di Giovanna Nigi
Dopo la pubblicazione del loro manifesto, i giovani palestinesi di Gaza (GYBO) si sono messi alla testa del movimento “15 marzo “, data in cui, in nome della riconciliazione, i ragazzi si ritroveranno nelle piazze di Gaza, Ramallah, Tulkarm, Jenin, Hebron, Bethlehem, Nablus, Haifa, Tel Aviv, e in Giordania, in Libano e in tutto il mondo davanti alle sedi diplomatiche palestinesi.
Tornano su Internet, i giovani di Gaza, con tutta la loro rabbia, chiedendo con forza di non distorcere il loro messaggio.
“Vorremmo ricordare a tutti il nostro obiettivo: siamo frustrati e stufi di essere oppressi, uccisi, umiliati, ci è impedito persino di partire per studiare in altri paesi; tutto ciò’ ci spinge a denunciare i partiti politici che ci governano, perché non ci aiutano in niente, noi denunciamo tutti i capi, non SOLO HAMAS.”
Sono stanchi, i ragazzi del Gybo, di essere etichettati come “filo-sionisti” solamente per aver criticato le loro dirigenze, tutte, tutti i partiti politici che ritengono di rappresentarli. Non chiedono un colpo di stato, dicono, piuttosto intendono lavorare per il popolo, denunciando la miseria in cui sono costretti a vivere. Chiedono l’unità in nome del benessere di tutta la popolazione contro il terrorismo di stato israeliano e quello che considerano il suo burattino, la comunità internazionale, che non fa nulla per sanzionare Israele e far applicare le risoluzioni dell’ONU.
Si dichiarano pacifici, e in pace si preparano ad agire, anche se
di intimidazioni ne hanno ricevute da ogni parte: solo negli ultimi due giorni la polizia di Hamas ha arrestato 12 giovani che distribuivano materiale sull’evento del 15 marzo.
Nei loro documenti ricorrono i termini rispetto e dignità, “Karama”, quella parola che oggi rimbalza da Tunisi al Cairo da Algeri a Bengasi, un termine che chiama in causa direttamente gli occidentali, perché è della loro cultura e delle loro aspirazioni che si sta parlando, è della nostra cultura che sono figli i ragazzi che si ribellano, di quei principi che la Rivoluzione Francese per la prima volta ha iniziato a gridare a tutto il mondo occidentale. E’ una forza che non ha paura, perché ha la coscienza che quelle parole, una volta pronunciate, non permetteranno a nessuno di tornare indietro, nonostante le inevitabili battute d’arresto, e i possibili ritorni (transitori)al vecchio ordine. Sanno, i ragazzi che si ribellano in tutto il Medio Oriente, che indietro, le idee, una volta che si manifestano, non tornano. Hanno studiato la storia d’Europa, e il congresso di Vienna gliel’ha insegnato…
E’ per questo che chiedono aiuto a noi, da Bengasi a Gaza,per mettere in pratica quei diritti umani che sono il fondamento delle nostre democrazie.
Ecco il documento dei giovani di Gaza:
Ci appelliamo a coloro che governano in Cisgiordania e Gaza affinchè rispondano alle legittime richieste del popolo :
1 – rilascio di tutti i detenuti politici nelle prigioni dell’Autorità Palestinese e di Hamas
2 – fine delle campagne mediatiche contro le altre fazioni
3 – dimissioni dei governi di Haniyeh e Fayyad per dare vita ad un governo palestinese di unità nazionale che sia l’espressione di ogni fazione politica e rappresenti il popolo palestinese tutto
4 – ristrutturazione dell’OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina) in modo da renderla inclusiva di tutti i partiti affinchè torni a battersi per lo scopo originario: la liberazione della Palestina
5 – annuncio del congelamento dei negoziati finchè non si raggiungerà un accordo tra le varie fazioni su un programma politico comune
6 – fine di ogni forma di collaborazione con il nemico sionista per quanto riguarda la sicurezza
7 – organizzazione in contemporanea di elezioni presidenziali e parlamentari nei tempi stabiliti da tutte le fazioni insieme.
15 Marzo “End the Division” – Giornata della riconciliazione
In nome del popolo arabo palestinese, dei martiri, delle vedove, degli orfani e dei familiari di quanti sono morti, delle migliaia di prigionieri nelle carceri israeliane e di tutti i palestinesi della diaspora, chiediamo a tutte le fazioni politiche di unirsi sotto la bandiera della Palestina per una riforma del sistema politico palestinese che si basi sugli interessi e le aspirazioni del popolo palestinese tutto, sia quello che vive in terra di Palestina che i profughi.
Il grave momento attuale che vede le continue incursioni di coloni israeliani, la sottrazione continua di terra palestinese nella città sacra di Gerusalemme e il perdurare del feroce assedio di Gaza ci obbliga ad essere ancora più uniti contro la brutale occupazione israeliana.
Abbiamo sentito il popolo palestinese chiedere elezioni legislative e presidenziali per porre fine alle divisioni. Certo, noi tutti vogliamo la riconciliazione di tutte le forze politiche ma desideriamo anche una ricostruzione completa dell’OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina), che comprenda tutte le fazioni, inclusa Hamas, e in questo nuovo assetto torni a lottare per la liberazione della Palestina, così come stabilito sin dalla sua fondazione.
Noi popolo palestinese (sia coloro che vivono in nella Palestina storica che i profughi) da sempre ascoltiamo ripetere che le azioni pacifiche basteranno a farci guadagnare la vittoria e a restituirci la terra, ma finora 20 anni di negoziati non sono serviti a farci ottenere la benché minima richiesta. La nostra gente vive sotto una occupazione brutale ed oppressiva, che sottrae la terra, viola i luoghi sacri, uccide i nostri figli. E tutto questo avviene mentre il mondo che ascolta e osserva continua a ripetere che la democrazia è al sicuro e i diritti umani sono rispettati! D’altro canto la resistenza non fa passi avanti, mentre più di un milione e mezzo di palestinesi vive sotto un un’occupazione così feroce che ai malati (compresi i figli dei leader della resistenza) sono precluse le cure mediche.
E’ necessario trovare un accordo: una riconciliazione è indispensabile per tutti i palestinesi di qui e per i sei milioni di profughi palestinesi che ancora sognano di tornare alle loro case sottratte loro dalla forza occupante, occupanti che comprendono soltanto il linguaggio della forza! Dobbiamo essere determinati, fare dell’unità il nostro punto di forza e concordare su una dirigenza indivisa che ci guidi sulla strada della liberazione, con orgoglio e dignità!