Articolo 21 - Editoriali
Ma quale riforma delle pensioni?
di Vittorio Emiliani
Non è ancora facile capire sino in fondo cosa comporti la cosiddetta riforma previdenziale che reca la firma del ministro Maroni e il timbro del premier Berlusconi. Certe cose si capiscono bene, altre meno. Si dice, ad esempio : badate, il problema non è soltanto l'innalzamento dell'età pensionistica. Ed è in buona parte vero. Non lo è tuttavia (se leggiamo correttamente il testo governativo) per alcune categorie. Per esempio per quelle della lirica e del balletto. Se la loro età pensionabile sarà innalzata a 65 anni, la qualità delle opere rappresentate in Italia, dei balletti nonché delle stagioni sinfoniche pubbliche subirà un colpo da k.o. Perché? Ma perché a 65 anni è improbabile che si abbia il fisico scattante che serve per le fatiche (improbe) di un balletto, a cominciare dalle durissime prove, che si abbia ancora la voce integra per cantare, sia pure nel coro, un'opera intera, che si abbia il fiato che serve per certi strumenti particolarmente onerosi come la tromba o il trombone (ma pure l'oboe, se vogliamo). Per questi mestieri particolarmente "usuranti" è un non senso l'innalzamento a 65 anni dell'età in cui si va meritatamente in pensione. Il fisico scattante, la voce possente, il fiato per suonare una sinfonia di Mahler o di Beethoven "invecchiano"e deperiscono prima di quell'età , e però, con la nuova disciplina, avremo ballerini e ballerine costrette ad andare in scena quando non è più il loro tempo. Avremo una parte del coro che aprirà bocca piuttosto che cantare. Avremo orchestre sinfoniche costrette a prestazioni più mediocri di quelle attuali. Con tanti giovani bravi e ben preparati in lista d'attesa per l'assurda normativa introdotta dall'on. Maroni. Il quale si è anche esibito come suonatore di jazz, non memorabile, certo, uno però che musica e canto dovrebbe sapere cosa sono. O no?
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