di Ennio Remondino
Ero rimasto, tanti anni fa, alla fatale frase: “Papà non vuole”. Sofferenze adolescenziali terribili, un secolo fa, quando ancora gli eccessi di testosterone di noi maschietti ci accecavano e le virginee soglie della virtù femminile le potevi al massimo intuire nel loro beffardo arroccamento, o scalfire con audaci e frustranti incursioni d'assaggio. Preistoria. Ora Papà, nel frattempo modernizzato in Papi, non soltanto vuole, ma spesso sollecita. Così narrano le cronache giudiziarie trasmesse dal pettegolo ripetitore cellulare di Arcore. Non soltanto i singoli Papi, e Mami e fratellone (quello che ai miei tempi mi avrebbe riempito di sganassoni) invitavano le giovani fanciulle a maggiore iniziativa: “Così ci sistemiamo tutti”. Ecco finalmente il romanticismo che mi mancava. L'afflato nobile e paterno (materno e fraterno) di provvedere ad un futuro felice, brillante si dice oggi, per la propria prole. Lo stesso spirito disinteressato e nobile che ha mosso un Papi adottivo a prendersi cura di una giovane sola e lontana da casa. Su al nord del continente la sua patria, accanto alla Lettonia. Destino segnato.
Terra algida di donne fulgide, rimerebbe Apicella cantando la Lituania. Lei di quella terra è stata Miss nazionale e, data la concorrenza, non è poco. Ma il destino della giovane ed avvenente donna trova il suo Virgilio, come da letteratura, in Italia. Mentore di cotanto ingegno un imprecisato Papi, tanto generoso e tanto potente da poter delegare le opere caritative ai suoi maggiordomi. Per umiltà e timidezza, s'intende. Bimba disposta, Papi contento. Bimba chiede, Papi concede. La spontaneità nella semplicità del baratto. Ora narrano che la bimba, di grande e spontanea capacità recitativa, sognasse un giorno di fare la diva. Rasa era il nome di fantasia che s'era data. Il Mentore, che bene aveva colto le sue qualità più nascoste, accondiscende a realizzare quel piccolo e ingenuo sogno senza voler apparire. Altri di corte son delegati. Ed ecco che, come nella favola di Cenerentola, la bimba lituana si trasforma in “Dea della fortuna”, dispensatrice ben augurante di numeri e di sogni dai teleschermi della più grande azienda culturale italiana. Improvvido appare oggi scalfire con dicerie malevole tanta poesia.
In tempi cupi e malevoli di incriminazioni e bunga bunga, la favola di Rasa si trasforma in operetta. A discutere e litigare su svilenti procedure burocratiche di contratti e prebende. Quasi che le eventuali e cortesi sollecitazioni di Papi null'altro fossero che una timida istanza di attenzione. Generosità senza confini la sua, dal torrido Marocco alla gelida Lituania. Leggo quindi con stupore di forti polemiche tra il sempre sospettoso consigliere di amministrazione Rai Nino Rizzo Nervo e il direttore generale Mauro Masi. Quest'ultimo accusato di aver sostenuto con reiterate pressioni interne quel misero contrattino che coronò felicemente i sogni della bimba nordica. Sollecitazioni nel nome di Papi, è la malizia. Millecinquecento euro a serata, era la richiesta. Anche Tiberio Timperi, l'esperto conduttore che di euro ne prendeva meno di un terzo, ne sarebbe stato felice. Per cogliere il sorriso di chi scopre di essere finalmente giunto nel Paese dei Balocchi. Riesumando un'antica colleganza col consigliere Rizzo Nervo mi consento: pietas Nino, almeno per Rasa, la fresca Rugiada di primavera in quella lingua baltica.