di redazione
La verità su ciò che accadde nel febbraio del 2003, quando sembrava che la guerra in Iraq potesse essere scongiurata con l’esilio di Saddam Hussein. E’ la richiesta fatta oggi dai radicali durante un presidio davanti all’ambasciata inglese a Roma e davanti agli studi della Rai di Milano, prima dell’inizio della trasmissione di Fabio Fazio “Che tempo che fa”, con ospite i l’ex primo ministro inglese Tony Blair. Secondo i Radicali Saddam aveva accettato l’ipotesi dell’esilio, ma Bush e Blair preferirono lo stesso scatenare la guerra, affinché in Iraq non scoppiasse la pace e la libertà. Ma la loro denuncia va oltre. Nel completo silenzio di tutta l’informazione italiana anche il governo impedì il progetto dei Radicali per l’esilio di Saddam Hussein, andando contro la risoluzione del Parlamento, proposta sempre dai Radicali e votata con una larghissima maggioranza, che impegnava lo stesso Governo a sostenere presso tutti gli organismi internazionali e principalmente presso in Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, l’ipotesi di esilio del dittatore iracheno. Per questa ragione Marco Pannella chiede anche l’istituzione di una commissione d’inchiesta che accerti la verità su quegli eventi, per aiutare Governo e Parlamento italiani, la giurisdizione internazionale a dare il loro contributo affinché tutti i cittadini possano conoscere l’effettivo svolgimento dei fatti.
Dal sito www.radicalparty.org Nel gennaio 2003 il Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito tentò di convincere l’opinione pubblica italiana, europea e mondiale che in Iraq e per l'Iraq, cosi come per l'insieme del Medio Oriente ed del mondo intero, la vera e duratura alternativa, non fosse "la guerra o la pace", ma "la guerra o la libertà, il diritto, la democrazia e la pace". Si rivolse quindi alla Comunità internazionale, alle Nazioni Unite, al Parlamento italiano in primo luogo, perché facessero proprie, immediatamente, le affermazioni secondo cui l'esilio del dittatore Saddam Hussein avrebbe cancellato, per gli Stati Uniti stessi, la necessità della guerra, costituendo il punto di partenza per una soluzione politica della questione irachena. Altro obiettivo del progetto radicale consisteva nel far succedere ai decenni del regime un’Amministrazione fiduciaria internazionale (un governo democratico), affidando ad un uomo di stato di altissimo livello il compito di predisporre, entro un termine di due anni, le condizioni per un pieno esercizio dei diritti e delle libertà per l'insieme degli iracheni, donne ed uomini, come sancito dalla Carta dei Diritti fondamentali delle Nazioni Unite.In un mese l'appello fu sottoscritto da 27.344 cittadini di 171 nazioni, da 46 membri del Parlamento Europeo e in Italia da 501 parlamentari corrispondenti al 53,5% delle Camere. Il 19 febbraio il Parlamento italiano con l'adesione del Governo votò la proposta Radicale (345 sì, 38 no, 52 astenuti) che impegnava il Governo «a sostenere presso tutti gli organismi internazionali e principalmente presso il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, l'ipotesi di un esilio del dittatore iracheno e sulla baso dei poteri conferitigli dalla Carta dell'ONU della costituzione di un Governo provvisorio controllato che ripristini a breve il pieno esercizio dei diritti e delle libertà fondamentali di tutti gli iracheni». Nel dibattito Berlusconi afferma che il Governo italiano “sta operando per questa soluzione nell'ambito di riservatezza che è d'obbligo e tiene costantemente informato il governo americano e il Presidente del Consiglio dell'Ue dei progressi che si vanno registrando”. D'intesa con Bush, Berlusconi nello spazio di pochi giorni ottiene da Gheddafi l'informazione che Saddam è ormai deciso a passare alla fase di attuazione delle dimissioni e dell'esilio. Già l'8 febbraio il Presidente del Consiglio italiano Berlusconi aveva inviato un importante, lungo e complesso memorandum a Gheddafi, nel quale si configuravano i possibili scenari di intesa con Saddam volti ed atti a realizzare l'abbandono del potere e il trasferimento in esilio con il massimo possibile di sicurezza e di garanzia non solo per il dittatore ma anche per il suo possibile seguito, in misure da definirsi. Dopo pochi giorni Berlusconi può informare Bush che la risposta di Gheddafi è positiva. Dal colloquio del 22 febbraio in Texas tra Bush e Aznar, con in collegamento telefonico Blair e Berlusconi del 22 febbraio a Crawford, colloquio desecretato per il governo spagnolo dall'ambasciatore Javier Rupérez, emerge da una parte l'evidente tentativo del Presidente Aznar di auspicare dal Presidente Bush ulteriore prudenza. Bush, a questo punto gli comunica di aver ricevuto da Berlusconi la risposta positiva di Gheddafi sull' accettazione dell'esilio da parte di Saddam. Egli imputa a Saddam di esigere "un miliardo di dollari" e, testuale: "e tutte le informazioni che desidera sulle armi di distruzione di massa", affermazione assolutamente senza senso. Queste affermazioni mai smentite rendono nettamete chiare le posizioni in campo. Saddam non è irremovibile, Saddam se ne vuole andare.Per qualche giorno Bush sa che ci sono fondate certezze che l’alternativa alla guerra è praticabile. Sa che il 1 marzo ci sarà il Vertice della Lega araba nella quale Gheddafi e gli altri protagonisti della trattativa potrebbero chiedere ad un Saddam che non aspetta altro, di dimettersi. Bush sa che può contare sul consenso di tutti i suoi più stretti alleati per ritardare l’inizio della guerra. Ma Bush vuole la guerra che lui già a fine gennaio aveva stabilito dovesse cominciare il 10 marzo al di là dei riscontri degli ispettori ONU.In straordinaria, ed apparentemente casuale concomitanza, la Campagna Radicale continua. Il 23 febbraio Pannella infatti, a 24 ore dall’incontro di Crawford, mette in guardia il governo italiano, l'Ue e Blair dal "far fiducia" come mediatore a Gheddafi e su questo i riscontri sono conclusivi. Secondo la testimonianza di Mubarak il 1 marzo Gheddafi riesce in modo assolutamente singolare e talentuoso a impedire che la Lega Araba si riunisca. In questa riunione il Presidente degli Emirati Arabi Uniti Zayed al-Nahyan era pronto ad annunciare che, dopo quattro incontri personali dei suoi rappresentanti con Saddam, il dittatore iracheno, per comunicare ufficialmente la sua decisione di accettare pienamente l'esilio, poneva come unica condizione che la proposta e l'invito gli fossero giunti ufficialmente da quella riunione della Lega Araba e "non dagli americani". Il 6 marzo fonti ufficiali arabe riferiscono che "i Ministri degli Esteri di Egitto, Libano, Tunisia, Siria e della Lega Araba annunciano una missione a Baghdad per chiedere a Saddam di lasciare il paese ed evitare cosi la guerra". Contemporaneamente, intervenendo all'Assemblea generale all'Onu, l'ambasciatore rappresentante pakistano Munir Akram afferma che Saddam condiziona il passaggio alle dimissioni ed all'esilio alla garanzia per la sua immunità da ogni successiva accusa per crimini di guerra. Proprio "immunità e non impunità", era la quasi ossessiva ripetizione di Pannella nel corso della campagna.E’ solo in questo momento che si permette a Marco Pannella di accedere e parlare della proposta di esilio a Saddam in una trasmissione di prima serata sulle reti nazionali italiane. Il 18 marzo, Bush dà a Saddam un ultimatum: ha quarantotto ore per lasciare il paese con i suoi ed evitare la guerra. Cioè ingiunge a Saddam di organizzare una fuga che non ha nessuna possibilità oggettiva di salvargli la vita. Nello stesso giorno si consente di informare l'opinione pubblica americana e mondiale di un sondaggio del 25 gennaio: la maggioranza degli americani (62%) afferma di essere d'accordo con il consentire che Saddam viva in esilio per il resto dei suoi giorni e possa evitare persecuzioni per qualsiasi azione intrapresa quale leader dell'Iraq, a patto che accetti di abbandonare il potere in maniera pacifica e che la guerra sia evitata. Per l'intera notte di venerdì 21 marzo da Radio Radicale Pannella implorava, scongiurava, di inviare "anche nel week-end" con estrema urgenza l'ambasciatore italiano da Mubarak. La domenica seguente arrivava la notizia che l'ambasciatore britannico, latore di importante messaggio, aveva chiesto ed ottenuto un incontro con il Presidente Mubarak. Ma niente da fare era troppo tardi. Il Governo italiano forte anche della maggioranza parlamentare aveva il dovere di investire l'intera comunità internazionale al fine di arrivare ad una proposta di esilio largamente condivisa. Sceglie invece di non coinvolgere neppure le istituzioni comunitarie e in particolare i due CAGRE (Il Consiglio Affari Generali e Relazioni Esterne) tenutisi il 24/02/2003 e il 18/03/2003, successivamente quindi al voto del Parlamento, in cui il rappresentate italiano non fa menzione della proposta.