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Nel paese dei Moratti
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di Nello Trocchia

Nel paese dei Moratti

Un fermo immagine sul paese, in uno scatto l’impresa, la politica, il sindacato e i lavoratori. La spaccatura tra paese virtuale, fatto di talk, chiacchiere e nulla e il paese reale fatto di braccia, lavoro che, troppe volte, fa rima con morte. ‘Nel paese dei Moratti’, edizioni Chiarelettere, il nuovo libro del giornalista Giorgio Meletti, due scene intorno ad una stessa data: il 26 maggio 2009. A Sarroch, in Sardegna, Daniele Melis, ventinove anni, Luigi Solinas, ventisette, Bruno Muntoni, cinquantotto, si preparano a entrare in una cisterna per lavori di pulizia e manutenzione. I tre operai lavorano e muoiono alla Saras, la raffineria creata negli anni Sessanta da Angelo Moratti e ora gestita dalla famiglia. Nell’altra scena il mutismo del sindacato nazionale, le chiacchiere di Confindustria, la politica, distratta. Un viaggio, quello di Meletti, tra gli affari di una famiglia ricca e ‘solidale’, che aumenta il fatturato, è in rapporti con i partiti in modo ‘trasversale’ e rappresenta in modo perfetto l’Italia divisa in due, da una parte i dividendi, dall’altra i dipendenti. Due mondi diversi, in uno scatto unico: da una parte la morte, dall’altra i soldi; da una parte gli ultimi, dall’altra i padroni del vapore. 

Articolo21 vi offre una pagina amara del libro, bastava rispettare anche una sola avvertenza della legge per evitare la tragedia.

Dopo nove mesi di analisi, il 22 febbraio 2010 Gianino consegnerà la sua consulenza tecnica, un testo severo, troppo severo secondo gli avvocati della Saras, che hanno subito dato corso alla preparazione di una controperizia. Gianino scrive che l’infortunio «è derivato dal fatto che i lavoratori dell’impresa Comesa deceduti, ignari del rischio e senza l’adozione delle necessarie misure di prevenzione e protezione, si sono introdotti, o anche semplicemente affacciati, all’interno dell’accumulatore D-106 dell’impianto industriale nel quale mancavano le condizioni per la vita a causa del flussaggio di azoto». Certo rimane sempre l’ipotesi che Gigi Solinas abbia commesso l’errore di entrare nella cisterna prima di vedere il permesso di lavoro firmato. Ma, indipendentemente da questo pur importante dettaglio, Gianino sostiene che intorno alla cisterna il decreto legislativo n. 81 del 2008, cioè il testo unico della sicurezza del lavoro, è stato violato dieci volte. E queste dieci violazioni «si ritiene possano avere influito sul verificarsi dell’infortunio». Gianino compone una sorta di rosario. Ogni grano è una distrazione, una sciatteria, una superficialità, una violazione che può aver ucciso tre uomini. E proprio quel giorno alla Camera dei deputati si discuteva in un convegno l’opportunità di ammorbidirla, questa legge 81, troppo severa, burocratica, macchinosa, un inutile ostacolo al dispiegarsi della libera attività imprenditoriale.
E dunque alla Saras, secondo Gianino, della legge 81 sono stati violati 9 articoli: il 17, il 18, il 26 due volte, il 36, il 37, il 63, il 92, il 163, il 227. Dieci violazioni in tutto, minuziosamente elencate e descritte.1 Che cosa ci insegna questo rosario? Una cosa semplice e agghiacciante. Bastava una sola cosa a salvare la vita dei tre operai: che sapessero della presenza di azoto puro dentro l’accumulatore. Le legge, nota il perito della procura, questa legge ritenuta dagli opinionisti confindustriali eccessiva, forse ossessiva, aveva predisposto (ossessivamente? Sì, ossessivamente) dieci obblighi diversi per assicurare agli interessati, alle loro famiglie, ai colleghi, alle stesse aziende coin- volte, che Gigi, Bruno e Daniele fossero a conoscenza del fatto che il D-106 era saturo di azoto. E nessuna delle dieci prescrizioni è stata rispettata. Lo ripetiamo: bastava rispettarne una, una soltanto, e i tre non sarebbero morti. Di fronte a tante violazioni è inutile pensare di introdurre ulteriori prescrizioni nella legge. Bisogna semmai chiedersi che cosa ci sia alla base di comportamenti così superficiali.

Ascolta l’intervista all'autore Giorgio Meletti:

Prima parte

Seconda parte


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