Articolo 21 - CULTURA
Presentato a Cannes il film clandestino girato da Jafar Panahi
di Ahmad Rafat
E' intitolato "Questo non è un film", ma l'ultima fatica del regista iraniano Jafar Panahi (condannato a 6 anni di carcere e 20 di divieto di esercitare la professione) è cinema vero. E' la storia di un regista che nemmeno i divieti e le condanne pesanti riescono a fermare. "Questo non è un film" sarà distribuito in Italia dall'Istituto Luce - Cinecittà, e grazie all'impegno congiunto con Articolo21 e la collaborazione della Mostra Internazionale del Cinema, sarà proiettato anche al prossimo festival veneziano.
"Questo non è un film" è stato girato tra le mura della casa di Jafar Panahi a Teheran. Panahi lo ha realizzato con la collaborazione di Mojtaba Mirtahmasb, uno dei più bravi documentaristi iraniani. Il film, dal primo ciak al montaggio, è stato realizzato in 10 giorni ed è costato, sottotitoli in inglese compresi, solo 3200 euro.
Il coraggio dei due registi che hanno lavorato a questo progetto non ha però, prezzo. Panahi infatti non può esercitare la sua professione, e Mirtahmasb che ora si trova a Cannes, potrebbe rischiare una sorte simile al suo rientro in Iran. Il film è uscito dall'Iran su una chiavetta Usb. "Con le tecnologie moderne- ha detto Mirtahmasb- il muro della censura non riesce più a fermare chi veramente ha qualcosa da dire e il coraggio di dirlo".
Infrangendo il divieto che ingiustamente il Tribunale della Rivoluzione di Teheran gli ha imposto, e assumendosi grandi rischi, Jafar Panahi ha voluto sfidare il regime degli ayatollah. Il film è però anche una sfida lanciata all'Occidente, che davanti a tale coraggio non può rimanere in silenzio. L'Europa si deve impegnare ancora di più a favore di Jafar Panahi, perché solo le pressioni internazionali sul governo di Mahmoud Ahmadinejad potranno costringere il Tribunale di riesame a non confermare la sentenza di 6 anni di reclusione e 20 di silenzio inflitto al regista iraniano.
"Questo non è un film" è stato girato tra le mura della casa di Jafar Panahi a Teheran. Panahi lo ha realizzato con la collaborazione di Mojtaba Mirtahmasb, uno dei più bravi documentaristi iraniani. Il film, dal primo ciak al montaggio, è stato realizzato in 10 giorni ed è costato, sottotitoli in inglese compresi, solo 3200 euro.
Il coraggio dei due registi che hanno lavorato a questo progetto non ha però, prezzo. Panahi infatti non può esercitare la sua professione, e Mirtahmasb che ora si trova a Cannes, potrebbe rischiare una sorte simile al suo rientro in Iran. Il film è uscito dall'Iran su una chiavetta Usb. "Con le tecnologie moderne- ha detto Mirtahmasb- il muro della censura non riesce più a fermare chi veramente ha qualcosa da dire e il coraggio di dirlo".
Infrangendo il divieto che ingiustamente il Tribunale della Rivoluzione di Teheran gli ha imposto, e assumendosi grandi rischi, Jafar Panahi ha voluto sfidare il regime degli ayatollah. Il film è però anche una sfida lanciata all'Occidente, che davanti a tale coraggio non può rimanere in silenzio. L'Europa si deve impegnare ancora di più a favore di Jafar Panahi, perché solo le pressioni internazionali sul governo di Mahmoud Ahmadinejad potranno costringere il Tribunale di riesame a non confermare la sentenza di 6 anni di reclusione e 20 di silenzio inflitto al regista iraniano.
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