Clicca qui per il nuovo sito di Articolo 21 »
Ricerca con Google
Web articolo21.info
 
 
Articolo 21 - INTERNI
De Magistris: «Uno spettacolo indegno per uno Stato di diritto, che rende necessaria la manifestazione del 5 marzo»
Condividi su Facebook Condividi su OKNOtizie Condividi su Del.icio.us.

di Giulia Fresca

De Magistris: «Uno spettacolo indegno per uno Stato di diritto, che rende necessaria la manifestazione del 5 marzo»

Due date da segnare in agenda: 13 febbraio e 5 marzo. La prima per la manifestazione a cui Articolo 21 ha aderito e che sta sostenendo in difesa della “Dignità”, della donna e dei suoi diritti, la seconda promossa per scendere in piazza con la Costituzione ed il Tricolore. E mentre dalla Calabria registriamo le adesioni del presidente della Provincia di Cosenza, Mario Oliverio e del consigliere regionale di Idv, Domenico Talarico, abbiamo chiesto a Luigi De Magistris la sua opinione.

Lei aderirà alle iniziative?
Assolutamente si. La mobilitazione pacifica della società civile è espressione della vitalità e della maturità di una democrazia. Soprattutto nei passaggi storico-politici più delicati, la mobilitazione pacifica della società civile diventa un prezioso argine a difesa della democrazia stessa. Il nostro paese sta vivendo proprio un passaggio di questo tipo: il presidente del Consiglio impegnato in una sistematica distruzione degli equilibri costituzionali; il parlamento ridotto a mero ratificatore dei suoi desiderata e completamente commissariato nella sua attività, perché dedito soltanto alla passiva approvazione delle leggi ad personam; i poteri dello Stato, quello legislativo e giudiziario, che tra loro dovrebbero essere autonomi e indipendenti, sono fagocitati dal potere esecutivo. E’ una situazione di emergenza democratica, dove il clima politico è avvelenato irresponsabilmente da Berlusconi, che non perde occasione per aggredire le istituzioni, soprattutto la magistratura, e per imporre il bavaglio all’informazione. La prima è per lui di disturbo quando lo considera cittadino uguale agli altri e vorrebbe processarlo come è suo diritto, la seconda è da imbavagliare semplicemente perché racconta i fatti che lo riguardano. Difendere la magistratura e l’informazione, dunque, significa difendere la Costituzione come grande conquista del paese, frutto della lotta di liberazione al nazifascismo, fondamento della Repubblica.

E questi fatti sono anche relativi al nuovo scandalo Ruby?
Certo. Dopo il Ruby gate è diventata nota la condizione di degrado umano che caratterizza il comportamento privato del premier. Una condizione che avrebbe spinto qualsiasi leader europeo a lasciare il suo incarico di governo, perché la vita privata di un uomo pubblico deve essere condotta in modo onorevole proprio in virtù del suo ruolo. Una condotta di questo tipo, inoltre, espone il paese alla perdita di credibilità internazionale – l’Italia del bunga bunga è un mantra in Europa- e rende lo stesso presidente del Consiglio ricattabile, quindi minaccia per la sicurezza nazionale. Non va poi dimenticato un altro aspetto: proprio perché ricattabile, il premier potrebbe aver comprato l’altrui silenzio anche promettendo e garantendo ruoli e incarichi politico-istituzionali. Insomma, il Ruby gate non è questione privata, ma collettiva, che riguarda l’intera società italiana. E riguarda soprattutto le donne e gli uomini, intendo il rapporto fra i due sessi. L’immagine femminile figlia del berlusconismo – la donna concepita come solo corpo e corpo barattabile, anche e in particolare davanti al potere- rappresenta una regressione etica inaccettabile. Inaccettabile per le donne e per gli uomini, allo stesso modo. Purtroppo, contrastarla è difficile, essendo stata al centro di un bombardamento mediatico che la tv commerciale di Berlusconi ha attuato per decenni nel paese, producendo una rivoluzione-involuzione antropologica, come accade nelle dittature. L’uomo nuovo del regime di Berlusconi è quello che compra le donne, il loro corpo, ne dispone come merce. La donna nuova, invece, è quella che si fa protagonista di questo perverso meccanismo infame. Ecco perché la manifestazione del 13 febbraio è un appuntamento irrinunciabile.

E’ un’utopia idealistica oggi parlare di meritocrazia, legalità, giustizia?
No, è un discorso doveroso. Almeno per quei cittadini e quelle cittadine che non si arrendono a vedere l’Italia ridotta ad un postribolo pubblico oppure alla terra dell’impunità del potere, al deserto dei diritti e della legge. L’Italia del berlusconismo al tramonto mi sollecita il ricordo di una bellissima canzone: “Povera patria” di Battiato. Ecco, dovremmo farne una sorta di manifesto estetico di ciò che questo paese, per volontà di tantissimi cittadini, non si rassegna a diventare. Il ritornello finale “si che cambierà, vedrai che cambierà” deve essere il leitmotiv della nostra battaglia democratica pacifica che si attiva a difesa del futuro di tutti. Manifesto visivo di questa battaglia potrebbe essere il Quarto Stato di Volpedo, l’immagine di uomini e donne in movimento per il riconoscimento dei loro diritti. Quanto di più attuale esiste.

Immaginava che nel 150° dell’Unità d’Italia ed il 5 marzo, anziché festeggiare gli italiani si sarebbero ritrovati, perché “costretti”, a difendere il Tricolore e la Costituzione ?
Si lo immaginavo. Lo immaginavo vedendo la pericolosa involuzione della Lega al governo avvenuta negli ultimi anni, con l’avallo di un PdL completamente servile rispetto al ricatto leghista, quello nato dall’apporto elettorale vincente che la Lega ha garantito a Berlusconi. Non a caso attualmente fra le due componenti è in corso uno scambio indegno tra riforma punitiva della giustizia e federalismo spacca Paese. L’esperienza nell’esecutivo ha infatti portato alla legittimazione istituzionale e pubblica di idee assolutamente antidemocratiche: la secessione razzista dal Sud in virtù di una presunta ‘razza padana’, la denigrazione della Unità e del Tricolore che testimoniano la storia della nazione, il dileggio della Costituzione ridotta ad arnese vecchio da gettar via, fino alla crociata anti-immigrazione che ha avuto ripetute vesti legislative (pacchetti sicurezza vari). Francamente uno spettacolo indegno per uno Stato di diritto e una democrazia che rende necessaria la manifestazione del 5 marzo.

Qual è, secondo il suo pensiero, il futuro di questo Paese?
E’ tutto da scrivere o meglio da difendere. Giro l’Italia, conosco e parlo con i suoi cittadini: sono ottimista e fiducioso perché c’è un’Italia pulita e fresca che non si riconosce nella sua infima classe dirigente, soprattutto di governo. Se non fossi ottimista e fiducioso, del resto, non avrei scelto la strada della politica, come arte del cambiare insieme per il bene collettivo e l’interesse di tutti.

Lei è spesso in Calabria, una regione nella quale tutti i mali italiani sembrano essere amplificati. Pensa che iniziative come quella del 13 febbraio e del 5 marzo possano incidere nella coscienza civile dei calabresi?
La Calabria, come del resto la Campania , sono terre di frontiera complesse: esiste il crimine organizzato che controlla il territorio, la politica infiltrata, l’economia corrotta. Ma proprio qui si annida la reazione sociale e civile più forte e positiva, la società civile è vivissima e consapevole, soprattutto vuole il cambiamento etico-politico. In fondo, come scriveva Hölderlin, “là dove sta il pericolo, cresce anche ciò che salva”.

“Il 5 marzo saremo in piazza per rinnovare il patto costituzionale” - di David Sassoli* / "In piazza il 5 marzo con i nostri valori" - di Rosy Bindi / "Ecco la logica di Berlusconi: ho il consenso popolare, e mi pongo al di sopra della legge". Intervista a Bruno Tabacci - di Michele Cervo / Il 5 marzo saremo alla giornata per la liberazione in difesa della Costituzione - di Antonio Di Pietro  / Sarò in piazza con Articolo 21 perché "io non ci sto" - di Francesca Puglisi* / Ripartiamo dalla Carta - di Pino Pisicchio / Manifestazione unitaria, l'adesione dell'ANPI


Letto 5608 volte
Dalla rete di Articolo 21