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Articolo 21 - Editoriali
La Rai abbandona le onde medie e gli ascoltatori si ribellano
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di Carlo Moretti*

* da Repubblica - 2 giugno 2004

Per gli orfani delle onde medie ora restano le trasmissioni in Fm, Internet e il satellite
La Rai ha spento i trasmettitori per ridurre l´esposizione alle onde elettromagnetiche
Secondo il Cnr "Il pericolo non è dimostrato, si può parlare solo di rischio".
La maggioranza non se n´è nemmeno accorta. Ma per gli appassionati o i forzati della radio in onde medie, quasi mezzo milione di italiani (calcola la Rai), è stato il panico. Dal 15 maggio scorso Radio 2 e Radio 3 sono state cancellate dalla modulazione di ampiezza (AM, le onde medie, appunto) quelle sulle quali storicamente trasmettevano i tre canali Rai oltre a Radio Vaticana, Radio Montecarlo, Radio Capodistria e Radio Lussemburgo. Per gli orfani delle onde medie a questo punto non c´è altra possibilità che acquistare un buon sintonizzatore Fm e sperare che la propria abitazione sia in una zona in cui il segnale della Rai non sia coperto da quello di altre emittenti. Ci si affida al caso perché, come si dice spesso, la modulazione di frequenza «è una giungla» in cui agiscono piccole radio di quartiere accanto ai network commerciali nazionali.
Secondo la Rai il passaggio dei due canali sulle onde di modulazione di frequenza era un atto dovuto: un decreto del ministero della sanità, il numero 381 del ´98, ha infatti stabilito la riduzione del limite di esposizione alle onde elettromagnetiche, abbassando l´emissione da 60 volt a 6 volt per metro, il limite più basso in Europa. E l´ultima convenzione tra il ministero delle Comunicazioni e la Rai, il contratto di servizio siglato nel febbraio 2003 per il triennio 2003-2005, ha fatto suo quell´invito impegnando la Rai alla razionalizzazione delle trasmissioni, attraverso la riduzione della potenza di trasmissione e riservando alle onde medie un´unica rete per i programmi di radiofonia nazionale: Radio 1.
A chi cambia la modalità del proprio ricevitore senza raggiungere nessun segnale Rai, gli ottimisti propongono ora di sintonizzarsi su Internet, o di ascoltare la radio via satellite dal televisore, o invitano a sperare nello sviluppo del dab, il sistema di radiofonia digitale che all´estero è una solida realtà ma in Italia non viene finanziato, proprio mentre 4 milioni di euro sono stati destinati alla tv digitale terrestre, fortemente voluta dal ministro Gasparri ma ancora una mosca bianca nel sistema televisivo nazionale.
Senza troppe informazioni a disposizione (anche se la Rai sostiene di aver comunicato la decisione attraverso i giornali radio locali), e con il programma del cuore perso nella giungla delle antenne, il popolo delle onde medie si è affidato al telefono e alle e-mail e ha inondato le redazioni dei programmi radiofonici di messaggi di allarme. E più il programma era amato, più il messaggio era accorato. Andrea ha scritto al Ruggito del Coniglio di Radio 2: «Ho 40 anni, sono un artigiano e abito a 20 chilometri da Parma. Radio 2 qui si ascoltava solo su AM, Radio 1 si sente in FM ma ultimamente scompare spesso, sostituita da altro, e poi ricompare. Ho sempre pagato il canone ma più passa il tempo più penso che siano soldi buttati». Giorgio ha usato l´ironia: «Chi tra i dirigenti Rai ha avuto questa grande idea? A Paderno Dugnano in provincia di Milano, dove abito, Radio 2 non si sente più, coperta da altri segnali. A Corsico, dove lavoro, il segnale è debolissimo e se passa qualcuno davanti alla radio cambia la frequenza». Silvano, da Montecchio, provincia di Vicenza: «Qui la ricezione dell´unica frequenza in Fm è pessima, non si ascolta volentieri nemmeno più "Il ruggito", non è giusto». E l´antifona era la stessa in tutte le telefonate e le mail giunte nelle redazioni di Radio 2.
Il fatalismo sprigionato dalle norme di legge paralizza ogni critica. Ci si indigna per i tanti ascoltatori oscurati e lasciati per la strada (che i prossimi dati Audiradio ci potranno quantificare), ma poi le motivazioni che sostengono la decisione, secondo la ricostruzione che ne fanno i vertici della Rai, ovvero la tutela ambientale e l´attenzione per la salute pubblica, spingono tutti verso una muta rassegnazione. «Potevano essere acquistate o predisposte altre frequenze» osservano i critici, «l´Antitrust ce lo impedisce, dice che altrimenti arriveremmo a una posizione dominante» rispondono alla Rai. E tutto rientra nei limiti del fatalismo. Ma una voce stona e squarcia un velo inquietante. E non è la voce di uno sprovveduto, è la voce del direttore dell´Istituto sull´Inquinamento atmosferico del Cnr, il dottor Ivo Allegrini: «Il pericolo delle onde elettromagnetiche non è dimostrato, si può parlare solo di rischio» spiega Allegrini. «Spesso, per giustificare politiche di risparmio, si confondono rischio e pericolo. Credo che la Rai volesse risparmiare sulla gestione degli impianti e così ha deciso di staccarne una buona fetta».

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