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Articolo 21 - Editoriali
La betulla nel giardino di Calipari
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di Stefano Marcelli

*presidente di Information Safety and Freedom

Come fiorentino,sono orgoglioso che nella mia città ci sia adesso un giardino che porta il nome di Nicola Calipari. E' il nome di un eroe dei nostri tempi,morto per difendere la vita di un cittadino italiano e anche per difendere l'autonomia del nostro Paese.

I servizi segreti ci sono in ogni democrazia e,fino a prova contraria, lavorano per difendere la Repubblica e i cittadini che la compongono. Lo fanno con un lavoro nascosto per definizione e ricevono in cambio più diffidenza e disprezzo che onori. Sanno bene,gli agenti,che gli stessi che oggi li spingono a rischiare la vita o a infrangere leggi,domani negheranno persino di conoscerli e li accuseranno di aver agito in proprio. Ma questo è il gioco.

Facendo il giornalista da trent'anni ed essendomi occupato anche di questioni delicate come stragi o scandali internazionali, me li sono trovati vicini. Qualche volta mi hanno minacciato,altre volte hanno cercato di fregarmi vendendomi

polpette avvelenate, altre mi hanno aiutato salvandomi anche la vita, come è successo a Giuliana Sgrena. Qualche volta li ho riconosciuti, qualche altra si sono presentati loro, chissà quante altre volte me li sono trovati accanto (o dietro come D'Avanzo e Bonini ) senza accorgermene.

Per il giornalista ,i servizi, sono compagni di strada obbligati. Il problema è stabilire la linea di condotta da tenere nei loro confronti. Il primo punto è che facciamo due mestieri diversi : noi,i giornalisti facciamo un lavoro pubblico e rispondiamo ( o dovremmo ) solo al nostro editore e ai lettori. Loro, fanno un mestiere segreto che non è detto risponda ufficialmente a qualche istituzione .Sta al giornalista valutare se qualche notizia che venga da quella fonte sia compatibile con il proprio mestiere .

Ma si sa che le contaminazioni, ci sono sempre state e ci saranno. Giuliano Ferrara ha confessato di aver lavorato per la Cia.Ora emerge che il vicedirettore di Libero è a libro paga del sismi. Renato Farina ( nome in codice: betulla ), ammette di aver preso qualche decina di migliaia di euro per aver cercato di incastrare Prodi sulla vicenda di Abu Omar. Ma quelle disgustose righe dedicate all'assassinio di Enzo Baldoni , sgorgavano dal suo cuore o rientravano nel mensile dei servizi ? .Se mettiamo insieme la vicenda Calipari e quella Mancini-Abu Omar , viene da pensare che all'interno dei nostri servizi si sia giocata una partita senza esclusione di colpi tra nazionalisti ( italiani ) e filoamericani ( o filoBush ) che potrebbe aver visto anche scorrere del sangue. Mi chiedo se sia compatibile che alcuni ( ma quanti ) giornalisti partecipino a scontri di questo genere . Colleghi con la doppia busta paga ci sono sempre stati nelle redazioni. Ma il più delle volte avevano soprattutto il ruolo di spioni : controllare i colleghi e stendere rapportini per i servizi ( cominciò il Sid, se non ricordiamo male ). Oppure erano cronisti che,in cambio di qualche dritta in esclusiva, mettevano in circolo anche un po' di disinformazia .  Oggi scopriamo direttori e vicedirettori che ammettono di essere sul libro paga di servizi segreti. Sono colleghi autorevoli, in grado di indirizzare la linea del giornale sui binari voluti dai committenti, di nascondere certe notizie e di metterne in prima pagina altre. Questo credo che dovrebbe lanciare un allarme e spingere gli organi preposti a vigilare sulla deontologia della categoria a svolgere un'analisi. Se Farina è stato colto con le mani nella marmellata ( per usare un eufemismo ! ), quanti altri colleghi nascondono questa doppia natura dietro la propria firma ? In tempi di guerra al terrorismo, dove le regole sembrano destinate a essere cancellate, questa invasività dei servizi nel mondo della comunicazione ha un sapore inquietante. Vorrei lanciare un appello a quei direttori fin troppo accondiscendenti verso colleghi contigui ai servizi , a domandarsi che costo abbiano per la credibilità delle proprie testate, certi fili diretti con l'intelligence, quando superano i binari del rapporto professionale. Uno scoop ( come quello di cui si vantava Farina sulle colonne di Libero ), vale la dignità verso i propri lettori ? E' legittimo,oggi chiedersi se quando parliamo al telefono c'è qualche impiegato che ci registra per conto del sismi e qualche collega che domani potrà mettere in pagina qualche velina dei servizi ? In America questo dibattito infiamma da mesi la categoria : dopo il caso di Judith Miller del New Yok Times e quello delle intercettazioni autorizzate direttamente da Bush alla National Agency .Forse dovremmo fare un po' di ordine tra i mestieri . Se si può discutere sull'opportunità delle nomine istituzionali per ex come D'Elia o Farina (Daniele), bisognerebbe cominciare a ragionare anche su altre anche più inquietanti, in giornali e anche nelle televisioni. Sì, facciamo un po' d'ordine, colleghi. C'è chi la barba finta la porta per mestiere. Ma i giornalisti dovrebbero agire a volto scoperto.

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