Clicca qui per il nuovo sito di Articolo 21 »
Ricerca con Google
Web articolo21.info
 
 
Articolo 21 - Editoriali
Da Samarcanda alle piazze vere Santoro ora fa il nemico della tv
Condividi su Facebook Condividi su OKNOtizie Condividi su Del.icio.us.

di Alessandra Longo

da La Repubblica 
 
Ad Atella il saluto di un militante di An: "Sto dall´altra parte, però la stimo". Mea culpa davanti agli operai di Melfi: "Berlusconi vinse per colpa nostra". L'anchorman porta nei comizi l´indignazione per la Rai "che addormenta"
 
 
POTENZA - Un corno d´argento, lavorato, cesellato, antico. Michele Santoro se lo portava sempre dietro, poi un giorno non l´ha più trovato. Svanito, perso. Quel genere di cose che creano un sottile disagio. Diciamola tutta: sembrano anche preannunciare un po´ di sfiga. Adesso, girando e girando il Paese per la campagna elettorale, ecco che quel fine cornetto riappare a modo suo: «L´ho rivisto, similissimo, al museo degli ex voto del santuario della Madonna dell´Arco». Un buon segnale? Forse. Lui, sul registro dei visitatori, ha scritto: «Qui ho ritrovato qualcosa che avevo perso».
Ritrovare quel che si è perso. Ecco un bel tema, ecco la sfida: ritrovare un ruolo, un senso, la gente, la piazza, una battaglia di prima fila. Questo va cercando il padre fondatore di Samarcanda e Sciuscià, il mattatore dell´agorà telematica. Corre alle elezioni europee al Sud e nel Nord-Ovest per sentirsi vivo dopo la botta presa, dopo il cosiddetto editto di Sofia nel quale Berlusconi additò i soggetti che facevano «un uso criminoso» della televisione: Biagi, Luttazzi, Santoro. Niente più video, niente prime serate, solo una recente apparizione a «Ballarò», «se accettassi troppi inviti, finirei per essere patetico». «Due anni così avrebbero ammazzato un elefante», dice. Va da sé, il Nostro è sopravvissuto, ha trovato il modo di convogliare le energie censurate in questa campagna elettorale, scriverà anche un libro, dopo. Lo fermano per strada, gli dicono: "Michele ci manchi, quando torni in tivù?". Sono spesso giovani, gli chiedono l´autografo. Scrive su pezzi di carta volanti, usando le loro schiene. Al momento del voto, metteranno il nome Santoro sulla scheda? Lui non fa previsioni: «Ho aspettative medie», giura. Strasburgo però è la rivincita, la risposta. Non sarà certo l´approdo per sempre. Ci sarà una Rai da rifondare, «nuovi format» da inventare...
Tour elettorale massacrante. Si parte la mattina, questa volta da Napoli verso Potenza. La macchina corre a 150 all´ora sulla Basentana. L´autista è un "compagno" della Cgil, accanto gli siede Sandro Ruotolo, i baffoni, la voce bassa, sodale di tutte le esperienze televisive cancellate dal palinsensto, vicedirettore Rai senza incarichi. E´ il segretario politico dell´operazione, è lui che tiene l´agenda, lui che cancella e aggiunge appuntamenti: «Michele, ci invitano alla tavola della pace, Michele attento ai tempi sennò non ce la facciamo ad andare in piazza a Rionero...». Ruotolo è ciò che rimane della vecchia squadra televisiva. «L´unico sconforto che mi è preso è stato per loro, non per me. Veder morire un gruppo di lavoro, disperdere un patrimonio». Santoro: il leader che sente ancora la responsabilità delle sue truppe disperse, Santoro, ferito, che non va sopra le righe come un tempo se non quando parla di «quello lì» (Berlusconi, ndr). Santoro e quel certo suo modo estremo di condurre, quel porsi o imporsi che sfiorava, secondo alcuni, l´arroganza: «Niente di più sbagliato. La gente ha di me una visione molto più sentimentale, molto più profonda. Intere generazioni si sono formate sulle mie trasmissioni». Legge un e-mail di Raffaele Sardo : «Grazie per il tuo comizio a Carinaro. Erano 15 anni che non ne vedevamo uno così. Questo piccolo paesino lo ricorderà come un momento forte».
Lui punta sui ragazzi, sui giovani del Sud, «vero petrolio del Meridione». Una tappa dietro l´altra perché nessuno regala niente, «non sono capolista come Lilli». L?Aulin per il mal di denti, le gocce per schiarirsi la voce, microfoni artigianali. Santoro ricomincia dal porta a porta, dalla gente che fa lo struscio nel corso principale di Potenza, dalle famiglie degli operai Fiat di Melfi («Nessuno ha raccontato bene le loro storie di coraggio, bisognerà farne un programma...»).
Vista con i suoi occhi televisivi, una società divisa in due: o sei del partito di Samarcanda, «vuoi sentire parlare di valori, di battaglie sindacali, di difesa della legalità, di università, di ricerca, di scuole per tutti, e non solo per i figli della Moratti» o, al contrario, ti accontenti delle «puttanate che passa il convento Rai»: le veline, i muscoli di Costantino il bello. Televisione «spazzatura», televisione che «addormenta le coscienze», che insinua il dubbio che il mondo «non sia dei bravi, dei lottatori, ma dei furbi, dei seduttivi, di quelli che buttano giù dalla torre i più deboli». «Della Rai promuovo Report, Ballarò e il Tg3, anche se ha perso lo smalto», dice. «Il Tg1 è inguardabile, meglio il Tg2, anche se è un po´ grigio. Porta a Porta? Un programma importante ma non bello, anzi noioso». A Potenza, dove si vota per il sindaco e per il presidente della Provincia, si va sul liscio, i sondaggi dicono che il centrosinistra è forte. L´establishment del listone gli ha organizzato una convention nel solito grande albergo. Il copione classico: presentazione dei candidati locali, guest star Michele Santoro, chiude Cesare Salvi. Hostess, santini elettorali, platea di partito. Lui abbozza, fa il suo dovere, pronuncia il discorso standard. Parole chiavi: libertà, pace, dignità, governo «sciagurato, servo in politica estera». Applaudono, soprattutto donne.
Ma non è questa la cornice, il set naturale. Molto meglio lassù, ad Atella, in collina, tremila abitanti. Sezione bonsai dell´Ulivo stipata di gente: «Ehi, è arrivato Michele!». Gli stringe la mano un compaesano di Alleanza Nazionale: «Io sto dall´altra parte ma la stimo». Meridione povero, tradito, un´operaia emozionata legge un testo scritto: «Signor Santoro, siamo della Parmalat, produciamo merendine. Ci hanno messo in cassintegrazione, solo noi, qui al Sud. Perché?». Già, perché l´Italia va così? Forse perché ad un certo punto «il capitalismo è impazzito». Via, fa buio, si va a Melfi, la piazza è piena. Mancano le telecamere e sarebbe una delle tante puntate di Sciuscià. Santoro privilegia la corda sociale, questo è il suo pubblico: «Dico grazie agli operai di Melfi per il loro coraggio. Noi dobbiamo cambiare questo Paese. Se ha vinto Berlusconi è anche colpa nostra. Non abbiamo amato abbastanza la libertà». «Michele sei andato benissimo...», gli sussurra Sandro Ruotolo. 

Letto 990 volte
Notizie Correlate
Audio/Video Correlati
Dalla rete di Articolo 21