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Articolo 21 - Editoriali
Le Carte Truccate del Premier
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di Pasquale Cascella

da L'Unità
Ha tagliato la testa di Giulio Tremonti per salvare la propria pelle, Silvio Berlusconi.Nella notte dei lunghi coltelli, a palazzo Grazioli, il premier si è trovato a dover scegliere cosa sacrificare, e si è mostrato pronto a vendersi anche lâ??anima pur di non compiere la scelta più lineare e responsabile: dimettersi lui. Oggi salirà al Quirinale per prendersi il mandato del superministro dellâ??Economia, contando che Carlo Azeglio Ciampi si rassegni per non mettere a repentaglio lâ??Italia di fronte allâ??Ecofin. Ã? lâ??ennesimo imbroglio, al culmine di una giornata in cui se ne sono viste di ogni colore, tutta dominata dalla paura del premier che la crisi strisciante si traducesse in una vera e propria crisi al buio. Crisi strisciante era e crisi strisciante resta. Cosâ??altro se non lo spiritello maligno della crisi avrebbe potuto impedire a Silvio Berlusconi di tradire il tradizionale ricevimento per lâ??anniversario dellâ??indipendenza americana? A scusarlo con lâ??ambasciatore Usa, a villa Taverna, ha provveduto un affannato e frettoloso Gianfranco Fini: è arrivato direttamente da palazzo Grazioli e lì è subito tornato, per verificare che il premier non ne inventasse una delle sue per sfuggire al secco aut aut: «O me o lui». Anzi: «O An o Giulio Tremonti».
Ã? saltato il superministro, nel vertice della maggioranza faticosamente rappattumata nella notte. Ed è saltato il Consiglio dei ministri di oggi. Si dovrà provvedere in extremis alla sola manovrina della cui responsabilità An e lâ??Udc si sono pilatescamente lavate le mani, perché comunque avrà lâ??impronta del ministro dimissionario. Forse domani, forse lunedì mattina, a poche ore lâ??Ecofin, il summit dei ministri economici e finanziari dâ??Europa che dovrà giudicare lâ??entità e i contenuti del contenimento del deficit per non bollare lâ??Italia con lâ??early warning. Ma dopo? La partita già prevede i tempi supplementari sul Documento di programmazione economica e finanziaria. E Berlusconi, questa volta, dovrà esporsi in prima persona, rischiando a ogni pieâ?? sospinto di salire al Quirinale con le proprie dimissioni e discenderne con una crisi al buio. A quale altro «imbroglio» potrà ricorrere dopo quello di ieri? E dire che il vice premier aveva sì fatto la voce grossa, in mattinata, allâ??esecutivo del partito («An ritiene indispensabile, pena il suo disimpegno dal governo, che sia impressa una svolta nella politica economica»), ma in buona sostanza aveva concesso la proroga che Berlusconi gli supplicava. Con la garanzia - «Quasi un giuramento sulla personale fiducia», ha puntualizzato Fini davanti ai suoi - che al vertice della maggioranza avrebbe presentato un documento a sua firma riconoscendo tutte le «ragioni» invocate dagli alleati per la fatidica inversione di tendenza. Invece...
Quando il fax con la bozza del documento è arrivato intorno alle 18 a via della Scrofa, a Fini è bastato un rapido sguardo per scoprire il trucco: nella premessa politica si scopiazzava qualche espressione dei documenti rimessi al premier da An e dallâ??Udc, a cominciare dal riconoscimento dellâ??urgenza di una «scossa», e però i contenuti corrispondevano pari pari alle indicazioni di Tremonti. Che il vice premier aveva già avuto modo di conoscere, e di bocciare. In privato giorni fa, quando il premier gli aveva mostrato la manovra per il riequilibrio dei conti e il rilancio che Tremonti aveva predisposto perché fosse varata con un decreto onnicomprensivo allâ??odierno Consiglio dei ministri. Come in pubblico, ancora ieri mattina con il documento votato allâ??unanimità dallâ??esecutivo di An in cui la manovra di aggiustamento di Tremonti, a cui si dava via libera solo per senso di lealtà e di responsabilità per evitare le sanzioni europee», era separata dal resto, a cominciare dalla riduzione delle tasse. Tutto riproposto con carte «false» e conti «truccati». Che, oltre Fini, anche Follini ha vissuto come una presa in giro. I due si sono consultati: «Ci disimpegniamo insieme?». Avuto questo affidamento, il vice premier ha rotto gli ultimi indugi e ha schierato lâ??intera delegazione ministeriale del suo partito: erano tutti lì, a palazzo Grazioli, ieri pomeriggio i ministri a dire a Berlusconi che oggi non avrebbero votato nemmeno la manovra correttiva, provocando lâ??immediata crisi di governo, se la politica creativa di Tremonti non fosse stata liquidata una volta per tutte. Che era come chiedere la testa di Tremonti allâ??indomani dellâ??Ecofin. Il premier ha fatto buon viso a cattivo gioco, rimettendo il testo del documento nelle sagaci mani di Gianni Letta. E assicurando o il ridimensionamento politico del suo superministro, con la sottrazione non più solo delle deleghe sul Mezzogiorno ma persino della responsabilità dei pacchetti azionari totali (nel caso della holding Rai) o parziali controllati dal Tesoro, o la sua giubilazione come commissario europeo. Di rimando, sono cominciate a correre le voci di una levata di scudi di Tremonti («Se mi debbo prima esporre a Bruxelles per poi essere sacrificato, allora mi dimetto io») che Berlusconi sarebbe stato pronto a neutralizzare assumendo lâ??interim dellâ??Economia, pur di non rischiare il buio di una crisi, in attesa di tempi migliori per passare la patata bollente a mani forse ancora più fidate (quelle di Letizia Moratti?). Materializzatesi nel vertice, nonostante Tremonti avesse scaricato sugli uomini del premier, Fabrizio Cicchitto e Renato Brunetta, la responsabilità del documento della discordia. Troppo tardi per sottrarsi allâ??azzardo: carta vince, carta perde...

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