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Articolo 21 - Editoriali
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di Ermanno Anselmi*

Dopo i tiepidi â??consigliâ? sulla legge Gasparri, lâ??Antitrust ritrova il vigore
perduto con la telenovela della liberalizzazione delle edicole

In questo inizio di agosto, alla conclusione della prima settimana di vacanza, arriva la soluzione dellâ??Antitrust per migliorare, anzi sanare il cronico gap culturale tra il nostro Paese e quelli più â??civiliâ? da quando esiste la carta stampata: â??concorrenza assoluta anche tra gli edicolanti, e giornali anche agli alimentaristiâ?. Confesso che ho dovuto, e voluto, leggere tutti i quotidiani che riportavano la notizia, prima di credere a questa conclusione frutto di un lavoro durato cinque anni. Cinque anni di indagini, di consultazioni, di studi approfonditi per uscire anche con questa novità, lâ??unica, ad onor del vero, dal lontano 1993, quando il neo presidente dellâ??allora nuovo organismo, scrisse per la prima volta il rapporto sulla distribuzione dei quotidiani decretando la fine di una concezione di parità di trattamento delle testate. Quel presidente, infatti, sostenne che nelle edicole era giusto e dâ??obbligo, il grande affollamento delle pubblicazioni dovuto al rispetto della legge, mentre nei supermercati, che hanno più disponibilità di spazi, ma lo stesso obbligo di legge, la parità di trattamento poteva essere riservata a quelle pubblicazioni che riuscivano ad essere accolte dal negozio stesso. La nota dellâ??Antitrust, quindi, spinge ancora più su di un terreno meramente commerciale quello che tutta la giurisprudenza passata ed attuale considera un servizio: la vendita di quotidiani e periodici. Servizio che discende dallâ??Art21 della Costituzione, e che pone in equilibrio il diritto allâ??informazione pluralista del cittadino, uno dei diritti fondamentali anche per la Carta Europea, con il diritto del cittadino stesso di trovare tutti i giornali editati e, quindi, ad essere informato. Con lâ??ingresso dei nuovi cinque canali di vendita (dgls170/01) il nostro Paese è divenuto uno dei primi Paesi al mondo per numero e capillarità di rivendite. I nostri quotidiani di punta non hanno niente da invidiare ai loro colleghi europei sia per copie diffuse, sia per copie vendute; tanto meno paragonabile è il loro livello di professionalità con altri quotidiani europei, che fanno alzare gli indici di lettura, ma che comunemente vengono chiamati giornali spazzatura. Cosa dire, poi, dellâ??abilità degli editori di giornali dimostrata nel cogliere nuove strategie di marketing come quella delle offerte di prodotti complementari, come libri, dvd, ecc. Soprattutto una cosa dovrebbe lasciare senza parole: la grande prova offerta dalla rete tradizionale di vendita nellâ??assicurare performance da guiness dei primati nella diffusione proprio di quei prodotti. Pensare che tutti quei prodotti abbinati, sono venduti da tutti quegli esercizi commerciali che per anni hanno reclamato il diritto a vendere i giornali, ed oggi li possono vendere, grazie alla legge 108/99 prima, ed alla legge 170/01 poi. Ma si sa, è dura alzarsi alle 5 del mattino di tutti i giorni, è dura pagare in anticipo tutte quelle riviste che non possiamo rifiutare, anche se sappiamo che non si vendono, è dura litigare con le agenzie di distribuzione ogni giorno, è dura fare questo mestiere. Molto più facile arrivare in libreria alle 09.00, in giacca e cravatta, magari dopo aver letto qualche quotidiano ed iniziare la vendita con tutta calma, lagnandosi al mondo dellâ??edicolante di fronte che sta vendendo libri insieme ai quotidiani. Per concludere: da unâ??indagine sulle disfunzioni dellâ??assetto distributivo (per noi giornalai le forme di distribuzione locale e nazionale), per quanto si apprende dalla stampa, si arriva allâ??ennesimo attacco alla rete tradizionale di vendita, come se tutti i mali del Paese fossero racchiusi nella vecchia cara edicola, che ancora oggi anzi, soprattutto oggi, è sinonimo di libertà e di circolazione di idee.

*Segretario Generale Sinagi CGIL
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