Che la maggioranza fosse di destra o di sinistra, abbiamo dovuto constatare che pezzi dello Stato non amano il giornalismo libero. Ci sono al suo interno uomini che lo combattono con tutti i mezzi. Dobbiamo solidarizzare con quei colleghi e dobbiamo chiedere ai governanti che si dicono democratici di dimostrare che la libertà di stampa è realmente il sommo valore del nostro paese.
*Segretario Ordine dei Giornalisti