di Ernesto Ruffini
Durante il ventennio fascista, come denunciarono i nostri padri costituenti, molti giornalisti legati al regime avevano «sacrificato la loro dignità e prostituito il loro ingegno [...] ai facili onori, ai facili plausi»; avevano «immolato la dignità del loro intelletto sull’altare dell’oro e del denaro»; avevano influenzato «la formazione dell'opinione pubblica del nostro Paese», ingenerando «in molti cittadini il culto dell’ingiustizia [...] e invece» deridendo «quelle che erano le istituzioni più alte: la democrazia, la libertà; tutto ciò che rende l’uomo veramente degno di tale nome» (Cavallari).
Come venne ancora affermato durante il dibattito in assemblea costituente, è invece necessario che la stampa difenda «la propria indipendenza e la propria dignità anche contro la potenza del denaro, contro le minoranze plutocratiche faziose le quali si vogliono servire della stampa per introdurre dei veleni nel cuore del Paese, per giovare a interessi particolari sotto la veste di una difesa degli interessi nazionali» (Schiavetti).
Oggi, come troppo spesso accade nella storia, dalla tragedia siamo passati alla farsa e dal fascismo siamo arrivati al berlusconismo. Dai giornalisti asserviti al regime, siamo passati a quelli folgorati dal potere del denaro.
Così ci capita di assistere a giornalisti che travestono le prescrizioni da assoluzioni o che nascondono il dramma dei terremotati dietro la finta gioia di comparse prezzolate o che invadono i notiziari di cronaca nera per distogliere l’attenzione dei cittadini dai problemi che riguardano tutti noi e che la maggioranza parlamentare e di governo non ha saputo affrontare e risolvere.
Il Parlamento, che rappresenta l’istituzione più sacra di una democrazia, è costretto a garantire gli interessi di un solo uomo, ma quegli interessi sono in conflitto con i nostri e l’opinione pubblica deve esserne informata, perché senza una libera e completa informazione è la stessa idea di democrazia ad essere messa in pericolo. Perché, come diceva Pulitzer, «un’opinione pubblica bene informata è la nostra Corte suprema. Perché a essa ci si può sempre appellare conto le pubbliche ingiustizie… l’indifferenza popolare o gli errori del governo».
Le preoccupazioni dei costituenti, quindi, sono ancora oggi attuali e ancora oggi devono valere le parole che il 23 luglio 2002 l’allora Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi rivolse alle Camere: «il pluralismo e l’imparzialità dell’informazione, così come lo spazio da riservare nei mezzi di comunicazione alla dialettica delle opinioni, sono fattori indispensabili di bilanciamento dei diritti della maggioranza e dell’opposizione».
Abbiamo l’articolo 21 della Costituzione, abbiamo tutte le norme che sono state approvate per la tutela della libertà e del pluralismo dell’informazione, abbiamo l’Autorità garante per la comunicazione, abbiamo – insomma – tutti gli strumenti per garantire che la nostra democrazia non cessi di essere tale. Utilizziamoli.
"No al condizionamento del voto". Martedì ore 13, sala stampa della Camera esposto all'Ocse. Promuovono Articolo21 e Il Futurista / "Vistoso squilibrio di Tg1 e Tg5 a favore di Silvio Berlusconi". Esposto urgente di Zaccaria, Giulietti, Peluffo