di Stefano Munafò*
*editorialista di .com
Di nomine in Rai si vive e si muore. E fare (o subire) nomine, sempre più frequentemente, è diventato il compito principale e la missione dei suoi amministratori. La Rai ormai da tempo è lâ??interfaccia televisiva (o, se volete, il sismografo) del sistema politico e delle sue oscillazioni. Archiviate le elezioni, dunque, ritorna ancora nellâ??azienda pubblica il toto-organigrammi. Non si tratta più (o solo) del completamento della seconda metà del maxi-pacchetto messo in cantiere (se non con cinismo, con una certa dose di disinvoltura) proprio alla vigilia congiunta delle elezioni e della applicazione della legge Gasparri. Quel pacchetto di nomine-anonime, tanto caro a Flavio Cattaneo, è tuttâ??ora congelato. E non si sa sino a quando. No, ora si tratta di nomi e di cariche più importanti. Dopo il risultato elettorale è tornata in ballo, insieme con la sopravvivenza dei quattro del Cda, quella dello stesso direttore generale. Come era prevedibile e come era stato previsto da Lucia Annunziata.
Il cerino per accendere la miccia sta attualmente nelle mani del prof. Giorgio Rumi, che non è un incendiario e quindi si propone di usarlo con cautela. Intanto ha deciso di rinviare le sue preannunciate dimissioni (a seguito di quelle di Lucia Annunziata) sino al 6 di luglio. In quella data si avvieranno le complicate procedure, previste dallâ??art. 21 della nuova legge sulla Tv, per la fusione della Rai in Rai-holding.
Qualcuno sostiene (lo ha fatto su "La Repubblica" del 16-6, Concita De Gregorio) che quella della "fusione" potrebbe diventare lâ??occasione per lâ??ennesimo pateracchio cui la Rai ci ha abituato nel corso delle sue intricate vicende. Un pateracchio giuridico indigesto, ma con un obiettivo politico chiaro: quello di prolungare, quanto è più possibile, la sopravvivenza dellâ??attuale consiglio e di questo direttore generale. Il mezzo per raggiungere questo obiettivo, dovrebbe passare attraverso il riassorbimento della dissidenza del prof. Rumi, al quale si cerca ora affannosamente di fornire qualche rattoppato alibi per restare.
Ma vediamo, in concreto, cosa dovrebbe avvenire, secondo questa tesi. Rai-holding è attualmente una scatola vuota, che consiste solo della figura del suo presidente, Piero Gnudi. La Rai è a ranghi ridotti, perché attualmente dotata di un consiglio di quattro membri, senza il presidente. Quale migliore occasione per dare alla Rai un presidente espresso dal Tesoro (Gnudi) e dare a Rai-holding il consiglio di amministrazione che le manca (quello composto da Alberoni, Petroni, Veneziani e Rumi)?
Lo dico francamente: più che una tesi giuridico-politica, questa a me sembra un esorcismo giornalistico, per evidenziare manovre certamente in atto e non infondate, ma "in queste forme" irrealizzabili. La nuova legge Gasparri prevede per il Cda della Rai una nuova composizione (9 membri anziché 5) e nuovi criteri di investitura. Per il nuovo presidente del nuovo Cda si prevede addirittura lâ??avallo dei due terzi della Commissione parlamentare di vigilanza. Possono le leggi essere applicate "a pezzetti" e a piacimento, secondo le convenienze politiche del momento? La domanda è forse ingenua. Ma tutto questo ha il solo scopo di prolungare di alcuni mesi la vita dellâ??attuale Cda, destinato, comunque, a passare il testimone nei primi mesi del 2005, e cioè sempre prima delle nuove temute scadenze elettorali? Eâ?? vero che in Italia e in Rai è tutto possibile. Ma a me sembrerebbe, comunque, non solo giuridicamente ma anche politicamente uno sproposito. Sia dal punto di vista della opposizione (ovviamente), ma anche da quello della maggioranza o perlomeno delle sue parti meno disinvolte.
Non si vedono, in aggiunta, le disponibilità (e le convenienze) dei personaggi in causa, che non sono semplici pinco-pallini manovrabili. I l prof. Gnudi pare abbia fatto sapere di non avere nessuna intenzione di diventare presidente della Rai. E lo si capisce. Soprattutto in riferimento ad una procedura forzosa, che lo priverebbe di una investitura molto ampia e rappresentativa, esponendolo alle critiche inevitabili di tutta lâ??opposizione, (che si vedrebbe, in un caso del genere, "aggirata" in uno dei pochi requisiti garantisti per lâ??opposizione stessa, contenuti nella legge Gasparri). Perché poi il prof. Gnudi dovrebbe legare il suo nome a un consiglio di breve transizione? Non mi pare sia un personaggio disponibile a farsi bruciare per qualche mese di falsa gloria. Si ritorna, così, al vero ago della bilancia. Lo era già prima delle elezioni, lo è ancora di più adesso: il prof. Giorgio Rumi. Cattaneo, per salvarsi tardivamente, ha già cercato di spingerlo verso la presidenza. E Rumi ha rifiutato. Sinora. Come potrebbe accettare se ha sempre sostenuto (e di recente lo ha ancora ripetuto a Paolo Conti , sulle pagine del "Corriere della sera" del 19/6) che il 4 a 0, con le dimissioni di Lucia Annunziata, ha fatto venir meno non solo la chimerica presidenza di garanzia, ma qualsiasi rappresentanza nel Cda della Rai delle opposizioni? Questo è il garbuglio in cui si è cacciata la Rai a suo tempo, spingendo fuori, volutamente o passivamente, Lucia Annunziata. Per un pacchetto sbrindellato di nomine. Eppure lâ??hanno insultata, Lucia, sostenendo che si voleva presentare alle elezioni. (Pensate, a posteriori, dopo il caso Gruber, quale sarebbe stato lâ??esito elettorale. Ma Lucia, non è stata tentata dallâ??idea, dimostrando un non comune senso della dignità e del rapporto tra professione e politica).
Come si può uscire ora dallâ??attuale pantano Rai? A questo punto lâ??unico sbocco fisiologico a me sembra quello di applicare, sin da luglio e interamente, la pur mediocre legge Gasparri. Comunque si sbrogli la matassa, per uscire da questo intricato disordine, un fatto è certo: mesi più o mesi meno, lâ??attuale vertice Rai ha già perso la sua partita ed è, simbolicamente parlando, come un cadavere che cammina. E proprio perché, a suo tempo, ha ignorato uno dei moniti dello storico, Rumi. Un avvertimento rivolto ai suoi colleghi del Cda, travolti da unâ??infida ventata di "boria della maggioranza". Non bisogna dimenticare (anche in Rai) che le maggioranze di oggi possono diventare le minoranze di domani. E viceversa. Lo dice la saggezza storica (di Rumi), ma anche quella politica.