di Fernando Cancedda
A quanti, anche a sinistra, si ostinano a sottovalutare il peso del potere mediatico sulle fortune politiche del nostro presidente del consiglio si potrebbe far leggere la biografia di Giuseppe Fiori (??Il venditore. Storia di Silvio Berlusconi e della Fininvest, Garzanti, pp.253, euro 14) e chiedere poi loro semplicemente se un??analisi dei fatti altrettanto precisa e documentata, diffusa per televisione tra milioni di elettori di centro destra, avrebbe o no cambiato il panorama elettorale di questi anni.
A Giuseppe Fiori ?? Peppino, come lo hanno sempre chiamato gli amici ?? mi legava una lunga amicizia fino dagli anni sessanta, quando insieme lavoravamo a ??TV 7?, e poi al TG2 di Andrea Barbato, così incredibilmente diverso da quello attuale. Ma qui non voglio parlare di lui né della ristampa del libro ?? sicuramente il più bello su Berlusconi, come ha scritto Ginsborg ?? già ottimamente recensito su questo sito da Massimo Raffaeli. Vorrei invece cercare di approfondire la questione posta all??inizio: una conoscenza adeguata degli avvenimenti avrebbe o no influito sulle scelte degli italiani?
La prima risposta che danno gli anticritici di sinistra è facile: gli elettori di centro destra o gran parte di essi non sono minimamente interessati alle trasmissioni giornalistiche di quel tipo né hanno dubbi da chiarire sul loro leader specie dopo che Berlusconi, nel 2001, ha provveduto a illuminarli con il suo panegirico illustrato, spedito a domicilio in milioni di esemplari. Dunque, ad una trasmissione critica sul loro idolo avrebbero preferito l??ennesima telenovela. Domanda: perché allora Berlusconi si è tanto arrabbiato con Biagi, Santoro e Travaglio? Risposta: forse perché recitare la parte della vittima fa parte della sua propaganda o perché spera sempre di poter essere amato anche dagli elettori di sinistra. Secondo questa scuola di pensiero nessuno può efficacemente smentire Berlusconi se non Berlusconi medesimo, come capita a quei grandi santi della cui storia nessuno sa niente e che restano comunque veneratissimi fino a quando la grazia non viene sistematicamente negata.
Una seconda risposta possibile dei medesimi è ancora più cinica ma potrebbe essere più convincente. Gli elettori di centro destra, o buona parte di essi, guarderebbero il programma sulla ??resistibile ascesa? del loro leader e nient??affatto scandalizzati dalle sue imprese, ammirandone anzi la disinvoltura, l??abilità, la capacità di lottare con ogni mezzo lecito o illecito per farsi avanti nella vita, voterebbero ancora per lui, forse con maggiore entusiasmo e cognizione di causa.
Una terza risposta, infine, è che il cosidetto elettorato d??opinione, disposto a mutare avviso in base a una diversa conoscenza dei fatti, è ancora in Italia decisamente minoritario, soprattutto nell??area di centrodestra. Prevalgono, e prevarranno per molto tempo ancora, le logiche di schieramento, gli argomenti proposti dall??avversario respinti a priori come l??ennesima ??menzogna comunista?.
In sintesi, per l??una o per l??altra di queste ragioni l??accanimento dei critici di Berlusconi non solo non cambia il panorama politico elettorale ma é addirittura controproducente. Non contate sulla cultura degli italiani ?? dicono gli anticritici ?? né sulla loro moralità, ma soltanto sul loro scontento e sulla loro pancia vuota. Se e quando si accorgeranno di star peggio, se la prenderanno con il governo, Berlusconi o non Berlusconi.
Non vorrei insistere sull??impostazione vagamente razzista di queste posizioni, a ognuna delle quali peraltro si può riconoscere un poco di verità. L??errore di fondo è però quello di attribuire limiti culturali ad una parte soltanto degli elettori, quando invece essi sono almeno potenzialmente presenti in una larga maggioranza di cittadini. Ignoranza, conformismo, qualunquismo, superficialità, faziosità non sono monopolio di una parte politica. In questo senso aveva indubbiamente ragione Fiori a scrivere: ??Berlusconi non si adegua all??italiano medio. E?? l??italiano medio? e ha successo perché parla ??la lingua delle moltitudini indifferenti alla politica?.
Le tendenze in atto nella comunicazione di massa stanno forse producendo un miglioramento di quella lingua e una riduzione di quella indifferenza? Questa è la domanda che dobbiamo farci. A me pare che avvenga esattamente il contrario ed è questo, a mio avviso, il peccato originale del berlusconismo, ancor prima della famosa ??discesa in campo?. E vorrei aggiungere: non solo del berlusconismo.
Il servizio pubblico, con l??eccezione di alcune ??riserve indiane? della terza rete, non ha fatto gran che per resistere alla banalizzazione del linguaggio, alla demolizione del giornalismo di inchiesta, all??esilio della qualità dagli schermi televisivi. Un processo involutivo, insomma, che insieme a Peppino Fiori e pochi altri avevamo cominciato a contrastare in RAI già negli anni ottanta, mentre infuriava la lottizzazione e fiorivano nani e ballerine.
Non a caso Luca Josi, leader dei giovani socialisti ai tempi craxiani e fondatore della ??Einstein multimedia?, può essere intervistato proprio oggi sul quotidiano ??la Repubblica? come uno dei ??nuovi padroni della tv?. ??I dietrologismi sull??Auditel sono il genere più noioso che esista?, dichiara Josi e perché non restino dubbi sulla filosofia della comunicazione in auge, al giornalista che gli contesta di ignorare la qualità del prodotto, risponde lapidario: ?? il gradimento, in una democrazia, è quantitativo?. ??Democrazia? insiste il bravo Antonio Dipollina, credevo che si chiamasse mercato?. Ancora una risposta fulminante di Josi: ?? Si? Allora diciamo così: i voti si contano, non si pesano. Che cos??è?? .
Democrazia zoppa, risponderebbe Peppino Fiori, con le stesse parole che concludono il suo bel libro: ??dei problemi di una democrazia incompiuta, il più serio?.